Grazie, Germania! Le relazioni tra Francia e Algeria sono talmente nevrotiche che è stato necessario l’intervento di un paese terzo per aggirare la crisi nata dall’arresto dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal, un anno fa.
Il capo di stato algerino Abdelmadjid Tebboune, che negli ultimi anni è stato curato in due occasioni in Germania, ha accolto favorevolmente l’intervento personale del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier e ha concesso la tanto attesa grazia a Sansal, per motivi di salute. La sera del 12 novembre lo scrittore ha lasciato l’Algeria diretto in Germania. Le apparenze sono salve: non si tratta di un “regalo” alla Francia.
Dopo la condanna di Sansal a cinque anni di prigione, a luglio, negli ultimi mesi le voci su una possibile grazia presidenziale erano circolate a più riprese, con altrettanti momenti di delusione. Paesi come Italia e Germania avevano tentato varie mediazioni, senza successo. Stavolta è andata bene.
Ma perché proprio ora? Il motivo è che il clima politico è cambiato, permettendo di diffondere messaggi più concilianti. In passato a Parigi esistevano due “linee”, ma dopo il rimpasto del mese scorso e la caduta del governo di cui faceva parte il ministro dell’interno Bruno Retailleau, capofila dei Repubblicani (destra), ne è rimasta soltanto una. Retailleau sosteneva con aggressività la necessità di un “rapporto di forza” con l’Algeria, mentre la presidenza e il ministero degli affari esteri erano favorevoli a una soluzione diplomatica paziente e discreta, anche a rischio di apparire più deboli.
Il sostituto di Retailleau, Laurent Nunez, ha cambiato pubblicamente atteggiamento. Il 12 novembre il governo ha insistito sul fatto che non si può cambiare un paese attraverso le dichiarazioni clamorose, sconfessando nella sostanza i fautori della linea “dura” (che tra l’altro, a un certo punto, era stata apparentemente sostenuta anche da Emmanuel Macron).
Di recente Parigi ha moltiplicato i gesti di distensione, come la partecipazione dell’ambasciatore francese ad Algeri, Stéphane Romatet, a una cerimonia organizzata nella capitale francese il 17 ottobre per commemorare la repressione sanguinaria dei manifestanti algerini nel 1961. Romatet è lontano da Algeri da più di sei mesi, quindi la sua presenza alla cerimonia ha un significato profondo.
Infine bisogna tenere presente che i rapporti tra i servizi d’informazione non si sono mai interrotti. L’11 novembre, al microfono di France Inter, Nicolas Lerner (capo della Dgse, il servizio d’intelligence all’estero francese) ha rivelato che da Algeri sono arrivati “segnali” di una volontà di riprendere il dialogo.
Voltare pagina
Dunque si può voltare pagina? Non ancora. Prima di tutto perché non possiamo dimenticare che un altro cittadino francese è rinchiuso nelle carceri algerine, il giornalista Christophe Gleizes, “ostaggio di stato” come lo era Sansal. Gleizes è stato condannato a sette anni di prigione con l’assurda accusa di spionaggio. La sentenza d’appello è prevista per l’inizio di dicembre e a questo punto è lecito sperare che il nuovo clima favorisca la sua scarcerazione.
La liberazione di Gleizes aprirebbe la strada a un dialogo politico più proficuo che senza dubbio comprenderebbe una visita del ministro dell’interno Nunez ad Algeri e un contatto diretto tra i presidenti Tebboune e Macron. È un lungo percorso in cui i due paesi possono trovare sviluppi positivi, anche se servirà del tempo per chiudere i contenziosi.
Per ora c’è il sollievo di vedere Boualem Sansal, 81 anni e malato, ritrovare una libertà che non avrebbe mai dovuto perdere. Incarcerare uno scrittore non è mai un segno di autorità. Al contrario, è un simbolo di debolezza.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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