Aparecida è il libro commovente in cui la giornalista e attivista femminista Marta Dillon racconta come ha recuperato i resti della madre, assassinata durante la dittatura di Videla. Dillon – che aveva dieci anni quando la madre fu rapita – descrive anche com’era vivere con una donna bella e potente, la cui ambizione era traboccante: cambiare il mondo, viverlo tutto con una passione vertiginosa. Un ago infilato nel petto: ecco cosa si prova leggendo questo caleidoscopio d’immagini sfocate, sentimenti, documenti e dialoghi che intrecciano la storia di una morte, quella di Marta Taboada, militante peronista, insegnante, avvocata e madre di quattro figli piccoli, con quella di chi ha dovuto abituarsi alla sua assenza forzata. Aparecida è la storia di una ricerca disperata. E del ricongiungimento, più di tre decenni dopo, dei figli e dei nipoti con un teschio e alcune ossa della loro ex madre e nonna. Alla fine dell’agosto del 2011, una folla emozionata ha accompagnato il funerale. Le ossa della madre, quei “bastoncini gialli secchi come quelli di chiunque altro”, insieme a un mucchio di offerte amorevoli di amici e parenti, vivono da allora in una scatola di cedro nella tomba di famiglia. Hinde Pomeraniec, La Nación

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Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati