“Birdman! Birdman!”. Il grido insegue Rodgers Oloo Magutha mentre percorre una strada nel centro di Nairobi, la capitale del Kenya. I venditori ambulanti interrompono le contrattazioni, i poliziotti distolgono lo sguardo dal traffico e i pedoni si fermano per guardare l’uomo che porta rapaci sulla testa e sulle spalle. I bambini ridono o si ritraggono per la paura mentre la gente scatta foto e video. Magutha vive da anni per le strade di Nairobi. Era uno dei tanti ragazzi che chiedono l’elemosina. L’unica cosa che lo distingue da questa comunità marginalizzata sono gli uccelli che lo circondano. “Tante persone s’impauriscono quando ci avviciniamo”, dice. “Ma quando vedono gli uccelli tutto cambia. Provano ad accarezzarli, scattano foto”.
Magutha si prende cura degli uccelli fin da bambino, e l’ha fatto per anni nelle strade della capitale keniana, rimanendo quasi sconosciuto finché nel 2024 migliaia di giovani hanno invaso il quartiere degli affari nel centro di Nairobi per protestare contro l’aumento dei prezzi e la corruzione del governo, e le immagini di Magutha sono diventate popolari online. Lui è diventato una celebrità locale con il nome di “Nairobi birdman”, l’uomo degli uccelli di Nairobi. Ma in pochi conoscono la sua storia, segnata dalle difficoltà.
“Non cerco mai gli uccelli, sono loro a venire da me”, racconta. Il suo berretto è inclinato sotto il peso di un nibbio che gli si è appollaiato in testa, mentre un altro è aggrappato alla spalla. È seduto sul ciglio della strada a Kayole, un quartiere in periferia in cui si è trasferito di recente, dopo che un estraneo generoso gli ha offerto un alloggio.
La storia di Magutha comincia a Nakuru, una città nella Rift valley considerata un paradiso per i birdwatcher. “M’intrufolavo nel parco nazionale del lago Nakuru e me ne stavo seduto accanto all’acqua a guardare i fenicotteri, i pellicani e altri uccelli”, racconta. A volte li accarezzava, condivideva il cibo con loro e sentiva che si fidavano di lui. “Così mi sono appassionato”, dice.
A casa allevava piccioni, polli, anatre e perfino un fenicottero. Quando aveva 13 anni però è morta all’improvviso sua madre, che lo aveva allevato da sola. Rimasto senza una casa, è passato da un parente all’altro per poi finire in strada. È sopravvissuto a Nakuru, Mombasa e Nairobi chiedendo aiuto ai passanti o rivendendo bottiglie di plastica e rottami.
In ogni città gli abitanti della strada gli si radunavano intorno, attirati da lui proprio come gli uccelli. Nel corso del tempo sono diventati la sua famiglia.
A Nairobi Magutha si è costruito il suo mondo vicino all’edificio degli archivi nazionali del Kenya, nel quartiere degli affari, un punto di ritrovo per chi è senza casa. “Nessuno finisce a vivere in strada perché lo decide”, racconta. “Nella maggior parte dei casi si tratta di persone traumatizzate”. Nelle notti fredde dormire all’aperto è dura e le droghe sono ovunque. “Tutti cercano una via di fuga. Sniffano per dimenticare”, dice riferendosi a chi inala mafta ndege, un solvente economico derivato dal petrolio. La comunità deve inoltre affrontare la repressione della polizia. Magutha, però, vede nelle persone della sua famiglia di strada una bellezza che spesso nemmeno loro intuiscono e cerca di guidare i più giovani insegnandogli tante cose, compreso a leggere e a scrivere.
Il nibbio ferito
Cinque anni fa sotto un albero in Moi avenue lui e i suoi amici stavano condividendo del pollo con le patatine quando è caduto in mezzo a loro un pulcino di nibbio ferito. L’uccellino ha accettato delle briciole del loro pranzo e si è arrampicato sulla mano di Magutha. Tra i due si è creato un legame. Mesi dopo l’ha chiamato Johnson, come il governatore di Nairobi, Johnson Sakaja. “Ai miei occhi era il governatore degli altri uccelli”, ride, mentre i piccioni che ha salvato da allora piombano in picchiata e si posano leggeri sulle sue spalle. L’incontro con Johnson è stato una svolta per Magutha, gli ha dato uno scopo. “È diventato la mia speranza”, dice. Nonostante gli sforzi per liberarlo in natura, l’uccello opponeva resistenza. “Così ho deciso di tenerlo”, dice, mentre il nibbio gli sbatte le ali sulla testa.
◆ 1998 Nasce a Nakuru, in Kenya.
◆ 2011 Sua madre muore all’improvviso e resta senza casa.
◆ 2020 Trova un nibbio ferito e lo accudisce. Da quel giorno gira sempre insieme a quello e ad altri uccelli.
◆ giugno 2024 Resta ferito mentre partecipa alle manifestazioni contro il governo.  
In poco tempo l’hanno raggiunto altri uccelli feriti, malati o rimasti orfani. Nel corso degli anni Magutha si è preso cura di cinque nibbi neri, di corvi, di un gufo, di marabù e di piccioni. Li ha rimessi in sesto prima di liberarli. All’Uhuru park gli insegna a tornare a volare e a cacciare.
Tuttavia Nairobi, che un tempo era famosa per le sue chiome lussureggianti, sta perdendo le sue foreste urbane e, con esse, le case degli uccelli. Intere aree alberate sono state abbattute per lasciare posto a strade e uffici. Per le autorità questo significa progresso, ma gli ambientalisti avvertono che le temperature si alzano, la qualità dell’aria peggiora e aumentano i rischi d’inondazioni. Ogni albero abbattuto provoca la distruzione di nidi e la caduta di pulcini. “Quando cadono i nidi, i piccoli restano abbandonati lì”, spiega Magutha. Finora ha salvato quattro nibbi dalle rovine del paesaggio arboreo che sta sparendo a Nairobi.
Gli uccelli che ha salvato, tra cui un gufo che gli stava appollaiato sulle spalle e un marabù dalle ali rotte che lo seguiva ovunque, hanno fatto diventare Magutha un’attrazione per le strade di Nairobi.
Le proteste esplose nel giugno 2024 hanno attirato un nuovo genere di attenzione nei suoi confronti. I giovani keniani erano furiosi dopo che il presidente William Ruto era arrivato al potere promettendo di creare nuovi posti di lavoro, di frenare il carovita e di erogare prestiti alle piccole imprese, ma poi ha abolito i sussidi e ha proposto di alzare le tasse.
Il 18 giugno dell’anno scorso in parlamento si doveva discutere della nuova legge di bilancio, e lo sdegno che da mesi stava montando in rete si è riversato nelle strade. Mentre i poliziotti si schieravano per strada e i manifestanti si radunavano, Magutha si è svegliato in un edificio abbandonato vicino agli archivi nazionali, dove si era assopito. Non sapeva niente della manifestazione in programma, ma ha deciso di partecipare. Ha attirato subito l’attenzione dei poliziotti. “Quando hanno visto che le persone si affollavano intorno a me hanno pensato che fossi uno dei leader della protesta”, ricorda.
Durante le manifestazioni, proseguite per giorni e duramente represse dalla polizia, Magutha è stato picchiato con bastoni di legno e ha riportato danni alla vista perché è stato colpito alla testa con un proiettile di gomma. La polizia gli ha lanciato un lacrimogeno sulla gamba, facendolo cadere in ginocchio per terra. Nelle immagini si vedono i suoi rapaci aggrapparsi a lui, rifiutandosi di staccarsi anche quando i soccorritori cercavano di scacciarli.
Le immagini di Magutha alle proteste sono circolate molto online. La sua fama però non gli ha dato nuove opportunità. “È come essere diventati visibili e, al tempo stesso, essere rimasti invisibili”, dice. Nonostante l’attenzione, la vita resta dura. La sua notorietà ha inoltre alimentato tensioni nella sua famiglia di strada.
All’inizio dell’anno un benefattore l’ha invitato a stare a casa sua a Kayole, gli ha prestato un telefono e gli ha dato accesso al wifi. Così ha cominciato a fare dei contenuti per i social media: ha aperto dei profili su Instagram, YouTube e TikTok, dove condivide video in cui, insieme ai suoi uccelli, ripulisce dai rifiuti il vicino fiume Ngong e pianta alberi lungo le sponde. I bambini lo seguono come un secondo gregge. Magutha, però, continua a vivere nelle ristrettezze. Per guadagnare qualcosa passa le giornate nella discarica di Kayole a separare la plastica da cumuli di rifiuti, un’attività per cui di rado guadagna più di due dollari al giorno.
Di recente le difficoltà economiche l’hanno costretto a liberare il marabù, il gufo e diversi nibbi prima che fossero pronti a separarsi da lui. Adesso tiene solo uno dei suoi nibbi, Jamie, per fare compagnia a Johnson, e si prende cura di tre piccioni. Sogna di poter costruire un giorno un rifugio a Nairobi che salvi sia le persone sia gli uccelli.
Al centro del suo sogno c’è una filosofia semplice: l’amore. “Tutti mi chiedono come faccio ad addomesticare questi uccelli selvatici. Basta solo mostrargli amore”, dice. “Quando li fai sentire al sicuro, ti restituiscono amore. Vale per gli uccelli e per le persone”. ◆ gim
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati
 
			 
            
                     
                     
                     
                     
	                 
	                 
	                 
            