“Dieci anni dopo il triplice disastro che colpì il Tohoku l’11 marzo 2011, la regione deve ancora riempire un vuoto”, titola l’Asia Nikkei. Il terremoto di quel giorno, seguito da uno tsunami e dai danni alla centrale nucleare di Fukushima, fece 22mila vittime, tra morti e dispersi, e devastò interi villaggi sulla costa nordorientale del paese. Da allora per la ricostruzione, la decontaminazione e gli aiuti agli abitanti sono stati spesi 280 miliardi di dollari, ma molte delle persone sfollate non sono ancora potute tornare a casa. Delle 160mila persone costrette a lasciare le loro abitazioni nella provincia di Fukushima perché vivevano nel raggio di venti chilometri dalla centrale, solo una piccola parte è tornata, anche se oggi l’area inaccessibile è molto più circoscritta. Anche prima del 2011 il Tohoku, come le altre regioni rurali giapponesi, si stava spopolando, e il disastro di dieci anni fa ha accelerato il fenomeno. L’economia della zona, basata soprattutto sull’agricoltura e l’industria ittica, ne ha risentito molto e, nonostante gli aiuti dello stato, fatica a riprendersi. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1399 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati