Gli abitanti di Supetar (sull’isola di Brač, in Croazia) hanno deciso che useranno lo strumento del bilancio partecipativo per sistemare le spiagge e le strade della città e per costruire un nuovo parco giochi. E in futuro potrebbero anche riuscire a realizzare il primo parco per cani dell’isola. Il bilancio partecipativo è un processo di democrazia diretta che coinvolge i cittadini nelle decisioni sull’assegnazione e l’impiego di una parte dei fondi comunali.
Attraverso la pianificazione condivisa delle spese, i contribuenti possono avere voce in capitolo nelle scelte politiche dei propri enti locali: il sistema si basa sul dibattito democratico e sul principio secondo cui tutti i voti hanno lo stesso peso.
Il modello brasiliano
La sindaca Ivana Marković, del Partito socialdemocratico di Croazia, spiega che la città di Supetar – poco più di quattromila abitanti – ha aderito a questo progetto nel 2023 su invito dell’associazione civica Udruga gradova, a cui aderiscono i comuni e le città croate. Da allora lo sta portando avanti con un certo successo, sotto lo slogan “Anche la tua voce conta: parlami del bilancio”.
Quest’anno a Supetar per il bilancio partecipativo sono stati stanziati settantamila euro, assegnando un fisso di diecimila euro a ogni quartiere della cittadina. Il resto dell’importo è distribuito a seconda del numero di abitanti di ciascuna zona. “L’idea è coinvolgere nel processo decisionale il maggior numero possibile di cittadini”, racconta la sindaca Marković. “Il procedimento prevede ogni anno l’apertura di un bando pubblico: su questa base tutte le parti interessate possono presentare le loro proposte tramite un modulo online.
I progetti devono essere di pubblica utilità e rientrare nelle competenze del comune. In seguito esaminiamo le proposte ricevute, individuiamo quelle che soddisfano i criteri stabiliti e le presentiamo in un incontro al quale sono invitate tutte le parti interessate”.
La sindaca di Supetar aggiunge che tutte le proposte sono discusse e votate collettivamente e contemporaneamente. I progetti che si aggiudicano il maggior numero di voti sono realizzati nell’anno in corso o al massimo in quello successivo. Questo consente all’amministrazione comunale anche di conoscere la situazione dei comitati di zona, e le necessità nei quartieri e nelle singole strade. In questo modo i piccoli progetti approvati possono diventare un primo passo per pensare e cominciare a mettere in cantiere soluzioni a lungo termine, più dispendiose e più complicate da realizzare.
“Se l’interesse crescerà, abbiamo intenzione di stanziare più fondi per il progetto nel prossimo futuro. Saremmo davvero felici se riuscissimo a coinvolgere più cittadini. Tuttavia, l’esempio di Trogir, la prima città dalmata a sperimentare il bilancio partecipativo, dimostra che ci vuole tempo perché questa pratica possa davvero attecchire”, sottolinea Marković.
Se in Croazia questo strumento di democrazia diretta è applicato appena in una ventina di città e comuni – tra cui Pazin, Rijeka (Fiume) e Dubrovnik, e alcuni centri nel nord del paese e nella zona di Zagabria – in America Latina è molto più diffuso. In paesi come il Brasile non riguarda solo i piccoli progetti locali, ma investe anche le decisioni su interventi molto più grandi e costosi, come la costruzione di scuole, asili, mense, case rifugio e ospedali, contribuendo così a migliorare le condizioni di vita di un gran numero di cittadini.
Il Brasile è anche considerato la culla del bilancio partecipativo per come lo conosciamo oggi: qui è stato sperimentato per la prima volta nella seconda metà degli anni ottanta dal Partito dei lavoratori. Partendo dall’idea che il successo elettorale non debba essere un obiettivo in sé, ma semplicemente un trampolino di lancio per sviluppare forme avanzate di democrazia partecipativa, il deputato Olívio Dutra, dopo aver ottenuto il mandato di sindaco di Porto Alegre, capitale dello stato del Rio Grande do Sul, nel 1989 aveva cominciato a coinvolgere i cittadini nella gestione del bilancio cittadino. Oltre che incoraggiare l’impegno civile, il suo obiettivo era reindirizzare parte dei fondi comunali a favore degli strati più vulnerabili della società.
Una ricerca ad ampio raggio della Banca mondiale, che ha interessato otto unità di autogoverno locale in Brasile, ha dimostrato che il ricorso al bilancio partecipativo ha migliorato le condizioni di vita dei poveri. Anche se questo processo non può risolvere problemi strutturali come la disoccupazione, può comunque portare a “un notevole sviluppo della disponibilità e della qualità di diversi servizi sociali pubblici”, affermava lo studio, aggiungendo che nella stessa Porto Alegre gli allacci alla rete fognaria e all’approvvigionamento idrico erano aumentati significativamente: nel 1989 era collegato il 75 per cento delle abitazioni, nel 1997 il 98 per cento.
In tempi di crisi come quelli attuali il successo di questo processo dimostra che immaginare provvedimenti di giustizia sociale è utile e fattibile, anche se inizialmente può sembrare un’idea quasi utopistica. In Croazia i cittadini ormai partecipano anche ai forum attivi sul tema del bilancio partecipativo, che si stanno lentamente diffondendo in diverse parti del paese.
Ricadute positive
La prima città croata a sperimentare questo strumento è Pazin, in Istria, dove i cittadini contribuiscono a decidere come spendere parte del bilancio già dal 2014. L’attuale sindaca Suzana Jašić, del partito socialista e ambientalista Možemo! (Possiamo!), ci ha raccontato come funzionano le cose nella sua cittadina, che ha quasi novemila abitanti: “Come a Supetar, anche a Pazin ogni anno pubblichiamo un bando pubblico, sulla base del quale i cittadini propongono idee e suggerimenti di piccola entità, relativi al contesto in cui vivono. Dopo un’analisi approfondita, l’amministrazione comunale organizza incontri nei comitati di zona, che cominciano sempre con una breve lezione sul funzionamento del bilancio, sulle fonti di finanziamento e su come vanno spesi i fondi. Dopo la presentazione e la discussione dei progetti comuni, si procede al voto, moderato dal sindaco e dai suoi collaboratori”.
“Ai cittadini piace incontrarsi e discutere di persona, specialmente nei centri più piccoli, e sono davvero in tanti a partecipare a queste assemblee, vecchi e giovani”, racconta Jašić. “Tuttavia, quello di cui sono particolarmente orgogliosa è che nella maggior parte degli incontri le proposte alla fine non sono messe ai voti, perché tutti sono interessati soprattutto a trovare un accordo, a cercare il consenso. Spesso assisto a gesti di solidarietà, residenti che rinunciano ai loro progetti, magari non così importanti, per sostenere quello di qualcun altro. Teniamo conto anche di chi ha ricevuto i fondi l’anno precedente. E così alla fine non ci sono né vincitori né vinti”.
“Il progetto ha avuto diverse ricadute positive su Pazin”, continua la sindaca. “Per cominciare, oggi la gente è più informata su come funzionano le finanze pubbliche e il bilancio locale. E poi ci ha permesso di conoscere meglio i nostri concittadini, e quindi di sapere quali sono i loro desideri e i loro bisogni”.
Infine, il bilancio partecipativo ha generato una serie di interventi su piccola scala a beneficio di tutta la comunità: dal restauro di monumenti ed edifici di pubblica utilità alla creazione di parchi giochi, dalla pacciamatura dei sentieri nei boschi alla pulizia dei pozzi. Alla fine anche la gente del posto partecipa ai lavori, e spesso tutto si conclude con una bella festa.
“Nel complesso ci sono stati solo effetti positivi. La cosa più importante è non cambiare troppo spesso le regole per il funzionamento del processo, e ovviamente far sì che quello che viene votato o concordato sia effettivamente realizzato. In caso contrario ci sarebbe solo una parvenza di democrazia diretta e i cittadini si sentirebbero presi in giro”, spiega Jašić, aggiungendo che i prossimi incontri cittadini si terranno in autunno.
Le modalità di partecipazione all’assegnazione delle risorse e i fondi disponibili non sono gli stessi in tutte le città. Mentre a Supetar e Pazin le persone partecipano direttamente alla selezione e al voto dei progetti, altrove, come a Pula (Pola), possono presentare delle proposte ma non partecipano direttamente al processo decisionale. Anche i metodi di voto sono diversi: a Rijeka la consultazione popolare è stata fatta attraverso un gioco online.
Complessivamente in Croazia il ricorso al bilancio partecipativo è più comune nelle città con una situazione finanziaria solida, cioè senza troppi debiti. Ed è anche interessante notare che riguarda prevalentemente comuni amministrati da partiti di sinistra o di orientamento liberale.
“Lo stesso vale per la trasparenza nell’uso dei fondi pubblici”, osserva la sindaca di Supetar Ivana Marković. “Guardando la tabella delle valutazioni sulla trasparenza dei bilanci, si scopre che gli enti locali con i risultati migliori sono quelli amministrati dai partiti di sinistra e dai liberali. Nel Partito socialdemocratico di Croazia sul tema siamo quasi in competizione, ma in senso positivo. Per fare un esempio, quando vediamo che qualcuno ha introdotto una pratica che funziona, cerchiamo subito di applicarla anche nel nostro contesto. E in generale, a differenza della destra, siamo più aperti alle nuove idee e al coinvolgimento dei cittadini”.
“È una questione di fiducia”, conclude Marković. “Le persone ne hanno sempre meno nelle istituzioni e nella politica. Per questo il bilancio partecipativo e le altre forme di consultazione pubblica devono diventare un primo passo per riconquistarne almeno una parte”. ◆ ab
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati