L’11 novembre la portaerei statunitense Uss Gerald R. Ford, la nave da guerra più grande del mondo, è arrivata nel mar dei Caraibi, al largo delle coste sudamericane, segnando un notevole aumento delle risorse militari mobilitate da Washington nella regione e alimentando le tensioni con il Venezuela.
L’arrivo della portaerei, ufficialmente per rafforzare quella che Washington definisce un’operazione antidroga, coincide con una grande esercitazione militare venezuelana e arriva in un momento in cui la Russia, alleata di Caracas, ha criticato i raid aerei statunitensi contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nel mar dei Caraibi e nell’oceano Pacifico.
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“Il gruppo aeronavale Gerald R. Ford è entrato nell’area del Southcom” (lo United States southern command, il comando statunitense per l’America Latina e i Caraibi), ha annunciato quest’ultimo in un comunicato, sottolineando che “l’obiettivo è sostenere l’ordine del presidente Donald Trump di smantellare le organizzazioni criminali transnazionali e contrastare il narcoterrorismo”.
La portaerei trasporta quattro squadriglie di aerei da caccia ed è accompagnata da tre cacciatorpediniere lanciamissili.
Il Venezuela accusa Washington di usare il traffico di droga come pretesto “per imporre un cambio di regime a Caracas” e “impadronirsi del petrolio venezuelano”.
Trump, che ha autorizzato operazioni segrete della Cia in Venezuela, ha dato indicazioni contraddittorie sui suoi reali obiettivi, menzionando a volte la possibilità di attacchi in territorio venezuelano e parlando di “giorni contati” per il presidente Nicolás Maduro, ma anche smentendo più volte l’ipotesi di un confronto militare.
L’11 novembre le autorità venezuelane hanno annunciato una grande esercitazione militare in tutto il paese. Il ministro della difesa Vladimir Padrino López ha riferito che “circa 200mila soldati hanno partecipato all’esercitazione, che ha visto impegnate risorse terrestri, aeree e marittime”.
Nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno effettuato una ventina di raid aerei contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nel mar dei Caraibi e nell’oceano Pacifico, uccidendo in totale 76 persone.
Il 10 novembre l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, aveva messo in dubbio la legalità di questi attacchi, citando “forti indizi che si tratti di esecuzioni extragiudiziali”.
L’11 novembre il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha definito “inaccettabili” i raid statunitensi.
Le iniziative statunitensi hanno suscitato forti preoccupazioni anche in Colombia, guidata dal presidente di sinistra Gustavo Petro, che l’11 novembre ha annunciato la sospensione della collaborazione con Washington in materia di sicurezza “finché continueranno gli attacchi missilistici”.
Anche il Regno Unito, uno stretto alleato degli Stati Uniti, avrebbe rinunciato più di un mese fa a condividere con Washington informazioni sulle presunte imbarcazioni di narcotrafficanti per non diventare complice degli attacchi statunitensi, ha riferito l’11 novembre l’emittente statunitense Cnn, citando fonti vicine alla questione.