Il profilo energetico della Cina è paradossale: il paese è responsabile di più della metà del consumo globale di carbone, ma allo stesso tempo è la principale fabbricante al mondo di pannelli solari e veicoli elettrici, prodotti grazie all’elettricità a basso costo ottenuta dal carbone. Nella primavera del 2025 l’eolico e il solare fornivano più di un quarto dell’energia elettrica cinese, il che suggerisce che l’uso del carbone al livello nazionale potrebbe aver raggiunto il picco, pur rimanendo strategico per le casse statali: con il rallentamento della domanda interna le esportazioni all’inizio del 2025 sono aumentate del 13 per cento rispetto al 2024.

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) “il carbone genera più del 60 per cento dell’elettricità usata per la produzione globale di pannelli fotovoltaici” e questo perché più dell’80 per cento delle fabbriche si trova in province cinesi come lo Xinjiang e il Jiangsu, dove è preponderante l’uso di energia derivata dal carbone. Dal 2011 a oggi la Cina ha investito più di 50 miliardi di dollari nel fotovoltaico, circa dieci volte gli investimenti europei, riducendo i costi dei pannelli di circa l’80 per cento e alimentandone il relativo boom mondiale. Questi pannelli, però, sono prodotti grazie al carbone, che alimenta anche le acciaierie da cui escono le componenti metalliche per i veicoli elettrici e i pannelli, mentre dai derivati del carbone si ricavano materiali precursori delle batterie e il silicio per l’energia solare.

Di conseguenza qualsiasi grave interruzione della produzione di energia a carbone o delle fabbriche (dai blackout alle barriere commerciali) potrebbe avere ripercussioni sul mercato globale del fotovoltaico e delle auto elettriche.

La Cina esporta anche carbone metallurgico verso paesi asiatici come l’Indonesia, contribuendo indirettamente allo sviluppo della transizione verde regionale. Allo stesso tempo giganti cinesi del petrolio e del gas (Cnpc, Sinopec) hanno creato divisioni per il solare, l’eolico e le batterie, reindirizzando i profitti delle fonti fossili verso imprese verdi. Tuttavia, le banche cinesi continuano a finanziare progetti fossili all’estero in misura quasi quadrupla rispetto a quelli rinnovabili.

Ruolo chiave

Nel settore automobilistico, la Cina domina i mercati del sudest asiatico con veicoli elettrici a basso costo, sostenuti da sussidi statali e da una forte capacità produttiva, associata alla collaborazione con le aziende locali. In Thailandia i marchi cinesi rappresentano oltre il 70 per cento delle vendite di auto elettriche, che da meno di 10mila unità nel 2022 sono passate a circa 76mila nel 2023, e stanno investendo in impianti locali che potrebbero servire anche come base per esportazioni in occidente, aggirando le restrizioni commerciali sui prodotti cinesi. I concessionari tailandesi temono però che le importazioni di veicoli elettrici cinesi a basso costo possano indebolire le case automobilistiche nazionali.

In Asia meridionale la Cina gioca un ruolo chiave nello sviluppo energetico: in Bangladesh finanzia la quasi totalità dei progetti futuri, mentre in Pakistan ha costruito centrali a carbone, dove il governo sta autonomamente spingendo sul fotovoltaico basato su importazioni cinesi. Il legame ambivalente tra carbone ed energia pulita è presente in tutta la regione: i principali produttori di pannelli cinesi, per esempio, hanno aperto impianti in Malaysia, Vietnam, Thailandia e Cambogia. Gli investimenti cinesi hanno quindi stimolato la crescita dell’industria pulita, ma questa forte dipendenza da un unico investitore crea anche delle vulnerabilità. Ad aprile gli Stati Uniti hanno imposto dazi sulla produzione fotovoltaica cinese proveniente dal sudest asiatico, causando il blocco delle attività delle fabbriche di pannelli in Vietnam e Malaysia o il trasferimento della produzione in Indonesia.

I politici asiatici dovrebbero accogliere con favore gli investimenti verdi cinesi, ma anche diversificare le fonti, costruire capacità locali e imporre standard elevati. Altrimenti l’Asia rischia di scambiare una dipendenza energetica con un’altra. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati