Il metodo Draghi e le prime polemiche

◆ Vorrei esprimere la mia opinione in merito all’articolo che tratta delle consulenze chieste dal governo italiano alla società McKinsey (Internazionale 1400). In primo luogo trovo irrispettosa la descrizione macchiettistica del Fatto Quotidiano, dipinto come un organo di propaganda del Movimento 5 stelle. Penso sia un insulto verso il giornalismo scrivere che l’unico scopo di fare inchiesta sia quello di “salire alla ribalta”; come se la libertà di stampa non fosse una funzione imprescindibile di un sistema che vuole dirsi democratico ma un pretesto per seminare zizzania. Per amor di verità, sottolineo che il primo organo d’informazione a diffondere la notizia (e non uso a caso questa definizione) è stata Radio Popolare. Inoltre, mi trovo in disaccordo con la visione stessa che viene proposta. Si trascura infatti che affidare a un’agenzia privata un qualsiasi ruolo all’interno di un processo governativo lede il principio fondante della democrazia: la rappresentatività popolare delle decisioni. Il fatto poi che queste consulenze abbiano un costo irrisorio pone una questione fondamentale all’attenzione del cittadino: visto che non si tratta di utile diretto, quale interesse hanno e quale profitto traggono queste agenzie nell’emettere i loro sacri
pareri?
Giampietro Niffoi

Gli errori che hanno aiutato il virus

◆ L’articolo  di  Zeynep Tufekci è molto azzeccato anche per l’Europa (Internazionale 1400). Limitandoci all’Italia possiamo affermare che la comunicazione paternalistica
ha contribuito a generare nei cittadini ansie, angosce, frustazioni. Il messaggio dell’autrice invita a un atteggiamento positivo, propositivo, realistico. Di conseguenza rassicurante, senza perdere di vista i tanti problemi che la pandemia ci ha portato. È auspicabile che le varie fonti comunicative – istituzioni e mezzi di comunicazione –  sappiano  fare altrettanto.
Enrico Morganti

La storia segreta dell’Argentina nera

◆ Ho letto con enorme interesse l’articolo di Uki Goñi sulla rimozione forzata delle radici tanto indigene quanto africane della variopinta identità argentina (Internazionale 1400). Certo, è difficile non ricordarle se si pensa al tango: uno dei suoi antesignani è il candombe, che veniva danzato dagli afrodiscendenti di Buenos Aires durante il carnevale e altre feste popolari. Peraltro, nel testo della celeberrima milonga La mulateada (composta nel 1941) si fa riferimento al quartiere nero di Montserrat, oltre che alla dura politica nei confronti degli indigeni a metà dell’ottocento e ai tanti figli di coppie miste._
Francesca Lazzarin
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Questo articolo è uscito sul numero 1401 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati