Il viaggio compiuto da Cookie Figowitz (interpretato da John Magaro) nel Territorio dell’Oregon nel 1820 fu difficile e si capisce fin dalle prime scene del nuovo film di Kelly Reichardt, quando Figowitz arranca su terreni impervi cercando di evitare la minaccia che arriva dai suoi compagni di viaggio, cacciatori di pellicce. Al confronto, il viaggio della prima mucca a mettere piede in Oregon sembra leggiadro. La mucca entra in scena galleggiando su una zattera, trasportata attraverso il nordamerica come ostentazione di ricchezza di un proprietario terriero (Toby Jones) che cerca di forzare il vecchio mondo in uno tutto nuovo. Il film di Reichardt è un placido studio di questa incongruenza: la storia di una creatura docile e ammaestrata che entra nella natura selvaggia e di un’amicizia che sboccia tra le aspre rocce del capitalismo che si sta sviluppando. È un piccolo e sobrio film, uno dei migliori del 2019. Il tono è quasi da commedia ma racchiude anche tante caratteristiche dei passati lavori di Reichardt. Come l’esame di ampio respiro delle gerarchie sociali declinate su storie particolari. O la regia naturalista che cattura la bellezza dell’ambiente non grazie a inquadrature grandangolari ma, al contrario, attraverso un formato stretto e quadrato che rende la foresta travolgente, apparentemente impossibile da violare dall’essere umano. In questo contesto, Figowitz, un cuoco in viaggio verso la promessa di una vita indipendente, stringe amicizia con King Lu (Orion Lee), un immigrato cinese in fuga. Sbarcano il lunario rubando il latte della “prima mucca” per fare dei dolci e venderli, ma presto si attireranno le attenzioni del suo proprietario. Il furto del latte può sembrare un reato lieve, ma non in un luogo dove “la storia non è ancora arrivata”. __**Davis Simms,** **The Atlantic**
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Questo articolo è uscito sul numero 1417 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati