Il 10 luglio la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha evitato di pronunciarsi sulla presunta discriminazione subita dall’atleta sudafricana Caster Semenya, esclusa dalle competizioni di atletica leggera dal 2018 per aver rifiutato di sottoporsi ai trattamenti per ridurre i livelli di testosterone.
La Cedu, che ha sede a Strasburgo, in Francia, ha però riconosciuto che l’atleta, bicampionessa olimpica degli 800 metri, non è stata sottoposta a un processo equo in Svizzera.
Quindi, pur condannando Berna per violazione del diritto a un processo equo, la corte ha dichiarato inammissibile una parte del ricorso di Semenya, che denunciava violazioni del diritto al rispetto della vita privata e si riteneva vittima di discriminazione.
In primo grado, nell’estate 2023, la Cedu aveva accolto il ricorso di Semenya. Ma la Grande camera, una sorta di corte d’appello a cui si erano rivolte le autorità svizzere con il sostegno della World athletics, la federazione internazionale di atletica leggera, ha stabilito il 10 luglio che la Cedu non è competente in materia.
La Svizzera dovrà versare 80mila euro
La Cedu ha invece accolto il ricorso della bicampionessa olimpica relativo al diritto a un processo equo, sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani, che avrebbe richiesto “una valutazione particolarmente rigorosa del suo caso”.
La Cedu ha stabilito che questo non è avvenuto in occasione di una decisione del Tribunale federale svizzero a cui Semenya si era rivolta per contestare una sentenza del Tribunale arbitrale dello sport (Tas), ha dichiarato Matthias Guyomar, il presidente della Cedu.
La Svizzera dovrà versare a Semenya 80mila euro per le spese processuali.
Esclusa dalle competizioni dal 2018, Semenya, che produce naturalmente grandi quantità di ormoni maschili in grado di aumentare la massa muscolare e migliorare le prestazioni, si sta battendo contro una normativa della World athletics che impone alle atlete iperandrogine di abbassare i loro livelli di testosterone con dei trattamenti ormonali per poter partecipare alle competizioni internazionali femminili.
“Risultato positivo”
Semenya, 34 anni, ha reagito alla decisione della Cedu definendola un “risultato positivo”.
“Ricorda a tutti che la priorità è proteggere gli atleti”, ha aggiunto, sottolineando che “la battaglia non è finita”.
“In futuro tutti gli atleti avranno diritto a un esame rigoroso di casi in cui sono in gioco i loro diritti fondamentali”, ha dichiarato la sua avvocata Schona Jolly.
Nel 2018 la World athletics aveva modificato il regolamento sulla partecipazione delle atlete iperandrogine alle competizioni internazionali.
Il regolamento era stato confermato nel 2019 dal Tas, che ha sede in Svizzera, e successivamente dal Tribunale federale di Losanna, che nel 2020 aveva affermato che “l’equità delle competizioni è il principio cardine dello sport”, sottolineando che livelli di testosterone paragonabili a quelli degli uomini conferiscono alle atlete iperandrogine “un vantaggio enorme”.