Mentre il governo di centrodestra cade a pezzi e i coloni intensificano i loro attacchi contro i palestinesi con l’aiuto dei soldati israeliani, parlare di due strade nel distretto di Ramallah sembra un lusso, quasi un suicidio giornalistico: a chi importa di queste bazzecole? Ma sono proprio le piccole cose, e il fatto di abituarsi a esse, che mostrano il successo della società israelo-ebraica nel violare sistematicamente il diritto internazionale, nella totale impunità.
Alcuni lavoratori non meglio identificati hanno completato una strada che passa nei territori di El Bireh e Ein Yabrud, a nord di Ramallah. È lunga tre chilometri, e misteriosamente collega gli insediamenti di Ofra e Beit El. L’Amministrazione civile israeliana nei Territori palestinesi ha confermato che la strada è illegale, ma non ha spiegato come sia stato possibile portare avanti dei lavori non autorizzati, con macchinari voluminosi, vicino alla sua sede principale e di fronte a due basi militari. Possiamo solo pensare che la strada illegale sia stata costruita con il benestare dell’esercito, mentre l’Amministrazione civile chiudeva un occhio a mo’ d’incoraggiamento, finché i palestinesi non hanno cominciato a protestare.
Grandi quantità di risorse e denaro; una mano (militare) che lava l’altra (civile); la consapevolezza che nessuno sarà punito: ecco le bazzecole che si nascondono dietro questa strada e le altre centinaia costruite con le stesse modalità nella Cisgiordania occupata. Accorciano il tragitto tra gli insediamenti e gli avamposti – tutti macchiati di spavalda criminalità israeliana – e tra questi e Israele. Sono saccheggi di terre e spazio, che abbiamo imparato con profitto dai nostri predecessori britannici, francesi, olandesi, portoghesi e altri ancora, in continenti diversi dal loro.
Tempo rubato
Israele eccelle anche nel rubare tempo ai nativi, come si può osservare in corrispondenza del blocco stradale all’ingresso del villaggio di Aaboud, a nordovest di Ramallah. L’avamposto militare è accompagnato dallo slogan: “La missione: vittoria in ogni scontro con il nemico”. È lo stesso atteggiamento che ha guidato i comandanti e i progettisti israeliani del passato: la terra del villaggio è stata rubata per costruire gli insediamenti di Beit Aryeh e Ofarim. In seguito, per la comodità e la crescita di quegli insediamenti, le strade che partivano dal villaggio verso ovest sono state bloccate in modo permanente. Nel maggio 2022 l’esercito ha fatto saltare un’antica chiesa del quinto secolo, la chiesa di Santa Barbara. “Non sapevamo fosse una chiesa”, si sono giustificati i militari. L’ignoranza è parte del necessario disprezzo per i nativi.
In cima alla strada d’ingresso c’è una barriera di metallo dipinta di arancione. La nazione high-tech sa come usare strumenti low-tech contro il nemico. Blocchi di cemento, una serratura e due soldati armati sono autorizzati in qualsiasi momento a rubare il tempo dei circa 2.500 abitanti. Varchi simili sono stati installati nella maggior parte, se non in tutte, le comunità palestinesi. Con un solo gesto, ogni villaggio può diventare una gabbia. L’esercito sostiene che sia a causa del lancio di pietre. Anche la vendetta collettiva è punita dal diritto internazionale. Ma coloro che danno ed eseguono gli ordini sanno che non saranno arrestati quando atterreranno a Berlino o a Roma.
La barriera è rimasta chiusa per due settimane. Le persone hanno sprecato tempo, fatica e carburante per prendere un’altra strada, più angusta. Calcolate un migliaio di persone, moltiplicatele per i trenta minuti di tempo sprecato per allungare il viaggio: sono cinquecento ore al giorno. Moltiplicate questa cifra per dodici giorni e otterrete seimila ore, da poter dedicare alla propria vita, al riposo, allo studio, al giardinaggio e alla famiglia, e che invece svaniscono.
Sprecare il tempo dei palestinesi è una delle armi meglio collaudate di Israele, insieme alla ridefinizione ingegneristica della geografia palestinese: chiudiamo i palestinesi in recinti sempre più stretti dagli insediamenti, e aumentiamo il tempo di percorrenza e la distanza con posti di blocco, interruzioni stradali, insediamenti, recinzioni, strade militari e così via.
La notte del 22 giugno la barriera è stata aperta. Il 26 giugno i soldati l’hanno richiusa. Senza che nessuno glielo abbia detto esplicitamente, sanno che una delle loro strategie per logorare la vita di anziani, giovani, donne e bambini è rubargli il tempo. Sono le piccole cose e la loro normalizzazione che mostrano il successo della società israelo-ebraica nel violare sistematicamente il diritto internazionale, nella totale impunità.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.
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