Reggae, ska, rocksteady, dancehall, dub. La Giamaica ha trasformato e continua a trasformare la nostra comprensione di cosa sia il suono. Nessuno meglio di Lee “Scratch” Perry, il produttore morto il 29 agosto all’età di 85 anni, aveva capito che il genio sonoro giamaicano esiste, ed è una rete vivente formata da persone e vibrazioni, non solo dalle tecnologie di registrazione. Dai suoi primi singoli negli anni sessanta al lavoro con Bob Marley & The Wailers, fino agli sconvolgenti esperimenti con il dub, del quale è stato uno dei pionieri, la saggezza di Perry gli ha permesso di scrivere e produrre grandi canzoni come People funny boy, _ Heart of the Congos, I am a madman_. La sua musica era pop, strana, sacra. Ha collaborato con i Clash, Paul e Linda McCartney e i Beastie Boys. Non ha tanto “prodotto” dei pezzi, quanto architettato ambienti ipnotici in cui melodie e suoni esterni univano le forze per raccontare un mondo in cui il rumore è amato quanto la musica. Lo studio nel cortile di Perry, il Black Ark, è stato il centro del mondo dal 1973 fino a quando il produttore, a quanto si dice, l’ha bruciato per liberarlo dai demoni. Prima del dub, l’idea di fare musica togliendo dei suoni a un pezzo era impensabile, ma è proprio quello che il dub ha fatto. È stato una delle invenzioni più radicali del novecento: ha insegnato che una canzone già registrata poteva essere riportata in vita, modificata e animata con un potere spettrale.
Jace Clayton, Pitchfork
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Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati