Pavel Talankin ha imparato a nuotare a otto anni. Era il 2 agosto 2000 e si trovava in un campo estivo a Karabaš, in Russia. Lo stesso giorno, in un altro luogo, suo padre moriva annegato. E nessuno sa perché. “Qualcuno è convinto che il 2 agosto il rischio di annegare sia più alto perché si celebra il profeta Elia. Di lui si narra che abbia urinato in acqua, per questo si sconsiglia di fare il bagno quel giorno. Ma io non ci credo. Non vado in chiesa”, spiega Talankin. Il nuoto occupa un posto importante nella vita di questo insegnante russo, nonché regista del sempre più famoso documentario Mr. Nobody against Putin (Il signor Nessuno contro Putin).

“Da piccolo, quando mia madre raccoglieva il bucato, lo trovava cosparso di goccioline acide. L’acido cadeva dal cielo. Ma Karabaš è cambiata in meglio: hanno costruito una palestra, una sala con gli attrezzi e una piscina. Gli abitanti della città ci entrano gratis. E al cinema hanno diritto a uno sconto sul biglietto. Tutto questo lo si deve a una sola persona: il direttore della Karabašmed, l’impianto metallurgico”.

La scuola invece è finanziata dallo stato ed è povera, dice l’insegnante: “È frequentata da migliaia di alunni; il tetto perde, i pavimenti scricchiolano, i banchi si sgretolano. Lo stato se ne frega. Gli insegnanti hanno fatto qualche riparazione di tasca propria. In tutto il paese le scuole hanno poche risorse”.

Ho incontrato Pavel Talankin, o Paša come lo chiamano gli amici, questo autunno in diverse parti d’Europa. Pareva a suo agio. “Un insegnante di una piccola città russa sta conquistando il mondo”: potrebbe essere il titolo della sua storia. O l’esatto contrario.

Karabaš per gli standard russi è un luogo remoto. Ha poco più di diecimila abitanti. Ma prima della seconda guerra mondiale erano quasi quarantamila. Il nome, di origine turca, significa testa nera. E qualcosa di oscuro ce l’ha davvero.

All’inizio dell’ottocento fu scoperto un giacimento di rame e nel 1837 entrò in funzione la prima fonderia. Pochi anni dopo, un terzo di tutto il rame russo era estratto e lavorato a Karabaš. A metà
degli anni novanta l’impianto della Karabašmed emetteva 118mila tonnellate di anidride solforosa all’anno. Nel 2010 l’organizzazione non profit Pure Earth ha confermato che Karabaš è una tra le cinque città più inquinate del mondo.

Qui, al centro degli Urali, al confine tra Europa e Asia, nasceva 33 anni fa Pavel Talankin, all’epoca in cui il disastro ecologico era al culmine. Quando gli fai una domanda ci pensa un po’ prima di rispondere. Sceglie le espressioni che, secondo lui, possono essere capite dagli europei: “La città non era di certo perfetta, ma era comunque nel mio cuore”.

La nostra prima conversazione è avvenuta circa un anno dopo la sua partenza dalla Russia in circostanze drammatiche. Non era mai stato all’estero prima. Ora si muove con sempre più sicurezza tra le metropoli europee.

Quel giorno è arrivato in ritardo, ma alla fine si è presentato. Al secondo incontro no, perché ha avuto un contrattempo.

Mr. Nobody against Putin sta collezionando premi in tutto il mondo

Per il terzo appuntamento ci vediamo nella sede della Pink, la casa di produzione del film Mr. Nobody against Putin, che da mesi è la famiglia di Talankin. Si occupa dei suoi soggiorni nelle varie città, gli paga un compenso, organizza interviste con i giornalisti. Sembra proprio che l’abbiano adottato.

Ora Talankin vive da solo. Viveva da solo anche a Karabaš. Cucinava e a volte faceva le pulizie. Ma stava comunque vicino alla madre, impiegata nella sua stessa scuola. Oltre a lei, ha due sorelle e due fratelli. Lui è il più giovane.

Ordini dal ministero

Niente suggeriva che Talankin un giorno sarebbe diventato un eroe per molti, e un traditore per altri. Se il presidente russo Vladimir Putin non avesse lanciato l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, probabilmente sarebbe ancora lì a filmare spettacoli scolastici e a gestire un cineclub per bambini.

Poco dopo l’inizio della guerra, la scuola ha ricevuto ordini dal ministero dell’istruzione di Mosca. Istruzioni che andavano prese sul serio e che hanno cambiato la vita di Paša. A lui piaceva lavorare con i bambini. Lo scoppio del conflitto l’aveva sconvolto. Era andato dalla preside chiedendole come potesse sopportare una cosa del genere. Lei gli aveva consigliato di prendere qualche giorno di ferie. Ma nel marzo 2022 sono arrivate nuove istruzioni da Mosca. Gli insegnanti erano stati costretti a svolgere le cosiddette lezioni di patriottismo. “Io dovevo filmarle come prova per il ministero”, dice Talankin. Questa cosa, però, gli sembrava assurda. “Una volta, quando stavo montando il materiale, ho ripreso solo l’inizio e la fine della lezione, il resto l’ho lasciato vuoto. Nessuno ci ha mai scritto facendoci notare degli errori. Immagino che nessuno al ministero l’abbia visto”, racconta.

Il momento più spiacevole era il lunedì mattina, che si apriva con l’entrata dei bambini con la bandiera russa e l’ascolto obbligatorio dell’inno.

Poi sono arrivati anche i nuovi libri di storia. Contenevano informazioni sulla cosiddetta operazione militare speciale e sui suoi “eroi”. L’Ucraina non doveva apparire in modo positivo da nessuna parte. Tutte le informazioni venivano assimilate senza proteste da insegnanti, alunni e genitori. Nemmeno Talankin si è lamentato, all’inizio. Ma un giorno ha appeso in classe i simboli dell’opposizione. Non è successo niente.

C’è un episodio interessante nel film, che secondo Talankin nasconde l’essenza della “pazienza russa”. È stato durante un consiglio docenti. Ci sono molte riunioni di questo tipo nelle scuole russe. Gli insegnanti parlano del comportamento degli alunni, di ciò che manca o di ciò che è in esubero. Ma quello era un incontro straordinario. Riguardava l’attuazione di nuove istruzioni ministeriali. E il compito di Talankin era filmarlo.

Anastasija Sergeevna, consulente per l’attività educativa, stava informando i colleghi su come compilare delle dichiarazioni. Poi gli ha rivolto una piccola critica: “Si fanno molte attività, ma otteniamo pochissimi riscontri. I bambini vanno controvoglia alle lezioni di patriottismo, sono passivi”.

A un certo punto gli insegnanti le hanno chiesto: “Quando finiranno queste lezioni di patriottismo? Non ci basta più il tempo per fare le lezioni regolari”. Sembrava una protesta abbastanza cortese. Oggi in Russia gli insegnanti devono far imparare ai bambini una canzone nazionalista qui, una poesia lì. E non c’è più tempo per insegnare.

Sette hard disk

La guerra si è gradualmente insinuata tra gli abitanti di Karabaš. Un giorno a scuola è arrivato l’ordine di organizzare una colletta per i soldati al fronte. Dell’intero corpo docente, che è composto da 140 persone, solo due si sono rifiutati: Talankin e un’insegnante a cui il marito ha imposto di non partecipare.

Ha continuato a filmare, ma a un certo punto si è convinto che questo materiale non dovesse rimanere nei suoi archivi o nei cassetti dei funzionari ministeriali. “Mi sono reso conto che in realtà stavo realizzando quello che poteva sembrare il secondo capitolo del film Il fascismo ordinario di Michail Romm (un celebre documentario sovietico sulle radici del fascismo). Così ho deciso che i filmati dovevano essere pubblicati altrove”. Ha salvato tutto su diversi hard disk. Alla fine ne aveva sette pieni.

I suoi ex allievi hanno cominciato a partire per il fronte. Questo l’ha colpito perché lui, al contrario, è riuscito a evitare molto ingegnosamente il servizio militare sfruttando un cavillo della legge russa sull’arruolamento.

Quando, dopo aver finito gli studi, era tornato da Čeljabinsk a Karabaš nel 2013, aveva cominciato a lavorare come insegnante in un orfanotrofio. Poco dopo aveva ricevuto l’avviso di leva. Aveva scoperto, però, che gli insegnanti, gli agricoltori e gli abitanti della regione del nord non possono essere arruolati nell’esercito in primavera e cominciare il servizio militare in autunno, perché altrimenti mancherebbero dalle scuole, dai campi e dalle centrali termiche. Aveva portato la legge stampata alla stazione di polizia. All’ufficio di leva erano furiosi: “Allora ti prendiamo in autunno! E ti arruolerai a maggio!”.

Talankin allora si era licenziato e per due mesi aveva fatto il cameriere a Mosca e San Pietroburgo, in modo da non essere trovato in casa durante il reclutamento autunnale. Passato il pericolo, era tornato all’orfanotrofio e la primavera successiva aveva usato lo stesso stratagemma.

Quando ha compiuto 27 anni, ha festeggiato la fine del servizio militare obbligatorio (oggi il limite di età è stato spostato a trent’anni). Poi è stato dichiarato renitente alla leva. È l’unico a Karabaš a possedere un documento del genere. Questo gli impedisce l’accesso a diverse professioni ma non di filmare gli studenti. “I miei amici ridevano di me. Ma poi Putin ha avviato l’arruolamento nell’autunno del 2022, e allora ho riso io”.

Una porta sulla realtà

Dopo aver deciso di tenere da parte i filmati, grazie a internet e a una sua conoscenza si è messo in contatto con una persona che avrebbe cambiato la sua vita un’altra volta. Questa persona si chiama David Borenstein ed è un regista statunitense. Borenstein ha capito subito che il materiale che l’insegnante aveva tra le mani era qualcosa di unico. Poteva aprire le porte su una realtà russa chiusa, di cui sappiamo sempre meno ogni giorno.

Biografia

1992 Nasce a Karabaš, in Russia.
2019 È chiamato per la leva obbligatoria, ma la evita con uno stratagemma.
2022 A scuola comincia a filmare le lezioni di patriottismo volute dal regime.
2025 Esce al cinema il documentario Mr. Nobody against Putin.


Borenstein ha cominciato a dare istruzioni a distanza. Ha convinto Talankin a filmare se stesso, a commentare la vita a Karabaš e a consegnare a volte la videocamera agli studenti. E così, un insegnante pagato dallo stato russo ha registrato una testimonianza che confermava la volontà di fare il lavaggio del cervello alle generazioni più giovani, militarizzare i programmi scolastici e instillare negli studenti l’odio verso tutto ciò che è straniero. La telecamera nel film a volte passa effettivamente da una mano all’altra, e non è chiaro chi abbia ripreso cosa. I ragazzi, ovviamente, non sapevano che stavano facendo un film su se stessi.

M r. Nobody against Putin sta collezionando premi in tutto il mondo. È diventato il candidato ufficiale danese all’Oscar (una delle case di produzione è di Copenaghen) e sta tentando di ottenere una nomination nella categoria come miglior documentario.

Talankin deve superare la paura del futuro, che prima associava unicamente a Karabaš. Quando il suo film è arrivato nei cinema occidentali, ha capito che non avrebbe più potuto tornare nel suo paese. E ha dovuto far passare il confine anche agli hard disk. All’aeroporto in Russia, mentre il suo bagaglio veniva sottoposto ai raggi X, ha sperimentato una paura e un nervosismo mai provati prima. Aveva un biglietto di ritorno, ma sapeva già che non lo avrebbe usato.

Nel gennaio 2025 l’uscita del film ha scatenato una tempesta di emozioni a Karabaš. Per alcuni Talankin è diventato un traditore, per altri un eroe. “Ai miei amici e colleghi è stato ‘consigliato’ di non mantenere contatti con me. So che i colleghi si sono trovati insieme a bere e a parlare del mio film. Qualcuno era dalla mia parte, qualcuno contro. C’è stato anche chi ha detto che un giorno crollerò e tornerò in ginocchio a implorare il perdono di tutti. Ma non succederà”.

I mezzi d’informazione russi sono stati duri con Talankin. Per esempio, il sito d’informazione Ural Press ha scritto: “Karabaš è sconvolta. Le autorità cittadine stanno cercando di dare un senso alla situazione e la polizia ha convocato una riunione sul film. Un giovane insegnante ha accettato di filmare i bambini su ordine del nemico”. Quando è successo, Talankin era già fuori dal territorio russo.

Gli chiedo quali differenze vede tra la Russia e le metropoli europee. Dice che in Europa si sta abbastanza bene, ma purtroppo non fa molto freddo da nessuna parte. Odia il caldo. Continua a sentire la sua famiglia e alcuni alunni. Non è arrabbiato con i parenti, gli amici e i colleghi che sono rimasti in Russia invece di seguirlo e di ribellarsi al regime.

A un certo punto interrompe la discussione con una battuta sull’immensa rassegnazionae russa: “Per ordine dell’Urss, i cittadini sono chiamati a radunarsi domani alle dieci esatte sulla Piazza rossa. Lì saranno impiccati. E la gente chiede: ‘Le corde le portiamo noi o le troviamo lì?’”.

Tuttavia, non tutti i russi sono così rassegnati. Poco prima della presentazione del documentario a Praga, Talankin è stato contattato al telefono da un gruppo di giovani di Ekaterinburg, una grande città industriale ai piedi degli Urali. Lui non li conosce, ma loro sì: hanno scaricato il film e lo hanno guardato mangiando in salotto, proprio come qualsiasi altro adolescente europeo. Sono emozionati. Pensano solo che la realtà russa sia mille volte peggiore. E prima della proiezione gli domandano: “E cosa ti piace della tua città?”.

Talankin continua a parlare con loro al telefono mentre l’intero auditorium del cinema di Praga si alza e applaude. Applaudono anche loro, saltando di gioia, per un momento fanno parte del mondo libero. Anche loro sentono Talankin dire ai cechi: “Non puoi parlare o scrivere in Russia, ma puoi girare film. Il cinema è un seme che sta germogliando nella nostra società e sta creando qualcosa di simile a ciò che in passato erano i samizdat (le autopubblicazioni clandestine).”

“Non pensi che il tuo futuro sia un po’ nebuloso?”, gli chiedo durante uno dei nostri ultimi incontri. “Forse sì”, mi risponde. “Una spettatrice mi ha detto dopo la proiezione: ‘Lei è ostaggio del film!’. In effetti ha ragione. Non sono completamente libero”. Non sa cosa farà finiti i soldi del film. Nell’ultimo anno non ha imparato l’inglese o un’altra lingua. “Non ho la testa per questo”, dice. Solo al terzo incontro, dopo molte riflessioni, mi ha rivelato che un giorno potrebbe lavorare come autista nei mezzi pubblici.

I panni sporchi

Un giorno finalmente lo sento parlare con altre persone dopo la proiezione del film. È una persona diversa: fiducioso, che si esprime bene, audace, pieno di energia. La folla lo ricarica. È entusiasta della prima di Praga almeno quanto il pubblico.

A casa? Conferma che probabilmente non ci tornerà. Forse in Russia, un giorno, ma a Karabaš? “Ci saranno le stesse persone che ci sono ora. E per loro sono uno che ha lavato i panni sporchi in pubblico”. Mi sembra turbato. Chiama spesso sua madre. Sorprendentemente non è stata cacciata da scuola. “Sarebbe meglio se venisse licenziata, ha già diritto alla pensione”, commenta lui.

Talankin è diventato una delle poche finestre aperte sulla Russia profonda. Così si chiama tutto ciò che si trova lontano dalle grandi città, soprattutto da centri come Mosca e San Pietroburgo dove si sente ancora l’influenza europea. Non è né un attivista né un oppositore politico e neppure un terrorista che mette bombe sui binari. È un russo di 33 anni che ha fatto una cosa che gli ha cambiato la vita. Non è ancora chiaro, però, se in meglio o in peggio. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1644 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati