Più di un anno di crisi legata alla pandemia ha lasciato un segno sullo stato dell’occupazione in Giappone, scrive il Nikkei Asia. Secondo un rapporto del governo pubblicato ad aprile, a soffrire sono stati in particolare le donne e i lavoratori temporanei, impiegati soprattutto nel settore dei servizi. Nel 2020 c’è stato per la prima volta in nove anni un calo generale dell’occupazione. Il numero delle lavoratrici atipiche – con contratti temporanei, part-time o di collaborazione – è diminuito di 650mila unità, arrivando a 14,07 milioni, calando più del doppio rispetto a quello degli uomini nella stessa categoria. Molte hanno cercato lavori atipici, che però sono i primi a saltare in tempi difficili. La chiusura delle scuole ha inoltre costretto molte donne a lasciare il lavoro per prendersi cura dei figli. Nel 2020 le disoccupate sono state 110mila in più.

L’altra categoria colpita dalla crisi economica dovuta alla pandemia è quella dei giovani con lavori precari. Sono soprattutto ragazzi che hanno lasciato i centri di accoglienza per cittadini bisognosi e hanno tagliato i ponti con le famiglie. Molti di loro sopravvivono con l’equivalente di poche centinaia di euro al mese e non possono permettersi dei pasti decenti. Inoltre, essendo ancora legalmente legati ai genitori, non hanno ricevuto il bonus del governo per la pandemia, assegnato al capo di ogni nucleo familiare.

I genitori single sono un’altra categoria che ha sofferto particolarmente a causa della crisi. Già nel 2018 il 13,5 per cento dei bambini viveva in famiglie con un reddito inferiore alla media del paese. La percentuale saliva al 48,1 per cento per i figli di genitori single, il livello più alto tra i paesi dell’Ocse. Secondo il ministero giapponese del lavoro, della salute e del welfare, però, il numero dei senzatetto è diminuito per la prima volta da quando le autorità hanno cominciato a censirli, nel 2003. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati