Le tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina stanno facendo crescere l’interesse per le materie prime estratte in Brasile, in particolare per le terre rare, un gruppo di diciassette elementi chimici fondamentali per la fabbricazione di prodotti tecnologici. La decisione di Pechino di limitare l’esportazione dei minerali per rispondere ai dazi voluti dalla Casa Bianca è stata una pessima notizia per molte aziende, scrive il Wall Street Journal, visto che attualmente il paese asiatico controlla il 70 per cento dell’estrazione globale di terre rare e il 90 per cento della lavorazione. Per questo motivo sono aumentati gli sforzi alla ricerca di alternative. Il Brasile è l’ipotesi più interessante, dal momento che secondo alcune stime il paese sudamericano possiede giacimenti di terre rare per ventuno milioni di tonnellate, i più vasti al mondo dopo quelli cinesi. I giacimenti brasiliani sono dieci volte più grandi di quelli statunitensi e rappresentano più di un quinto delle riserve globali. Il problema, secondo il quotidiano finanziario statunitense, è che il settore minerario brasiliano è caratterizzato da complessi regolamenti che tengono lontano gli investitori internazionali. Oggi i costi per estrarre e lavorare terre rare in Brasile sono circa tre volte più alti di quelli sostenuti dalla Cina. E per di più sono pochissime le aziende occidentali che possiedono le tecnologie necessarie per lavorare le terre rare. Annullare questo divario in tempi brevi non sarà per niente facile, conclude il Wall Street Journal. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati