“Non resterò un altro inverno qui, ma ci tornerò in estate perché la sua bellezza è indimenticabile”. Queste parole di un ex residente dell’isola, trascritte su un pannello informativo al molo di attracco dell’isola di Gabhla (in irlandese Oileán Ghabhla) nel porto di Tráigh na mBláthán, mi hanno fermato di colpo. Sono le parole di un isolano che pur avendo amato questo posto è rimasto segnato dalle tempeste invernali e dalle notti buie.
E mi ha impressionato il fatto che, per quanto io possa scrivere della nostra settimana estiva trascorsa qui, non riuscirei mai a trovare le parole per esprimere un tale sentimento per l’isola e descrivere come sia stata plasmata dall’amore e dalla disperazione.
Ero stato sull’isola nell’estate del 2018 alla fine del periodo caldo e secco, per una gita di un giorno proprio quando finalmente ritornavano le brezze fresche dall’Atlantico. Ero stato fortunato, era una giornata splendida, di colori, luci e con un vento gentile. Avevo percorso a piedi il sentiero segnalato dell’isola, lo Slí Ghabhla, e, seduto sull’erba tagliata sopra la spettacolare falesia Scoilt Uí Dhúgáin, avevo ascoltato il suono del mare e ammirato il volo dei gabbiani.
Ricordo quanto fosse verde l’erba tra il blu del mare e del cielo e il colore rosato delle coste di granito e delle piccole isole bagnate dal mare. Ma un barbecue con il resto della famiglia mi aspettava sulla spiaggia vicino a Derrybeg, e prima che l’isola potesse rivelarmi le sue storie o accogliermi nelle sue atmosfere ero di nuovo sul traghetto che in dieci minuti mi avrebbe riportato sulla terraferma al porto di Magheragallan, vicino Bunbeg.
Quell’isola, tuttavia, mi chiamava, e la sua promessa di tramonti atlantici, di albe segnate dal profilo del monte Errigan, di cieli stellati e di forti venti notturni era irresistibile. Sapevo che sarei tornato.
Il vino e il temporale
Così alla fine di agosto del 2024 Eddie è venuto a prenderci con la sua jeep al molo e ha trasportato me, Moya e le provviste sufficienti per una settimana attraverso le lande fino al Teach Jimmí, una struttura ricettiva situata in una posizione meravigliosa vicino al centro informazioni, e all’An Teach Beag, il piccolo bar di Eddie. Abbiamo trascorso una sorta di lockdown in questa piccola isola senza negozi, ristoranti, pub o alloggi per turisti, lasciando che ci insegnasse i suoi ritmi e ci raccontasse i suoi stati d’animo.
Volendo avremmo potuto fare tappa ogni giorno al centro attività (Ionad Eachtraíochta) accanto al porticciolo, tra i turisti giornalieri e quelli più stanziali, per pagaiare con un stand up paddle (sup) o un kayak lungo la dolce e riparata costa orientale dell’isola o fare snorkeling nelle sue acque cristalline. Invece ci siamo abbandonati a una piacevole e tranquilla routine fatta di passeggiate, aria fresca, pesca dalla riva, nuotate, lunghe dormite e chiacchierate davanti al caffè mattutino all’An Teach Beag, a volte semplicemente ascoltando la splendida musicalità del gaelico irlandese, la lingua principale di questa zona.
In rare occasioni abbiamo dovuto combattere con i moscerini, sfuggire agli acquazzoni e guardare dalla finestra un’isola intrisa di pioggia ma non meno splendida nei suoi colori pallidi. Quell’unica sera di temporale nella nostra settimana non ci ha creato alcun disagio. Anzi, grazie a un bicchiere di vino e a un caldo fuoco di torba, è stato un piacevole intermezzo ascoltare dal nostro alloggio al Teach Jimmí la tempesta Ellen avvicinarsi con raffiche di vento e pioggia.
Mentre io e mio figlio Eoin esploravamo l’isola, la frastagliata costa occidentale raccontava una storia di infinite e violente tempeste atlantiche, testimoniate dai grandi pinnacoli, dai suoi tor (affioramenti rocciosi) e dalle scoscese pareti di granito rosa che la rendono un paradiso per chi ama arrampicare.
Mentre io e mio figlio Eoin esploravamo l’isola, la frastagliata costa occidentale raccontava una storia di infinite e violente tempeste atlantiche
I sentieri, vecchie piste per l’estrazione della torba, che corrono a ovest dello Slí Ghabhla, a sud dell’An Teach Beag e appena a nord del Loch Mhachaire na nGall, meritano di essere percorsi per osservare da vicino la costa.
Un lento tramonto
I panorami da questi sentieri, dalle vette di Maol Mhór nell’angolo sudoccidentale dell’isola e da An Grogán a nordovest, sono tra i più belli che abbia mai visto in Irlanda. Gli alti rilievi erbosi sono perfetti per le passeggiate e ideali per sedersi ad ammirare un lento tramonto sull’Atlantico. Esplorando le coste meridionali e orientali ci siamo immersi nelle storie dell’isola: il toccante e piccolo Reilig na bPáistí – “cimitero dei bambini” – cinto da mura di granito stondato, in una sorta di amorevole abbraccio; la vecchia scuola, ora abbandonata ma dove riecheggiano le lezioni e le risate degli alunni spensierati; il monumento ai due isolani che nel 1914 erano nell’equipaggio del piccolo veliero Asgard che trasportò armi di contrabbando dalla Germania all’Irlanda per i volontari irlandesi, in maggioranza cattolici, che si batterono per l’indipendenza da Londra; e i nomi, su un pannello appena sopra il molo, dei tredici abitanti dispersi in mare, uno di loro di appena quattro anni. Infine, più a nord, alla fine dello Slí Ghabhla accanto alla Scoil Ui Dhugáin, siamo passati davanti al monumento che commemora due parenti di alcuni isolani, frequentatori abituali del posto, morti negli attacchi terroristici dell’11 settembre a New York.
Tutte queste storie e molte altre ce le ha raccontate Eddie, che ama molto l’isola dove è cresciuto, nelle lunghe chiacchierate all’An Teach Beag, in giornate soleggiate o di foschia. Abbiamo adorato le spiagge deserte dell’isola: Tráigh Mhachaire na nGall, esposta a ovest, con il mare mosso e le distese pianeggianti ed erbose, perfette per campeggiare, i suoi sassi smussati dal mare, la sua sabbia di granito rosa, il tutto in una bellissima baia. Abbiamo amato particolarmente le linee curve di Tráigh na Béicí, esposta a est, a meno di cinque minuti a piedi dal Teach Jimmí, dove abbiamo nuotato, camminato e ci siamo fermati ad ammirare il paesaggio, increduli di essere davvero lì.
A volte guardavamo le nuvole svelare lentamente la vetta dell’Errigal e il sole al tramonto colorare di un rosa tenue la ghiaia di quarzite grigio chiaro.
Gente intraprendente
Siamo arrivati sull’isola un sabato di agosto mentre un vento caldo da est soffiava dalla terraferma, proveniente dalla Francia grazie a una depressione stazionaria nel golfo di Biscaglia. Abbiamo lasciato il piccolo molo di Tráigh na mBláthán in un sabato splendente di sole e di aria limpida, grazie al vento proveniente dall’Atlantico nordoccidentale. E nel corso della settimana abbiamo goduto sia della tranquillità (ciúinas) e dell’intimità della piccola isola, sia della breve ferocia infrasettimanale della tempesta Ellen.
Dopo quel passaggio abbiamo scoperto con ammirazione che l’isola evidentemente aveva già visto di tutto e si è scrollata di dosso la tempesta con grande noncuranza.
Quasi come in una postilla, prima di tornare a casa, Hughie Beag (un amico di Eddie) mi ha portato in un magazzino nella zona industriale di Gaoth Dobhair per mostrarmi una splendida copia dell’Asgard di quattro metri di lunghezza. Il modello, realizzato con amore da Eddie e Hughie nell’arco di due anni, testimonia l’orgoglio, l’intraprendenza e l’abilità artistica della gente del posto in questo magico angolo a nordovest dell’Irlanda. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1624 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati