Faye Gallagher, vedova e madre single, sta accompagnando a casa i suoi cinque bambini litigiosi dopo l’ultimo giorno di scuola, quando perde il controllo. Sterzando sulla corsia d’emergenza, costringe la dodicenne Ellen a scendere dall’auto e a fare gli ultimi cinque chilometri a piedi. Ore dopo, è calata l’oscurità ma Ellen non è ancora tornata a casa. Non bisogna farsi ingannare, però. L’esordio di Una Mannion mantiene abilmente la promessa di suspense, ma non è un romanzo poliziesco. Man mano che la storia si sviluppa, il senso di minaccia e di mistero non deriva dal rapimento di una ragazzina, ma da una famiglia disfunzionale e dai travagli dell’adolescenza. L’ambientazione è Valley Forge Mountain, un’affiatata comunità rurale alla periferia di Filadelfia. Siamo nei primi anni ottanta e la narratrice Libby, che ha 15 anni ed è la sorella di Ellen, sta lottando per trovare la sua strada. È bloccata tra la consapevolezza che dovrebbe essere più comprensiva nei confronti di sua madre e il lutto per il padre irlandese inetto ma idolatrato. Dove Mannion eccelle è nell’evocare un tempo e un luogo che stanno scivolando via, ma che riesce a ritrarre sulla pagina con perspicace economia lirica. I Gallagher saranno presto divisi, ma per un momento sono tenuti insieme dal loro desiderio collettivo di essere la famiglia che erano una volta. Agganciare un romanzo di formazione a un thriller non è facile, ma I ragazzi della Blue Route ci riesce in modo più che convincente. Hephzibah Anderson, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati