Caro bibliopatologo,
leggo con grande amore da quando sono bambino: eppure da sempre, anche da bambino, senza mai dilatare o spalancare propriamente i libri. Ho paura di rovinarli, li tengo aperti molto timidamente. Già da piccolo la disinvolta confidenza altrui mi agitava e tuttora, benché sia diventato grande e tolleri ogni inclinazione, nutro qualche turbamento segreto quando vedo qualcun altro che legge: di solito, il libro viene devastato dalla intensa brutalità della sua passione. Si può immaginare che non possa frequentare senza dolore i luoghi di libri usati (librerie o bancarelle): mi sembrano campi di battaglia attraversati dalla morte e dalla distruzione. Soltanto in casi estremi, per libri assolutamente introvabili, scendo in questo tragico mercato; cercando almeno di interpretarla come una evocazione dei defunti, o come una missione di salvataggio. La mia inibizione è manuale, non intellettuale. Ma forse cè qualcosa di eccessivo, di maniacale, in questa mia cura.

–G. L. G. (Grande Lettore Gentile)

Caro Giellegì,
ti è mai capitato di sognare di uccidere una persona cara e poi, da sveglio, di avvertire l’urgenza di rassicurarla del tuo amore? Qualunque sia la tua risposta, scommetto che penserai che non c’entra niente col tuo problema, e che mesi di inattività hanno definitivamente rincoglionito il vecchio bibliopatologo. Ma aspetta a trarre questa pur plausibilissima deduzione.

Cominciamo dalla diagnosi. Casi simili al tuo sono stati osservati a Londra nel secolo scorso dalla prima bibliopatologa (ma lei non lo sapeva), la psicoanalista infantile Melanie Klein. Troverai tutto quel che ti serve in un suo saggio del 1937, Amore, colpa e riparazione. I bambini piccoli amano e odiano visceralmente, e il primo oggetto di questi sentimenti ambivalenti è la mamma. Ai sentimenti si accompagnano delle fantasie, e le fantasie primitive sono qualcosa di ben più vivido delle nostre esangui chimere di sognatori a occhi aperti: sono belve feroci. Il bambino crede di aver distrutto realmente l’oggetto del suo odio, che è anche il suo grande e unico amore. E come sappiamo dalla ballata Christabel di Coleridge, “l’ira contro qualcuno che amiamo /opera nel cervello come la pazzia”. Che fare, per non impazzire? Lo spiega Melanie Klein:

Se il bambino, nelle sue fantasie aggressive, ha danneggiato la madre mordendola e lacerandola, subito dopo può costruire delle fantasie in cui sta rimettendo insieme i pezzi e sta riparando la madre. Questo, tuttavia, non elimina completamente le sue paure di aver distrutto l’oggetto, che, come sappiamo, è quello che più ama, di cui ha più bisogno e da cui dipende interamente. Secondo il mio punto di vista questi conflitti fondamentali influenzano profondamente il corso e la forza della vita emotiva degli individui adulti.

Per esempio, dice Klein, un’ambivalenza simile attraversa i nostri rapporti con un’altra grande madre, la Natura: alla radice dell’ecologismo c’è una fantasia di riparazione, un tentativo di attenuare il senso di colpa scatenato dalle conseguenze del nostro sadismo industriale. Lo stesso ciclo di amore, odio e riparazione coinvolge i libri, ed è per questo che Melanie Klein merita, per la nostra pseudoscienza, il titolo di fondatrice. Il corpo della mamma è l’oggetto originario della nostra curiosità, il primo libro che vogliamo leggere, con il rischio di sgualcirlo o di scompaginarlo. Questo desiderio di conoscere fa tutt’uno con impulsi distruttivi – strappare i segreti può essere un’impresa molto violenta – che suscitano a loro volta fantasie riparatrici (hai mai sognato di fare il restauratore di libri? C’è anche questo, dietro le tue “missioni di salvataggio” tra le bancarelle?). Se le angosce sono intollerabili, può nascerne addirittura un’inibizione ad aprire i libri. Una piccola paziente di Klein, la seienne Erna, si rifiutava di fare i compiti perché associava inconsciamente la lettura alla distruzione del corpo materno. Ho come l’impressione che tutto questo ti riguardi.

Forse dovresti sperimentare quell’espediente terapeutico che consiste nel compiere volontariamente, e in condizioni controllate, gli atti circondati da fobie e inibizioni nevrotiche. In che modo? Semplice. Procurati il saggio di Melanie Klein, e prova ad applicare il metodo Marco Ferradini. Prendi quel libro. Trattalo male. Fa sentire che è poco importante. Dosa bene amore e crudeltà. Cerca di essere un tenero lettore, ma per la sovraccoperta, il dorso, gli angoli delle pagine, nessuna pietà. Non posso garantirti che il teorema si applichi al tuo caso, ma vale la pena tentare.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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