Il 16 settembre una commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha accusato Israele di commettere un “genocidio” nella Striscia di Gaza, chiamando in causa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e altri alti funzionari.

La commissione, che non si esprime a nome delle Nazioni Unite, è giunta alla conclusione che “è in corso un genocidio”, ha dichiarato all’Afp la sua presidente Navi Pillay.

“La responsabilità ricade sullo stato d’Israele”, ha aggiunto presentando il rapporto d’inchiesta.

“Israele respinge categoricamente questo rapporto pieno di bugie e chiede lo scioglimento immediato della commissione d’inchiesta”, ha reagito il ministero degli esteri israeliano in un comunicato.

Il ministero ha accusato gli autori del rapporto di “fare il gioco di Hamas”, aggiungendo che sono “conosciuti per le loro posizioni apertamente antisemite”.

La commissione ha stabilito che il governo e l’esercito d’Israele hanno commesso quattro dei cinque atti motivati dall’intenzione “di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” individuati dalla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.

I quattro atti sono: uccidere le persone del gruppo; causare lesioni gravi all’integrità fisica o mentale delle persone del gruppo; sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; e imporre misure per impedire le nascite all’interno del gruppo.

Secondo la commissione, il presidente israeliano Isaac Herzog, il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della difesa Yoav Gallant hanno “incitato a commettere un genocidio e non hanno quindi adottato alcuna misura per impedirlo”.

“È evidente l’intenzione di distruggere i palestinesi a Gaza con atti che soddisfano i criteri enunciati dalla Convenzione sul genocidio”, ha sottolineato in un comunicato Pillay, sudafricana, che è stata presidente del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, giudice della Corte penale internazionale (Cpi) e alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani.

La commissione non è un organo giuridico, ma i suoi rapporti possono aumentare la pressione diplomatica internazionale e contenere prove che i tribunali possono usare.

“Abbiamo condiviso migliaia di informazioni con la Cpi”, ha dichiarato Pillay all’Afp.

“La comunità internazionale non può rimanere in silenzio di fronte alla campagna genocida lanciata da Israele contro la popolazione palestinese a Gaza. Quando emergono prove evidenti di genocidio, l’assenza di azioni per evitarlo equivale a complicità”, ha concluso Pillay.

Intanto, il 16 settembre l’esercito israeliano ha annunciato l’avvio della fase principale della sua offensiva di terra nella città di Gaza, dopo aver ricevuto il “sostegno incondizionato” del segretario di stato statunitense Marco Rubio.

“Le truppe israeliane stanno avanzando verso il centro della città”, la più grande della Striscia, ha affermato un alto ufficiale, stimando in “duemila o tremila” il numero dei miliziani di Hamas attivi nella zona.

“Gaza sta bruciando. L’esercito sta colpendo con il pugno di ferro le infrastrutture terroristiche e i nostri soldati stanno combattendo valorosamente per creare le condizioni necessarie alla liberazione degli ostaggi e alla sconfitta di Hamas”, ha dichiarato il ministro della difesa Israel Katz.

Da settimane gli abitanti di Gaza, stimati in un milione dalle Nazioni Unite, stanno fuggendo in massa verso sud.

Secondo i dati del ministero della salute di Hamas, considerati affidabili dalle Nazioni Unite, circa 65mila palestinesi, in grande maggioranza civili, sono morti finora nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza seguita all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.