Bisogna credere al destino? Nella società borghese del Cairo degli anni ottanta, non ci sono dubbi: “Tutto è già scritto. Noi non facciamo altro che eseguire una partitura le cui note ci vengono trasmesse al momento di suonarle”. Tarek, il protagonista del romanzo d’esordio di Éric Chacour, ha davanti a sé una partitura della felicità tutta da interpretare. Tarek è un bravo studente, ha studiato medicina, proprio come suo padre e ha rilevato il suo ambulatorio solo due giorni dopo la sua improvvisa scomparsa. Ha sposato il suo primo amore, Mira, va d’accordo con sua sorella Nesrine che passa dall’ambulatorio per preparargli caffè bianchi all’acqua di fiori d’arancio, e tratta i suoi pazienti, anche i più indigenti, con grande umanità. La sua storia personale, però, deraglia quando incontra Ali, un giovane prostituto di cui accetta di curare la madre. Senza capire bene cosa gli stia succedendo, Tarek s’innamora follemente di questo sconosciuto così diverso da lui. La loro relazione segreta è una deflagrazione. Éric Chacour, scrittore quarantenne canadese di origine egiziana, stabilitosi a Montréal, ci fa vivere da vicino i tormenti e i dubbi dei suoi personaggi. Rifiutando di occupare il posto che gli era stato assegnato, Tarek trascina tutta la sua famiglia nella disgrazia e nel disonore. Éric Chacour è abile nel moltiplicare i punti di vista e creare una tensione crescente tra i protagonisti di questa splendida storia d’amore, paternità, lealtà e sacrificio.
Isabelle Lesniak, Les Echos

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Questo articolo è uscito sul numero 1616 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati