Se voleste fare un tour nel perfezionismo musicale, Your wilderness revisited potrebbe essere la vostra guida. Per William Doyle ha rappresentato un azzeramento della sua carriera, fino ad allora intrapresa con lo pseudonimo East India Youth. Quell’album del 2019 gli valse gli elogi della critica, perché parlava di un mondo suburbano che conosceva bene. Il secondo lavoro realizzato con il suo vero nome è in un certo modo una versione incompleta del precedente. Notevole nel suono e nella composizione, Great spans of muddy time è concepito tra l’avventura e il rilassamento apprensivo. Il musicista di Bournemouth si tuffa nell’infinito disorientamento mentale e nelle idiosincrasie causati dal lockdown. A volte si lascia andare e dei feedback crepitanti consumano melodie semplici, come se le tracce fossero state registrate solo su cassetta. Dai ricchi arrangiamenti e il pop familiare di And everything changed (but I feel alright), all’elettronica claustrofobica di A forgotten film o quel basso che cresce in Shadowtackling, l’album mette in campo abbastanza riferimenti per creare un’esperienza vertiginosa. Esplorando ancora una volta le terre selvagge, Doyle ha scoperto un paradiso lynchiano massimalista nel sottobosco. Tristan Gatward, Loud and Quiet
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Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati