La sconfitta del candidato liberale ed europeista Rafał Trzaskowski al ballottaggio delle presidenziali polacche del 1 giugno è stata decisa dagli elettori di meno di quarant’anni. Alle legislative del 2023 avevano votato in massa i partiti della Coalizione civica (Ko, che ha sostenuto Trzaskowski), ma stavolta al primo turno hanno scelto i candidati antisistema (Sławomir Mentzen e Adrian Zandberg), e al ballottaggio il sovranista Karol Nawrocki, di Diritto e giustizia (Pis), che ha vinto con il 50, 89 dei voti.
Gli elettori più giovani non ricordano né i tempi del socialismo reale né i primi anni della transizione alla democrazia, quando la disoccupazione era al 20 per canto e i polacchi andavano a lavorare in nero nei paesi dell’Europa occidentale. Per questa generazione è scontato che la Polonia faccia parte dell’Unione europea. Questi ragazzi hanno amici che lavorano in Irlanda o nei Paesi Bassi, hanno vissuto in prima persona esperienze simili e viaggiano senza passaporto in tutta l’Europa. Eppure votano per Nawrocki, che parla dell’Ue esclusivamente in termini negativi. Ci sono molti motivi per criticare i paesi dell’Europa occidentale, ma oggi un’altra Unione europea non esiste.
Intanto in Polonia si avvicina la possibilità di un governo di coalizione tra il Pis e gli estremisti di destra di Confederazione: questione di pochi mesi o al massimo un paio d’anni. Un esito del genere aprirebbe un nuovo scontro tra Varsavia e Bruxelles, con il rischio del blocco dei fondi comunitari. In tal caso i leader di destra lancerebbero una campagna antieuropea, che potrebbe portare al divorzio da Bruxelles. È uno scenario di cui parlano apertamente i rappresentanti di Confederazione, molto vicini a Nawrocki.
Il nuovo presidente ha preso parecchi volti nelle regioni rurali. Eppure, proprio queste zone sono tra le maggiori beneficiarie dell’appartenenza della Polonia all’Unione. Viaggiando nelle cittadine e nei villaggi di provincia a ogni angolo s’incontrano cartelli che indicano l’uso dei fondi europei. Negli ultimi vent’anni queste aree sono cambiate radicalmente: gli agricoltori hanno ricevuto in totale 54,7 miliardi di euro in pagamenti diretti, mentre Bruxelles ha stanziato 33 miliardi per lo sviluppo delle zone rurali . Eppure la campagna ha votato per un candidato che non ha speso una sola parola d’apprezzamento per Bruxelles.
Si dice spesso che gli elettori votino pensando al portafoglio. Evidentemente stavolta non è andata così. Se infatti avessero seguito questa regola, avrebbero dovuto scegliere il candidato legato al governo, cioè Trzaskowski. Lo scorso anno in Polonia i salari sono aumentati in termini reali di più del 10 per cento: un record negli ultimi 35 anni. Tuttavia l’esecutivo del premier Donald Tusk è ancora bersaglio di continue critiche: perché “non mantiene le promesse”, non costruisce alloggi, perché ha bloccato i costosi progetti d’investimento immaginati dal Pis e non ha approvato la liberalizzazione dell’aborto e la legge sulle unioni civili.
Anch’io ho spesso criticato il governo, ma per motivi diversi: per non aver fatto ordine nei conti pubblici, per non aver abolito alcune assurde e costose istituzioni create dal Pis , per non aver attuato una profonda riforma dei mezzi d’informazione pubblici e delle aziende statali. La finestra di opportunità si è chiusa. Sotto il governo Tusk queste riforme non si faranno.
Critiche legittime
Il malcontento diffuso, anche tra chi nel 2023 aveva votato Coalizione civica, è stato una delle cause della sconfitta di Trzaskowski. Un milione di elettori di Ko ha disertato le urne. Le critiche erano forse esagerate, ma non irrazionali. Il governo è infatti il frutto di un’alleanza che tiene insieme forze molto diverse come la Nuova sinistra e i conservatori del Partito popolare polacco. I contrasti tra le diverse anime della coalizione hanno infastidito gli elettori e contribuito a farli rimanere a casa. Dopo l’ennesima sconfitta sarebbe elegante scrivere qualcosa “per rinfrancare gli animi”. Purtroppo, però, io vedo solo scenari negativi. Se con una vittoria di Trzaskowski si poteva nutrire almeno la flebile speranza di attuare le riforme più urgenti, con Nawrocki il governo sarà condannato all’inazione. La politica estera sarà in parte paralizzata. E probabilmente ci saranno tensioni anche in ambito militare. Chi conosce bene Nawrocki teme addirittura che possa usare il suo ruolo di comandante supremo delle forze armate per rovesciare il governo.
Del nuovo presidente sappiamo poco. E questo potrebbe essere un problema anche per Jarosław Kaczyński, il capo del Pis. Salvo qualche eccezione, il presidente uscente Andrzej Duda eseguiva docilmente i suoi ordini. Nawrocki potrebbe avere un’idea diversa del suo ruolo. Non so cos’abbia in mente, ma sono preoccupato. In tema di giustizia e informazione mi aspetto una replica di quanto visto tra il 2015 e il 2023 con il governo sovranista e ultraconservatore del Pis.
Il corso degli eventi
La storia segue un andamento sinusoidale. Negli anni novanta e nei primi duemila la liberaldemocrazia era diventata il modello di riferimento per diversi paesi, tra cui la Polonia. E le violazioni dei suoi princìpi erano oggetto di critiche.
Poi sono arrivati gli anni della stabilizzazione, dopo i quali il corso della storia ha cambiato direzione. In Polonia questo è successo anche a causa del disastro aereo di Smolensk del 2010 (in cui morirono il presidente e molte della maggiori cariche dello stato) e del suo sfruttamento politico. Tutto ciò ha portato a una profonda polarizzazione e al consolidamento di due fazioni, non troppo diverse nei programmi, ma opposte sul piano emotivo e della comunicazione.
Per quanto riguarda la politica globale, gli eventi che hanno influenzato la traiettoria della sinusoide sono stati gli attentati dell’11 settembre, l’attacco degli Stati Uniti e degli alleati all’Iraq, la destabilizzazione del Medio Oriente e la conseguente ondata migratoria verso l’Europa, l’aggressione della Russia all’Ucraina nel 2014 e nel 2022 e la vittoria di Donald Trump nel 2016 e nel 2024.
Oggi i princìpi della democrazia liberale sono spesso messi in discussione. Il sistema è accusato di essere democratico solo in apparenza, ma in realtà governato da plutocrati, élite ed esponenti dello “stato profondo”. Quello che è successo in Polonia è legato a questa ondata antidemocratica, che riesce a influenzare anche il comportamento dei singoli elettori. ◆ sb
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Questo articolo è uscito sul numero 1617 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati