Quando nel 2012 lo Zambia entrò nei mercati finanziari internazionali, non si festeggiò solo nella capitale Lusaka. L’allora ministro delle finanze Alexander Chikwanda parlò di un successo sensazionale, gli analisti dissero che era un punto di svolta anche per altri stati africani. Il primo titolo di stato zambiano fu molto richiesto. Oggi, a otto anni di distanza, il paese su cui erano riposte tutte le speranze deve chiedere l’indulgenza degli investitori: lo Zambia è il primo stato africano che non riesce a rispettare gli impegni nei confronti dei creditori privati a causa della pandemia di covid-19. Ora il timore è che anche altri paesi del continente si ritrovino sull’orlo dell’insolvenza. Alla fine di settembre il governo di Lusaka ha dichiarato che gli interessi su tutte e tre le emissioni di titoli di stato in dollari saranno pagati in ritardo, non prima di aprile, mettendo in allarme gli investitori. Il ministro delle finanze Bwalya Ngandu ha cercato di ottenere il sostegno dei creditori. “Un momento di respiro” sarebbe indispensabile per raccogliere i fondi necessari ad affrontare la crisi provocata dalla pandemia, analizzare la situazione finanziaria, instaurare un “dialogo costruttivo e fondato sulla fiducia” e mettere a punto una strategia sulla gestione del debito insieme al Fondo monetario internazionale (Fmi). Gli interessi dovuti ammontano a 120 milioni di dollari. In totale lo Zambia ha preso in prestito tre miliardi di dollari, e i primi titoli di stato scadranno nel 2022.

Lo Zambia è uno dei paesi in via di sviluppo a cui gli stati del G20 (il gruppo delle nazioni più industrializzate del pianeta) ad aprile hanno concesso una sospensione temporanea del debito, ma i rappresentanti del governo, della Banca mondiale e dell’Fmi insistono sul fatto che senza il coinvolgimento dei creditori privati l’iniziativa non può avere successo. Lo Zambia è un caso esemplare. Ha un debito estero di quasi 12 miliardi di dollari, più della metà dei quali è in mano a investitori e stati stranieri, in particolare alla Cina. Secondo i dati ufficiali, in Zambia ci sono stati finora 14.700 contagi da covid-19 e circa 300 morti. Il paese africano soffre di più per il calo dei prezzi delle materie prime: è infatti il secondo maggior produttore al mondo di rame, che rappresenta il 70 per cento delle sue esportazioni. Dall’inizio di marzo anche la moneta nazionale ha perso più del 30 per cento del valore, rendendo il rimborso dei debiti in valuta straniera ancora più difficile.

Lusaka, Zambia, 21 settembre 2020 (Martin Mbangweta, Xinhua/Zuma press/Ansa)

Aeroporti e strade

Ma i problemi finanziari esistevano da prima della pandemia. In dieci anni il debito pubblico zambiano è cresciuto a ritmo sostenuto e, secondo le previsioni della suda­fricana Rmb Bank, raggiungerà il 119 per cento del pil nel 2021. Gran parte di questi soldi è stata spesa in infrastrutture, come aeroporti e strade, finanziate con prestiti cinesi e realizzate da aziende cinesi. Allo stesso tempo quella che un tempo era una delle economie più dinamiche dell’Africa si è bloccata. Il governo guidato dal presidente Edgar Lungu ha perso molta della fiducia su cui poteva contare a causa di alcune decisioni imprudenti. Di recente, per esempio, ha suscitato scalpore l’allontanamento del governatore della banca centrale, rimosso senza alcuna motivazione apparente.

Gli economisti e le agenzie di rating dubitano che il paese possa sottrarsi a una spirale del debito sempre più rapida e che riesca a soddisfare le condizioni richieste dall’Fmi per ricevere aiuti. L’agenzia di rating Fitch ha abbassato il giudizio di affidabilità sul debito pubblico zambiano da CC a C, il penultimo livello prima del fallimento. La decisione è arrivata dopo che il ministro delle finanze ha presentato il bilancio per il 2021 in cui, secondo la Rmb Bank, non ci sarebbero chiari segnali di un consolidamento delle finanze. È anche difficile credere che il governo approvi misure d’austerità a un anno dalle elezioni legislative.

Da sapere
I crediti cinesi

◆ Il 1 ottobre 2020 i creditori stranieri hanno respinto la proposta di ristrutturazione del debito pubblico presentata dallo Zambia. Si sono opposti soprattutto alcuni fondi d’investimento occidentali, come Pharo e Amia Capital, preoccupati che il governo di Lusaka privilegi i creditori cinesi. Il ministro delle finanze Bwalya Ngandu ha ribadito l’impegno di Lusaka a trattare allo stesso modo tutti i creditori. Ma secondo gli investitori, le autorità zambiane non sono sufficientemente chiare sui debiti contratti con Pechino negli ultimi anni. La Cina ha concesso crediti per miliardi di dollari a diversi paesi africani, ma spesso l’ammontare e le condizioni sono poco trasparenti. La maggior parte di questi finanziamenti arriva attraverso la China Export Import Bank (Exim Bank) e la China Development Bank. Sono usati per la costruzione di ferrovie, strade, ponti e porti, voluta soprattutto per agevolare la fornitura di materie prime alla Cina. Financial Times


I creditori dovranno decidere entro il 16 ottobre se accettare il differimento del pagamento degli interessi proposto da Lusaka. Per l’accordo serve una maggioranza di due terzi. L’esito di questa vicenda influirà sulla sorte di altri paesi africani. Secondo Fitch altri quattro stati, oltre allo Zambia, corrono un “rischio reale” d’insolvenza: l’Angola, la Repubblica del Congo, il Gabon e il Mozambico. ◆ nv

Da sapere
Remissione dei debiti

◆ Il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca mondiale hanno invitato la comunità internazionale a cancellare i debiti dei paesi in via di sviluppo. David Malpass, il presidente della Banca mondiale, ha dichiarato che potrebbero esserci conseguenze molto gravi per i paesi più poveri del pianeta: la “pandemia della disuguaglianza”, ha detto Malpass, è un pericolo crescente per la stabilità politica e l’ordine sociale nei paesi in via di sviluppo. Kristalina Georgieva, la direttrice del Fondo monetario internazionale, ha parlato del rischio che i paesi poveri vadano incontro a un “decennio perduto”. Secondo uno studio del Fondo monetario, nel 2020 il rapporto tra debito pubblico e pil nei paesi ricchi è cresciuto in media del 20 per cento, per sostenere l’economia e i cittadini dopo l’esplosione della pandemia di covid-19. Nei paesi poveri l’aumento medio è stato del 7 per cento, e solo una parte di questi soldi è stata usata per la pandemia. La conseguenza è che nel 2021 almeno 150 milioni di persone potrebbero tornare sotto la soglia di povertà, cioè ad avere un reddito inferiore a 1,9 dollari al giorno. Die Tageszeitung


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Questo articolo è uscito sul numero 1379 di Internazionale, a pagina 112. Compra questo numero | Abbonati