Il giovane – non doveva avere più di 25 anni – era andato nell’aldilà con un opulento corredo funerario, compresa una zanna di elefante intera. Gli archeologi che nel 2008 avevano trovato i suoi resti, risalenti a cinquemila anni fa, in un sito vicino a Siviglia, in Spagna, l’avevano soprannominato l’“uomo d’avorio” e ipotizzato che in vita fosse stato la persona più potente della penisola iberica. Quindi è stato uno shock quando, tredici anni dopo, l’analisi delle proteine contenute nello smalto dei suoi denti ha rivelato che non era un maschio. L’uomo d’avorio era, in realtà, la “donna d’avorio”.
Probabilmente non avrebbe dovuto essere una sorpresa. Recentemente la capacità di analizzare antichi resti biologici ha portato alla scoperta di donne preistoriche in luoghi inaspettati. E, a quanto pare, con ruoli e posizioni che avrebbero lasciato perplessi i ricercatori del ventesimo secolo. Le nuove prove stanno stravolgendo la nostra idea dei ruoli di genere nelle società antiche.
Questo non vuol dire che nel mondo antico le donne e gli uomini fossero trattati alla pari, né tanto meno che si possa definire un paradiso femminista. In effetti, le società a dominanza maschile erano probabilmente la norma. Ma sono venute alla luce eccezioni sufficienti da suggerire una sorprendente varietà di organizzazioni sociali. “Non esiste un’idea unica di femminilità o mascolinità”, afferma l’archeologa Rachel Pope dell’università di Liverpool, nel Regno Unito. “Al contrario esiste una grande varietà di norme sociali nel tempo e nello spazio”. In pratica, stiamo portando alla luce le donne potenti della preistoria.
Nonostante i passi avanti compiuti verso la parità di genere, le società contemporanee sono ancora in gran parte patriarcali. Gli archeologi hanno a lungo affermato che questa situazione si era affermata con la diffusione dell’agricoltura, circa diecimila anni fa. I gruppi di cacciatori-raccoglitori sono generalmente considerati paritari, anche se uomini e donne svolgevano compiti diversi. Secondo questa ipotesi, quando le società sono diventate più sedentarie e hanno cominciato a generare ricchezza sotto forma di riserve alimentari, le popolazioni hanno iniziato ad attribuire importanza all’eredità e stabilito regole per il trasferimento della ricchezza dai padri ai figli.
Con la ricchezza sono arrivati il potere maschile e l’oppressione femminile. O almeno così sosteneva alla fine dell’ottocento il teorico politico Friedrich Engels, collaboratore di Karl Marx. “Quel modello sosteneva un dato sistema politico ma non si basava su alcuna prova archeologica”, afferma l’archeologa Penny Bickle dell’università di York, nel Regno Unito.
Cosa dicono i dati
Un’ipotesi alternativa, avanzata negli anni sessanta dalla collega lituana Marija Gimbutas, suggeriva che le società agricole più antiche d’Europa fossero incentrate sulle donne e fossero rimaste tali fino a cinquemila anni fa, quando dalle steppe arrivarono i pastori e imposero la loro visione patriarcale. Tuttavia, pure quella teoria si è rivelata infondata.
Queste grandi narrazioni, che evocano un singolo punto di svolta, non combaciano più con i dati, dice Bickle. L’avvento di nuovi strumenti archeologici – in particolare la capacità di analizzare non solo il dna antico (aDna), ma anche proteine, isotopi o varianti di elementi presenti nei resti di cibo – rivela che entrambe le ipotesi sono semplicistiche. Sta emergendo un quadro più complesso, che dimostra come il contesto economico e storico influenzasse la vita di uomini e donne e che, se le condizioni cambiavano, le società erano in grado di passare da un sistema all’altro nel giro di secoli.
L’analisi di queste società evidenzia anche la distinzione tra sesso biologico – che comprende per esempio la capacità di avere figli – e genere, riferendosi all’abitudine di assegnare alle persone attributi culturali distinti – maschili o femminili – in base al loro sesso. L’archeologa Jennifer French dell’università di Liverpool pensa che il concetto di genere sia emerso con il pensiero simbolico e che l’arte e i riti di sepoltura del paleolitico suggeriscano che i primi esseri umani moderni lo conoscessero, inclusi i neandertal. Eppure, rispetto a quel periodo alcuni ricercatori preferiscono parlare di “maschi” e “femmine invece che di “uomini” e “donne”. “A me sembra un po’ disumanizzante”, dice French.
Sta emergendo un quadro più complesso, che dimostra come il contesto economico e storico influenzasse il modo in cui vivevano uomini e donne
Tuttavia, la prima età della pietra dà informazioni essenziali per quanto riguarda i ruoli di genere. “Le sepolture sessuate – con la loro cultura materiale di accompagnamento e i manufatti iconografici – sono assenti o rare”, afferma la studiosa. I piccoli scorci offerti dall’archeologia e dall’aDna, combinati con le prove etnografiche delle società di cacciatori-raccoglitori, fanno pensare che l’unione con donne esterne al proprio gruppo e la patrilocalità fossero la norma: le coppie si trasferivano a vivere con la famiglia dell’uomo. Ma poiché questi gruppi tendevano a essere piccoli, probabilmente dovevano essere adattabili, quindi a volte potrebbero essere emerse anche società matrilocali, in cui le coppie restavano con la famiglia della donna.
Le società matrilocali tendono a far partecipare di più le donne alla vita comunitaria, spiega l’antropologa Carol Ember dell’università di Yale, probabilmente perché, avendo la loro famiglia vicina, le donne hanno meno probabilità di essere definite solo come mogli e madri. Ciò è particolarmente vero se le risorse – soprattutto la terra – seguono un sistema di ereditarietà matrilineare che spesso va di pari passo con la matrilocalità. Secondo un’ipotesi sviluppata da Carol Ember e da suo marito Melvin Ember, anche lui antropologo, è più probabile che la matrilocalità emergesse quando le donne erano le principali lavoratrici in un’economia di sussistenza e quando non c’era la minaccia di una guerra, cosicché le famiglie non dovevano tenere vicino i figli maschi per difendere la casa. Questo fa pensare che nella preistoria la matrilocalità fosse l’eccezione, perché la violenza tra gruppi era molto comune. Ma altri fattori favoriscono l’ipotesi di società matrilocali, come quando la paternità dei bambini è incerta e per i gruppi con una storia di migrazione.
Questo per quanto riguarda le teorie. Sul campo, lo studio del genere nei resti preistorici è complicato dal fatto che le sepolture potrebbero non riflettere la vita della defunta. L’analisi degli isotopi stabili può essere d’aiuto, perché dimostra – attraverso il rilevamento dei cambiamenti nella dieta – se le persone erano morte nello stesso luogo in cui erano cresciute. E la genetica può rivelare i legami biologici tra gruppi, che si ritrovano nel corso delle generazioni e nelle diverse regioni. Anche in questo caso interpretare le prove non è semplice. Il potere si delinea nei modelli di residenza postmatrimoniale e di eredità in modi diversi. Inoltre, dice Pope, “non c’è un legame dimostrabile tra ricchezza e potere”.
Nei corredi funerari
Un esempio calzante è l’antica comunità agricola che abitava il sito di Çatalhöyük, nell’odierna Turchia, risalente a novemila anni fa. Gli archeologi ritengono che questo gruppo fosse egualitario, in quanto uomini e donne avevano diete simili e svolgevano tipi di lavoro simili. Ma in un nuovo studio genetico Eren Yüncü della Middle East technical university di Ankara e i suoi colleghi hanno dimostrato che la società era matrilocale e che le giovani donne ricevevano corredi funerari più sontuosi rispetto agli uomini. Questo non significa necessariamente che a
Çatalhöyük le donne avessero una posizione di potere. “Quando muore una giovane donna, il corredo funerario spesso esprime il potenziale riproduttivo perduto”, afferma l’archeologa Katharina Rebay-Salisbury dell’università di Vienna.
Per quanto siano state delle eccezioni, le società matrilocali o matrilineari sono documentate in ogni continente abitato del mondo antico
Per quanto siano state delle eccezioni, le società matrilocali o matrilineari sono ormai documentate in ogni continente abitato del mondo antico. Secondo uno studio del 2022, condotto dal genetista Yue-Chen Liu dell’università di Harvard, i primi gruppi umani a raggiungere le remote isole dell’Oceania, circa tremila anni fa, erano matrilocali. Probabilmente lo erano anche le prime società agricole in Thailandia. E nel 2017 i genetisti hanno individuato un gruppo matrilineare di alto rango vissuto per più di trecento anni nel Chaco Canyon del New Mexico intorno al decimo secolo.Ma c’è un paradosso. “Nelle società matrilocali e matrilineari che abbiamo studiato, le donne non sono mai state leader politiche”, dice Ember. Avevano uno status più elevato e più influenza delle donne delle società patrilocali e patrilineari, ma non prendevano le decisioni, in genere appannaggio dei loro fratelli. Questo ci porta a chiederci cosa intendiamo per potere. Ci sono casi famosi di donne con ruoli di potere e di cui viene enfatizzata la forza fisica e il dominio. La regina egiziana Hatshepsut (quindicesimo secolo aC) sfoggiava insegne regali, commissionò monumenti e cominciò almeno una campagna militare. Nel settimo secolo la sovrana maya K’awiil Ajaw di Cobá guidò un temibile gruppo di guerrieri e statisti e si pensa che abbia costruito una strada di cento chilometri per mostrare la sua autorità. In generale, però, le donne esercitavano il potere in modo diverso dagli uomini.
Lo sottolinea uno studio dell’antropologa politica Paula Sabloff del Santa Fe Institute, nel New Mexico, che ha confrontato i ruoli delle donne di alto rango in otto stati premoderni. Tra quelle esaminate ci sono regine che agirono da reggenti, come Fu Hao della dinastia Shang in Cina, più di tremila anni fa, e donne che presero il posto dei loro mariti, come le mogli di Zimri-Lim, che 1.800 anni prima di Cristo governarono il popolo mari in quella che oggi è la Siria orientale.
Lo studio di Sabloff si estende su cinque continenti, coprendo più di quattromila anni e norme culturali diverse per quanto riguarda l’eredità, la residenza postmatrimoniale e le stesse leader. Eppure l’antropologa ha scoperto che in tutti gli otto stati le donne esercitavano il potere allo stesso modo: influenzando la politica, guidando le azioni di coloro che per grado erano al di sopra e al di sotto di loro, agendo da intermediarie, e trattando con condiscendenza i clienti. “Anche questo è potere”, afferma Rebay-Salisbury.
Diretto e indiretto
Comprendere questa propensione femminile per il soft power conferisce una sfumatura diversa ad alcune recenti scoperte sulla preistoria. Per esempio, un uomo e una donna trovati insieme in una tomba nel sud della Spagna, con accanto trenta manufatti in metalli e pietre preziosi, sono tra i numerosi esempi di coppie che sembrano aver regnato insieme nell’età del bronzo. Potrebbero aver avuto lo stesso status, pur usando le loro capacità di leadership in modi diversi. Oppure due re che hanno governato la cultura celtica di Hallstatt, nel sudovest della Germania, circa 2.500 anni fa. Le loro tombe sono tra le più ricche sepolture della preistoria europea. Una recente analisi dell’aDna rivela che probabilmente erano un nipote e suo zio materno, indicando che li collegava una donna, anche se non era stata sepolta con loro.
Ma non tutto il potere femminile era così indiretto, come dimostrano le nuove scoperte su una tribù celtica. Lo studio, condotto dalla genetista Lara Cassidy del Trinity college di Dublino, in Irlanda, e dai suoi colleghi, ha preso in esame i durotrigi, che abitavano la Gran Bretagna meridionale duemila fa. L’analisi genomica di 57 individui ha dimostrato che la società era matrilocale e matrilineare, con gli uomini che si univano al gruppo dall’esterno, e che le donne erano sepolte con un patrimonio maggiore rispetto alle loro controparti maschili. Inoltre le durotrige presero le armi contro i romani e, secondo gli stessi cronisti romani, le donne celtiche della Britannia erano feroci e libere: la più famosa è Boadicea, che guidò la tribù degli iceni in una rivolta contro gli invasori.
Tuttavia la linea di demarcazione tra potere maschile e femminile non è sempre netta. Circa due millenni fa un individuo fu sepolto su una delle isole Sorlinghe, al largo della costa sudoccidentale della Gran Bretagna, con uno specchio e una spada. “Fino al periodo romano nelle tombe abbiamo trovato solo specchi, che solitamente venivano attribuiti a donne”, afferma Pope. “Mentre nelle tombe maschili si trovano per lo più delle spade”. La combinazione tra i due oggetti ha incuriosito gli archeologi che avevano scoperto la tomba nel 1999, ma si è dovuto aspettare quasi un quarto di secolo prima che l’analisi del dna dimostrasse che l’individuo trovato era biologicamente femmina. Se i suoi corredi funerari riflettevano il suo ruolo nella vita, ha concluso un team guidato dall’osteoarcheologo Simon Mays dell’Historic England, potrebbe essere stata una donna di alto rango che ha partecipato attivamente ai combattimenti.
Ribaltare i luoghi comuni
Lei e le durotrige non sarebbero state le prime donne guerriere. Nell’attuale Armenia ci sono tombe indiscutibilmente di combattenti donne risalenti a tremila anni fa. Nelle steppe dell’Ucraina le sepolture dell’età del ferro identificate come scite includono una donna sepolta con oggetti d’oro e d’argento, frecce e il suo cavallo, facendo pensare che le amazzoni non fossero solo un mito. Anche le valchirie della mitologia scandinava trovano conferma nelle donne vichinghe che si lanciavano in battaglia, in particolare quella di cui sono stati trovati i resti in una tomba a Birka, in Svezia, insieme ad armi tra cui una spada, un’ascia, una lancia e un coltello da battaglia, oltre a due cavalli. Considerati per più di un secolo i resti di un uomo, i genetisti li hanno riassegnati nel 2017.
A mano a mano che le scoperte si accumulano, i ricercatori si chiedono quali altri ruoli solitamente attribuiti agli uomini potrebbero essere stati ricoperti dalle donne in passato, e hanno scoperto che non c’era veramente alcun limite. Nei primi villaggi agricoli messicani le donne supervisionavano le cerimonie per evocare gli antenati. La cosiddetta fanciulla dei ghiacci siberiana, il cui corpo tatuato fu sepolto nelle montagne dell’Altai, in Asia centrale, circa 2.500 anni fa, potrebbe essere stata una leader spirituale di alto rango, una sciamana. E le donne eseguivano rituali sciamanici anche nell’Europa preagricola.
◆ La preistoria è convenzionalmente definita come il periodo che precede l’invenzione della scrittura (intorno al 3.200 aC). Schematizzando viene divisa in tre periodi:
• il paleolitico, o età della pietra antica (da 2,5 milioni di anni fa al diecimila aC);
• il mesolitico, o età della pietra di mezzo (dal diecimila all’ottomila aC);
• il neolitico, o età della pietra nuova (dall’ottomila al tremila aC).
Segue poi, a cavallo tra preistoria e storia, l’età dei metalli: del rame (quinto-terzo millennio aC), del bronzo (2.200-750 aC), del ferro (750-primo secolo aC). Va ricordato che le datazioni, in realtà, cambiano a seconda delle regioni. Treccani
Altre donne preistoriche hanno ribaltato il luogo comune dell’“uomo cacciatore e la donna raccoglitrice”. Una sepoltura con attrezzi da caccia indica la presenza di cacciatrici di grossa selvaggina nelle Americhe novemila anni fa.
Millenni dopo, in Nordamerica le donne indigene fecero da guida ai primi commercianti di pellicce europei. Le antropologhe Sarah Lacy dell’università del Delaware e Cara Ocobock dell’università Notre Dame dell’Indiana, sostengono che le donne furono cacciatrici durante tutto il paleolitico. In un certo senso, dicono, erano più adatte degli uomini per questo compito in particolare grazie a un metabolismo costruito per la resistenza.
Mettendo insieme tutte le prove, sta diventando ormai chiaro che nella storia pochi ruoli sono stati vietati alle donne. Poiché i nuovi strumenti rendono possibile un’analisi più approfondita, i ricercatori si aspettano che emerga una maggiore diversità. È evidente che in passato intere società furono orientate verso l’uguaglianza di genere più di molte società moderne.
I sistemi patriarcali danneggiano sia gli uomini sia le donne, dice Bickle, ma non sono inevitabili, e i nostri concetti di uomo e donna possono essere rivisti.“Il genere non è stabile”, dice. “È soggetto a continui cambiamenti”. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati