Lasciamo da parte per un momento il ragionamento che giustifica l’ascesa del partito di estrema destra Chega con il malcontento generale. È vero, il Portogallo affronta sfide complesse nel campo della sanità e della casa e deve contrastare percezioni che lo dipingono come un far west dominato da criminali e invaso da individui con una carnagione diversa. Tuttavia la situazione è di gran lunga migliore rispetto a quella dell’epoca dello scontro con la troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) dopo il crollo del settore bancario, nel 2012, o ad altri momenti difficili del paese. L’estrema destra, che storicamente prospera approfittando della disperazione o delle crisi, ha conquistato voti non a causa dello stato del paese, ma per un clamoroso fallimento del governo e dei partiti dello spazio democratico, che non sono stati capaci di garantire ai cittadini un minimo di stabilità politica o di prospettive per il futuro. Hanno permesso la diffusione del pessimismo e di percezioni distorte. Le mozioni di sfiducia hanno segnato il picco dell’irresponsabilità di politici più preoccupati del loro ego che dell’interesse nazionale.
Uscire dalla crisi perenne
In queste condizioni l’atteggiamento populista del “sono tutti uguali”, “tutti corrotti”, cresce incontrollato. In Portogallo si sono verificate le condizioni per la tempesta perfetta: la classe politica non è stata capace di preparare il terreno per la stabilità, sprofondando invece nel pantano creato da Chega. Un anno fa il 18 per cento degli elettori aveva espresso la propria insoddisfazione. Ora, con queste nuove ferite auto-inflitte, la ribellione non poteva far altro che crescere. Tra l’altro la frustrazione degli elettori non emerge solo nell’aumento dei voti per Chega, ma si esprime anche nel rafforzamento della coalizione di governo Alleanza democratica (centrodestra), guidata da Luís Montenegro, e nella punizione inflitta al Partito socialista.
Con l’attuale quadro parlamentare, le maggioranze assolute sono quasi un miraggio, quindi ai partiti democratici restano solo due opzioni: accettare i compromessi e rendere possibile un governo di minoranza o lasciare che il paese sprofondi in una crisi permanente che farà peggiorare la protesta. Il Partito socialista, Iniziativa liberale e il Livre devono approvare il programma del governo e il prossimo bilancio: perché lo esige la salute della democrazia portoghese e perché è l’unico modo di mostrarsi responsabili e credibili davanti agli elettori. L’unico modo di sopravvivere, insomma.
La democrazia portoghese è entrata in un territorio sconosciuto e pericoloso. Se i partiti democratici non capiranno che il mondo è cambiato, il futuro sarà ancora più disastroso del presente. Il Portogallo rischia di diventare un’Ungheria affacciata sull’oceano. ◆ as
◆ Il 20 maggio 2025, due giorni dopo le elezioni legislative, il presidente della repubblica portoghese Marcelo Rebelo de Sousa ha incontrato i leader dei tre principali partiti. La coalizione di centrodestra Alleanza democratica ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti e il suo leader Luís Montenegro ha dichiarato di voler governare senza un interlocutore privilegiato, negoziando con tutti, da sinistra a destra, ogni misura da adottare. Il Partito socialista e l’estrema destra di Chega si sono impegnati a garantire stabilità al paese ma senza entrare nel governo, scrive Público.
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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati