Con il suo eroe, un pastore dell’alto Giura appassionato di osservazione degli animali, amante dei temporali, del rumore dei tuoni e dei lampi più di ogni altra cosa, Il fulmine sembra inserirsi nel filone della scrittura naturalistica, un genere letterario che ha come protagonisti i grandi spazi e il mondo selvaggio. Invece il nuovo romanzo di Pierric Bailly trae la sua vera energia dal recupero di un tema senza tempo come il triangolo amoroso. Più che la vita della fauna e della flora, è quella delle emozioni la fonte viva del movimento narrativo di un romanzo che manda in cortocircuito le aspettative di chi vorrebbe una meditazione sulla grandezza e la maestosità della natura. In questo paesaggio romantico Julien s’innamora di Nadia, la compagna di Alexandre, ex amico del liceo e sente che i suoi sentimenti per lei si elevano ad altezze che non aveva mai conosciuto. Questa grande storia d’amore è tanto inevitabile quanto travolgente. Il narratore si chiede se abbia sbagliato da adolescente a fare di Alexandre il proprio modello: era arrivato al punto di “prendere in prestito” la sua risata, che considerava più contagiosa della sua. Avrebbe dovuto mettere in discussione anche l’immagine coltivata dal suo amico che si presentava come un “ragazzo gentile, sensibile e intelligente” e attivista ambientalista? Anche perché il “dolce ragazzo” è appena stato arrestato per omicidio, dopo aver colpito un giovane con una tavola nel corso di una discussione.
Florence Bouchy, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1603 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati