Un gruppo internazionale di neuroscienziati ha tracciato l’attività del cervello dei topi durante i processi decisionali, registrando i segnali di 650mila neuroni in 279 aree cerebrali diverse. Il progetto fa parte del lavoro dell’International brain lab (Ibl), una collaborazione tra 22 diversi laboratori europei e statunitensi.

“Il cervello è la struttura più complessa che conosciamo nell’universo e comprendere come guida il comportamento richiede una collaborazione su una scala che corrisponda a tale complessità”, ha detto il professor Tom Mrsic-Flogel dello University college di Londra. “Abbiamo visto quanto fossero efficaci le collaborazioni su larga scala nel mondo della fisica per affrontare questioni a cui nessun laboratorio da solo poteva rispondere, e volevamo provare lo stesso metodo nelle neuroscienze”. Qui c’è il video.

I ricercatori hanno proposto ai topi un compito decisionale semplice. Davanti agli animali poteva comparire un breve flash luminoso, alla loro sinistra o alla destra. I topi dovevano girare una rotellina nella direzione da cui proveniva lo stimolo luminoso per ricevere una ricompensa. Per farlo dovevano, ovviamente, prendere una decisione.

In alcuni casi, poi, la luce era quasi impercettibile oppure del tutto assente. In queste prove ambigue, prima di decidere in che direzione girare la rotellina, i topi si affidavano alle aspettative accumulate nei tentativi precedenti: se, per esempio, avevano visto più volte la luce a sinistra, tendevano a scegliere quella direzione anche in assenza di evidenza visiva.

Questo esperimento ha permesso ai ricercatori di evidenziare tutte le aree del cervello coinvolte nel percorso che andava dallo stimolo alla ricompensa, ma anche di isolare e misurare le aree del cervello in cui si codificano le aspettative, distinguendole dalla semplice risposta agli stimoli sensoriali. Tutti i dati, gli strumenti e le procedure usate sono pubblici e condivisi attraverso il sito dell’Ibl.

I laboratori coinvolti nella ricerca hanno realizzato una mappa che copre il 95 per cento del volume cerebrale. Si può vedere anche un video che mostra, con segnali colorati, l’attivazione delle varie aree del cervello. All’inizio è quasi tutto spento. Poi si accendono le aree sensoriali collegate alla vista e in seguito l’attività dei neuroni si diffonde per tutto il cervello.

“La decisione e la ricompensa illuminano il cervello come un albero di Natale”, ha commentato il professor Alexandre Pouget, co-fondatore dell’Ibl e responsabile del gruppo di lavoro all’università di Ginevra.

Anticipare in base all’esperienza

Il fatto che tutto il cervello si attivi in un processo decisionale smentisce l’idea classica – già traballante – di un’elaborazione gerarchica e localizzata in punti precisi. I dati sperimentali dicono che le decisioni emergono da aree diverse, comprese quelle sensoriali.

Questi risultati combinati rafforzano un’ipotesi sempre più diffusa: il cervello funziona come una macchina predittiva. Cioè prende decisioni anticipando quello che succederà in base alle esperienze passate.

Secondo i ricercatori, infatti, i topi non si limitano a reagire agli stimoli, ma imparano a stimare la probabilità con cui un evento si presenterà. E lo fanno così bene da superare il test anche quando le informazioni sono minime. In pratica, prevedono l’evento più probabile aggiornando continuamente il loro “modello interno del mondo”.

Anche la codifica delle aspettative, dice il secondo studio pubblicato, non avviene solo nelle aree alte del cervello, ma si estende anche a quelle più basse, sensoriali e motorie, suggerendo un’integrazione continua e diffusa. Questo modo di funzionare potrebbe aiutarci a comprendere meglio disturbi come l’autismo o la schizofrenia, che potrebbero essere legati a un’alterazione nei meccanismi che regolano l’anticipazione del mondo.

Il cervello, insomma, sembra proprio una macchina predittiva: le aspettative – cioè i dati passati registrati attraverso l’esperienza – guidano i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Che cosa ci differenzia, allora, da un large language model? È come se ne avessimo uno incorporato: sappiamo che anche queste tecnologie si basano su dati pregressi. Sappiamo che fanno previsioni a partire da questi dati. Le abbiamo progettate così. Ma non dobbiamo spaventarci. Se vogliamo a tutti i costi mantenere una distinzione fra noi e loro potremmo dire questo: anche le macchine fanno previsioni, ma non nutrono aspettative.

Questo testo è tratto dalla newsletter Artificiale.

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