L’11 luglio il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), in guerra con Ankara da quarant’anni, avvierà il suo processo di disarmo con una cerimonia nel Kurdistan iracheno.
La cerimonia, dai contorni ancora vaghi, si svolgerà la mattina dell’11 luglio vicino a Sulaymaniyya, nella regione autonoma del Kurdistan, nel nord dell’Iraq, non lontano dai monti Qandil, che sono la roccaforte dei combattenti curdi.
Inizialmente annunciata come cerimonia pubblica, dovrebbe invece svolgersi con un numero limitato di partecipanti, ufficialmente per motivi di sicurezza.
Tra loro ci saranno alcuni deputati del partito filocurdo turco Dem, coinvolto nella mediazione tra Ankara e il leader e fondatore del Pkk Abdullah Öcalan, 76 anni, in prigione dal 1999.
È attraverso il Dem, le cui delegazioni erano state autorizzate a visitare Öcalan in prigione in varie occasioni, che il fondatore del Pkk aveva chiesto a febbraio di mettere fine alla lotta armata, chiudendo un conflitto che ha causato più di 40mila morti.
Il 27 febbraio Öcalan aveva invitato il Pkk a “deporre le armi e a sciogliersi”, assumendosi “la responsabilità storica di quest’appello”.
Il Pkk aveva risposto positivamente all’appello di Öcalan il 1 marzo, proclamando un cessate il fuoco unilaterale.
L’appello di Öcalan aveva fatto seguito a una mediazione avviata in autunno da un alleato del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il nazionalista Devlet Bahçeli, tramite il Dem.
Il 9 luglio Öcalan, conosciuto come “Apo” (zio), aveva confermato in un videomessaggio in turco l’imminenza del disarmo.
“Credo nella forza della politica e della pace sociale, non in quella delle armi”, aveva dichiarato.
Non è ancora chiaro se Öcalan sarà scarcerato al termine del processo di disarmo.
Rimangono anche altre incognite, legate in particolare all’assenza di un calendario preciso per il disarmo.
“C’è ancora molta diffidenza”
“C’è ancora molta diffidenza tra il Pkk e lo stato turco, che ha dato poche garanzie ai combattenti curdi”, ha dichiarato all’Afp Boris James, uno storico specializzato nei movimenti curdi, sottolineando “l’assenza di un mediatore che garantisca la correttezza del processo”.
Negli ultimi mesi il Pkk ha denunciato una serie di bombardamenti turchi sulle sue posizioni in Iraq.
Dopo gli ultimi violenti combattimenti che nel 2015 avevano insanguinato la città a maggioranza curda di Diyarbakır, nel sudest della Turchia, i combattenti del Pkk sono rimasti prevalentemente confinati nei monti Qandil, in Iraq.