Il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sull’origine del covid-19 ha lasciato molti osservatori insoddisfatti. Il direttore generale dell’Oms ha ammesso che i risultati erano inconcludenti e che “tutte le ipotesi rimangono sul tavolo”. “A molti in occidente le difficoltà incontrate dall’Oms a Wuhan sono sembrate la prosecuzione dei tentativi d’insabbiamento delle autorità cinesi all’inizio della pandemia”, scrive su Vice Yangyang Cheng, fisica delle particelle e ricercatrice all’università di Yale. “Il governo cinese è giustamente criticato per aver intralciato l’indagine, ma biasimare un solo paese e l’autoritarismo del suo sistema politico vuol dire non cogliere la lezione più grande. Nell’immaginario comune, il governo cinese opera da un panottico: ogni mossa è controllata, ogni ordine dettato dall’alto. La realtà è molto più complessa. Sotto Xi Jinping il controllo centrale è stato rafforzato, ma il potere nella burocrazia è frammentato. E la mancanza di trasparenza è spesso il risultato di interessi in conflitto. Poiché lo stato mette la stabilità sociale al di sopra del bene comune, di fronte a una notizia negativa cerca di nasconderla ai cittadini e di evitare le responsabilità. Se il danno è troppo grande, per proteggere il sistema lo stato scarica la colpa su individui ai livelli più bassi della scala gerarchica, alimentando ulteriormente la censura e l’inganno. La risposta iniziale di Pechino al covid-19 riflette questa complessità. Ma nei primi mesi del 2020, politici e analisti in occidente hanno indicato i molti errori e i ritardi del governo cinese come la prova di una grande cospirazione. In un mondo ideale Pechino avrebbe potuto dissipare le illazioni usando la trasparenza. E un’indagine accurata sarebbe un bene anche per i cinesi. Ma in questo clima politico sarebbe un segno di debolezza, una concessione alle potenze straniere. Così il lavoro serio degli scienziati cinesi è stato compromesso dal loro governo, che ha risposto alle accuse con un’altra teoria del complotto”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1412 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati