Il restauro e la conservazione di luoghi sacri buddisti e induisti nei paesi del sudest asiatico sono uno strumento importante del soft power indiano, scrive The Diplomat. Nel basso medioevo i paesi dell’Asia meridionale cominciarono a intrattenere rapporti con quelli del sudest asiatico, e dall’India il buddismo e l’induismo arrivarono nella regione e diventarono parte della cultura sia popolare sia d’élite, mescolandosi a usanze locali e portando alla costruzione di templi, pagode e stupa. L’India moderna, riprendendo idealmente quel legame culturale con paesi come la Birmania, il Laos e il Vietnam, da decenni finanzia progetti di conservazione di siti religiosi individuati e gestiti attraverso l’Archeological survey of India (Asi). Il governo ultranazionalista di Narendra Modi, che ha al centro della sua ideologia la religione indù, in realtà sta proseguendo su una linea già tracciata dai suoi precedessori. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati