In Germania sono sempre meno le persone che riescono a risalire la scala sociale, come fece a suo tempo Gerhard Schröder. L’ex cancelliere socialdemocratico riuscì a laurearsi in giurisprudenza nonostante sua madre si guadagnasse da vivere facendo le pulizie. Anche l’attuale leader socialdemocratica Bärbel Bas viene da una famiglia operaia che stentava ad arrivare alla fine del mese e ora è ministra del lavoro nel governo di Friedrich Merz.
Oggi però più che dall’impegno, dal talento e dal merito, il successo dipende dal reddito dei genitori. Secondo uno studio dell’istituto di ricerca economica Ifo, che ha analizzato i dati di chi è nato intorno al 1980 confrontandoli con quelli dei genitori, la mobilità sociale in Germania ha subìto un crollo. “Oggi le probabilità di migliorare la propria condizione sono le stesse degli Stati Uniti”, spiega Andreas Peichl, economista dell’Ifo. Quello del lavapiatti che diventa milionario è solo un sogno.
La diminuzione della mobilità sociale è sempre problematica per un paese, soprattutto quando, come nel caso della Germania, il fenomeno è di una portata considerevole. Dallo studio Ifo è emerso che nel giro di una generazione l’influenza del reddito dei genitori sul successo professionale dei figli è raddoppiata.
Peichl parla di un “colpo fortissimo alle pari opportunità”. La forbice continua ad allargarsi e non sembrano esserci inversioni di tendenza. Anzi, secondo Peichl “l’ampio divario attuale è destinato a restare una costante”.
Uno studio della Bundesbank, la banca centrale tedesca, dimostra che la Germania è uno dei paesi dell’eurozona con le maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei patrimoni privati. Anche tra i redditi lordi le differenze si sono accentuate. Negli ultimi anni hanno recuperato un po’ di terreno solo i redditi più bassi, grazie alle misure di welfare e all’aumento del salario minimo. Le conseguenze già si vedono. “Chi si sente penalizzato”, osserva Peichl, “tende a votare i partiti populisti”. E infatti è soprattutto nelle regioni economicamente più deboli che i populisti di estrema destra dell’Alternative für Deutschland (Afd) riscuotono i consensi maggiori. A tutto svantaggio, aggiunge Peichl, della coesione sociale.
Altri studi hanno rilevato che il divario sociale mina la fiducia nella politica. Le persone intervistate per il cosiddetto barometro delle disuguaglianze, un’indagine fatta dall’università di Costanza, ritengono di avere una scarsa influenza politica e, di conseguenza, non hanno fiducia nel cambiamento.
L’istruzione dei bambini
Quando gli chiediamo cosa si sente di raccomandare alla politica, Peichl ci parla dei servizi per la prima infanzia: “Sul lungo periodo la mobilità sociale può aumentare solo se interveniamo in quest’ambito”. Ma la questione non è tanto quella di fornire un semplice servizio di assistenza: qui si tratta proprio dell’istruzione e della formazione dei bambini.
“Quelli della prima infanzia sono anni decisivi per le pari opportunità”, spiega Peichl. “E qui la Germania sbaglia troppe cose”. I posti al nido e alla scuola dell’infanzia, per esempio, spesso sono pochi o troppo cari proprio per le famiglie che ne avrebbero più bisogno. In Germania può capitare che un bambino arrivi in prima elementare senza aver mai frequentato un asilo.
Secondo Peichl, “le disparità presenti a questa età difficilmente saranno recuperate più avanti, soprattutto in assenza di specifiche misure di sostegno”. Per questo prosegue gli studi soprattutto chi ha genitori laureati: solo il 27 per cento dei figli di non laureati si iscrive all’università, nonostante in Germania lo studio sia sostanzialmente gratuito negli atenei pubblici. “Dovremmo ragionare sull’introduzione di tasse universitarie legate al reddito”, aggiunge Peichl, con cui raccogliere risorse per la formazione dell’infanzia.
L’ascensore sociale è vantaggioso per tutti. Quando rallenta così tanto, il potenziale delle persone non viene sfruttato in pieno, a danno della crescita economica. E un paese che si fonda su sapere e innovazione come la Germania può risentirne in modo devastante.
(Traduzione di Susanna Karasz)
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Questo articolo è uscito sul numero 1641 di Internazionale, a pagina 99. Compra questo numero | Abbonati