Gloria mundi di Robert Guédiguian fornisce una visione molto cupa del mondo in cui viviamo, della sua capacità di schiacciare e umiliare gli individui fino al punto di spingerli alla violenza. Daniel (Gérard Meylan) esce di prigione dopo una lunga condanna e non si trova a suo agio nella quotidianità, anche se ha l’opportunità di rendersi utile alla famiglia allargata di cui fa parte. Ritroviamo la disillusione che era già presente in La casa sul mare, ma ancora più amara. A questo si aggiunge una rappresentazione terribile dei giovani: i ritratti dei trentenni sono forse eccessivi, ma non c’è un intento moralistico, più la testimonianza di una profonda inquietudine, diretta e sincera come la malinconia con cui il regista osserva i personaggi della sua generazione. Nella cupezza generale del film, perfino Marsiglia, filmata tante volte dal regista francese, diventa praticamente irriconoscibile, così grigia e fredda, terribilmente contemporanea. Marcos Uzal, Libération
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati