Forse non lo sapevate, ma Robbie Williams è una scimmia. Nel film biografico Better man di Michael Gracey (uscito nel dicembre 2024) la popstar ha sembianze scimmiesche grazie agli effetti digitali. Una scelta artistica adottata dal regista insieme al cantante che non è affatto gratuita. Infatti questa decisione rimanda alla percezione che l’artista ha avuto di se stesso, secondo le sue stesse dichiarazioni, quando ha cominciato a farsi strada nel mondo dello spettacolo, cioè di sentirsi come un animale da circo. “Per tutta la mia vita sono stato una scimmia sfacciata. Non esiste una scimmia più sfacciata, drogata di sesso e cocaina di quella che vediamo in Better man”, ha dichiarato all’Associated Press.

Questo modo di vedersi non riguarda solo un artista che ha abusato della polvere bianca, ma racconta un confine sempre meno netto tra il mondo umano e quello animale. Il lockdown per il covid-19 ha contribuito a rendere gli animali parte della famiglia più che in passato. E oggi siamo passati a un livello superiore, quello della fusione psichica.

Nel 2023 la rapper statunitense Doja Cat si è presentata al Met Gala con orecchie da gatto e con un muso felino prostetico che la facevano sembrare una Catwoman. Ma se alcuni si concentrano sull’aspetto, altri imitano i movimenti degli animali, e pubblicano video in cui zompettano a quattro zampe nella loro stanza, sull’erba o, i più coraggiosi, sulla neve.

Di solito indossano un abbigliamento sportivo comodo per muoversi, ma portano una maschera di animale e una coda. Sono i quadrober, termine derivato dalla disciplina sportiva chiamata quadrobics, che consiste nel correre a quattro zampe come farebbe un levriero dietro a delle salsicce. La disciplina è stata inventata nel 2010 dal giapponese Kenichi Ito, detentore del record dei cento metri a quattro zampe, corsi in 15 secondi e 71 centesimi. Un tempo notevole se paragonato al record mondiale di Usain Bolt, che ha corso (a due zampe) in 9,58 secondi (un levriero ce la può fare in sei).

Anche se il numero degli adepti di questa disciplina rimane sconosciuto, in Russia la tendenza ha assunto un carattere virale sui social media. Al punto da provocare in alcune persone delle reazioni violente. Nell’ottobre 2024 il filosofo russo Sergej Mikheev in tv ha detto: “Secondo me tutto ciò è direttamente legato alla diffusione delle perversioni della società occidentale moderna, le cosiddette pratiche bdsm. Il tentativo è quello di coinvolgere in queste cose i bambini, fin dalla più tenera età”.

Cambiamento liberatorio

Una deputata della Duma aveva addirittura annunciato che avrebbe presentato un progetto di legge per vietare di camminare a quattro zampe. Negli anni duemila l’artista Oleg Kulik si era già attirato le ire delle autorità russe andando in giro per Mosca con un guinzaglio al collo e cercando di mordere i passanti.

Beluga whale (Ben Toht + Liz Sexton)

Tuttavia in un periodo di ripensamento delle gerarchie tradizionali (in particolare di genere e di classe), la credenza della superiorità della specie umana sulle altre è sempre meno popolare.

In Francia il performer Cyril Casmèze parla di un “cambiamento liberatorio” nel corso dei suoi spettacoli durante i quali rappresenta degli animali. Fondatore con Jade Duviquet della compagnia Singe debout (Scimmia in piedi), questo artista di talento è capace di “trasformarsi” in orso, bisonte, gorilla o cane. Non si traveste, lavora solo sul corpo. “Mi sono impegnato a spingere il più possibile i miei limiti fisici. Provare l’incarnazione animale fino all’estremo è un viaggio inebriante. Lo spazio si dilata, qualcosa dentro di me diventa più intenso”.

Per Casmèze tutto viene dalla realizzazione di una fantasia radicata nell’inconscio: “Gli animali sono associati a tante rappresentazioni. Chi da bambino non ha sognato di correre come un cavallo, di volare come un uccello? Così ci si scontra con i propri limiti e contemporaneamente si acquista una maggiore consapevolezza del desiderio di cambiare”. Spesso il suo lavoro è definito provocatorio, una cosa che non lo sorprende. “Certo, c’è una dimensione di contestazione. Sono cresciuto in un ambiente borghese che volevo mettere in discussione. Ero a contatto con molti animali e così ho finito per considerarmi un cinghiale e per adottare una mucca come madre”.

Si può uscire dal proprio guscio umano o, al contrario, cercare di appropriarsene più a fondo. Per Geoffroy Delorme il fatto di essere a contatto con la fauna selvatica lo ha riconciliato con la sua componente umana. Fotografo naturalista, ha passato sette anni nei boschi, in mezzo ai caprioli. Esperienza che gli ha ispirato il libro L’uomo capriolo (Piemme), uscito durante il lockdown e diventato un successo editoriale. Nonostante la vicinanza con questi animali, Delorme rifiuta qualsiasi etichetta: “Non mi sono mai considerato un capriolo. Ma vivere con loro mi ha fatto capire che umani e animali hanno più cose in comune di quanto pensassi. Valori che crediamo tipici degli esseri umani, come empatia, altruismo, solidarietà, appartengono in realtà anche agli animali”.

Il fotografo racconta di aver imitato lo stile di vita dei caprioli per poter sopravvivere nei boschi senza riparo né provviste. “Ho imparato ad alimentarmi con piccole quantità di cibo consumate nel corso della giornata: bacche, radici, vegetali. È esattamente quello che fanno i caprioli, anche se per loro è molto più facile ruminare, visto che hanno due stomaci. Mi sono anche messo a dormire come loro adottando dei cicli brevi di sonno di 30-45 minuti per evitare di cadere in ipotermia. Diverse volte sono stato svegliato dalle spinte di un capriolo, cosa che mi ha sicuramente salvato la vita”.

Green sea turtle (Ben Toht + Liz Sexton)

Delorme insiste sull’importanza di scegliere bene la specie, se si vuole tentare un’esperienza immersiva: “I caprioli sono piccoli, piuttosto carini e non hanno un odore troppo forte. Meglio che passare sette anni tra i cinghiali”.

La fedeltà del lupo

All’estremità dello spettro fusionale ci sono i theriani, che s’identificano veramente con un animale, reale o immaginario. Il concetto è apparso negli Stati Uniti negli anni novanta e verrebbe dall’universo dei giochi di ruolo. Nel caso dei theriani si può parlare di disforia di specie (come la disforia di genere), cioè di non sentirsi a proprio agio nella natura umana. Anche se alcuni portano dei costumi o degli accessori, la loro identificazione è soprattutto psicologica. Durante i cosiddetti periodi shift, queste persone di punto in bianco possono digrignare i denti o camminare a quattro zampe per avvicinarsi alla loro identità animale.

Lupo nero, un theriano di 29 anni che ha voluto rimanere anonimo, è un assiduo frequentatore di forum online, dove condivide le sue impressioni. Per lui la natura è sempre stata qualcosa di presente: “Mi sento più a mio agio in una foresta che in città. Non mi piace mascherarmi, ma con il pensiero cerco di avvicinarmi il più possibile alla mia condizione animale”.

Ammette di vivere la sua theriantropia in modo piuttosto particolare: “Da solo mi è capitato di praticare uno o due shift, cioè di camminare a quattro zampe nella foresta, ma è troppo faticoso. Non mi interessa neanche l’aspetto provocatorio, non mi va di mettermi a grugnire quando sto con gli amici. Per me essere theriano è soprattutto un processo spirituale che corrisponde al rifiuto di una società che ci isola dai nostri istinti naturali, come cacciare o vivere in branco. Sentirmi lupo mi aiuta a sopportare la quotidianità, è come se dentro di me fossi qualcuno di più nobile, di più libero”.

Lupo nero non ne parla con nessuno, a parte la sua compagna. “Le dico che non deve preoccuparsi perché il lupo è molto più fedele dell’uomo! È una specie fondamentalmente monogama: i lupi passano tutta la vita con un unico partner”.

Long-spined porcupinefish (Ben Toht + Liz Sexton, Ben Toht + Liz Sexton)

Di conseguenza andare alla ricerca della propria componente animale somiglia a un processo di sviluppo personale. Alcune pratiche permetterebbero di ritrovare l’animale che è in noi, come il movimento Animal flow, sempre più popolare. Fondato negli Stati Uniti da Mike Fitch, propone una pratica sportiva che s’ispira ai movimenti degli animali per eseguire un certo numero di esercizi. La tendenza è già stata adottata da alcune attrici come Mila Kunis o Cameron Diaz, e su Instagram l’hashtag #animalflow è associato a più di 465mila post.

Jean-Marc Heim, ballerino e coreografo che vive a Losanna, in Svizzera, se ne è ispirato per creare il corso Animal move. “Alla fine della mia carriera di ballerino, ho cominciato ad avere problemi di artrosi”, spiega Heim. “Così ho cercato un altro modo per muovermi, e mi sono interessato alla camminata a quattro zampe”.

Per lui questo non significa imitare gli animali, ma prendere in prestito delle posizioni del corpo che ci obbligano a sollecitare muscoli che non siamo abituati a far lavorare. “A forza di stare in piedi alcune parti del corpo diventano passive, per esempio camminiamo con le braccia rilassate. La marcia su quattro zampe, attivando la totalità del corpo, permette una distribuzione più armoniosa dell’energia. Il modo di camminare dei granchi è molto interessante, perché bisogna coordinare le braccia e le gambe diversamente dal solito”.

Comunque Heim rifiuta di considerare il suo lavoro come una “regressione”: “Nel mio corso l’obiettivo non è liberare emozioni animali, ma lavorare in modo mirato. Proprio per questo concludo sempre in piedi le mie lezioni: per ritrovare la nostra condizione umana dopo il passaggio a quattro zampe”.

Tutte queste esperienze testimoniano una ricerca ben precisa: cercare di mettersi, anche in modo effimero, nella pelle di un animale, nella speranza di capire quello che in fin dei conti resta largamente incomprensibile agli umani. In campo universitario si sono sviluppati i cosiddetti animal studies, ricerche interessate al punto di vista animale, cioè all’animal gaze. In Autobiografia di un polpo e altri racconti animali (Contrasto) la filosofa della scienza Vinciane Despret immagina, in un gioco di specchi, che il cefalopode abbia sviluppato la capacità di scrivere. Invece Il mio amico in fondo al mare (2020), disponibile su Netflix, racconta la storia di James Reed, regista di documentari sugli animali e autore del film insieme a Pippa Ehrlich, che si rimette da un burn­out adottando lo stile di vita e di pensiero di un polpo.

Swordfish (Ben Toht + Liz Sexton, Ben Toht + Liz Sexton)

La poeta e il cocker

“In campo universitario con gli animal studies si constata l’effettiva volontà di capire come gli animali vedono il mondo”, conferma Jérôme Michalon, ricercatore presso il Centre national de la recherche scientifique e specialista delle relazioni uomo-animale. Una delle caratteristiche principali di questo campo di ricerca è la multidisciplinarità. “La maggior parte degli studiosi di questo settore proviene dalle scienze umane e sociali. I ricercatori non hanno quindi né la vocazione né le competenze per descrivere scientificamente i comportamenti animali. Per questo si rivolgono all’etologia e sperimentano nuovi modi per descrivere questi comportamenti, ispirandosi a forme artistiche e letterarie”.

Così un libro poco conosciuto di Virginia Woolf, Flush, una biografia (Einaudi) ha avuto un’inattesa popolarità. La celebre scrittrice racconta la vita di Flush, il cocker spaniel della poeta Elizabeth Browning. In questo racconto Woolf cerca di ricostituire il flusso di pensiero di Flush, consapevole che gli odori sono per lui quello che le parole sono per gli esseri umani. Più recentemente lo scrittore Antoine Philias ha pubblicato Walabi (Asphalte), un breve romanzo nel quale si mette nei panni di un piccolo marsupiale della famiglia dei canguri.

Anche al cinema e in tv si avverte un deciso cambiamento nella rappresentazione dei rapporti tra umani e animali. Da questo punto di vista la serie di culto Manimal, trasmessa nel 1983, è considerata una pioniera del genere. Nel telefilm un professore universitario capace di trasformarsi in qualunque animale collabora con la polizia. Si trasforma in pantera, in aquila, ma anche in gattino o in pappagallo, per poi rimettere tranquillamente la sua giacca appena sgualcita.

Pierre Langlais, giornalista di Télérama specializzato nelle serie tv e autore del libro Réaliser une série (Armand Colin), individua in Manimal “una versione paradossale del tema del superuomo”. “Gli anni ottanta erano un’epoca legata a protagonisti prestanti di serie come Supercar, Airwolf, Magnum P.I., che rappresentavano bene l’America di Reagan. In questo contesto Manimal mette in scena un uomo che supera la condizione umana per diventare un superuomo animalizzato”. Come il Minotauro o i centauri dell’antichità, l’uomo-animale s’inserisce nella tradizione favolosa del bestiario medievale, ma senza che il rapporto degli esseri umani con la natura sia veramente rimesso in discussione. “All’epoca la preoccupazione ambientale era relativamente assente in tv. Lo scopo era mostrare un mitico superpotere dell’uomo sulla natura. In Manimal siamo più vicini a Icaro che a Greta Thunberg”, osserva Langlais.

Nel bel film The animal kingdom (2023) il regista Thomas Cailley ha immaginato un mondo dove alcune persone si trasformano in animali. Queste nuove creature si scontrano con le reazioni più diverse degli esseri umani: rifiuto, disgusto, empatia. Nel film Romain Duris è un uomo il cui figlio si trasforma in lupo e dovrà fare i conti con sentimenti contrastanti, che metteranno a dura prova il suo amore paterno.

“Spesso nel cinema la mutazione in animale rimanda al superuomo o alla mostruosità. Un ottimo esempio è La mosca di David Cronenberg del 1986”, spiega Cailley. “Nel mio film ho voluto che le creature non fossero superuomini né mostri, ma esseri ibridi, sconcertanti, che portano lo spettatore a mettere in discussione la propria specie”.

Di fatto The animal kingdom ci invita a riflettere tanto sulla nostra diversità dagli animali quanto sulla nostra sconcertante somiglianza con loro. “Oggi”, continua Cailley, “si cerca a ogni costo di dominare e di controllare gli esseri viventi. Non sappiamo più cos’è il mondo selvaggio, anche se originariamente ne facevamo parte. Il film è costruito intorno a un’idea semplice ma forte: quella della nostra appartenenza comune al mondo animale”.

Qualcosa che ci potrebbe far venire voglia, magari solo per un fine settimana, di metterci nei panni del nostro gatto o del nostro cane. ◆ adr

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Questo articolo è uscito sul numero 1625 di Internazionale, a pagina 154. Compra questo numero | Abbonati