Nell’estate del 2019 Neeraj Kumar, uno studente di 23 anni, salì su un treno notturno da New Delhi a Patna, nell’India orientale. Una cuccetta non se la poteva permettere, perciò aveva messo in conto di dormire sul pavimento durante le sedici ore di viaggio. Il disagio non lo preoccupava: stava per entrare nella classe media.

Kumar era cresciuto in un villaggio a poche centinaia di chilometri a est di Pat­na. La sua era una famiglia di contadini poveri, di casta bassa. La scuola del villaggio era così spartana che i bambini avevano sacchi di fertilizzante al posto delle sedie. Kumar era un ragazzo brillante e voleva fare qualcosa di meglio nella vita. All’inizio sognava di diventare calciatore, ma poi aveva deciso che voleva fare l’ingegnere, come un suo cugino più grande.

Nel 2015 si era iscritto a un’università statale d’ingegneria nel Rajasthan. Improvvisamente la sua vita si era trasformata. Invece di giocare nel fango con i ragazzi del villaggio, faceva partite di badminton dopo le lezioni e al tramonto passeggiava nel parco con i compagni, discutendo degli ultimi film. Gli piaceva il cinema politico, le storie che denunciavano le ingiustizie che lui stesso aveva subìto da ragazzo di una casta bassa. Gli eroi di quei film sembravano sfidare il destino.

Istruttori e simulazioni

Dopo la laurea Kumar si era trasferito a New Delhi per affrontare il concorso ferocemente competitivo che bisogna superare per diventare ingegnere statale e lavorare nella pubblica amministrazione. Era un’impresa difficile, ma lui era determinato. Per un po’ il padre gli aveva mandato dei soldi per pagare vitto e alloggio, in modo che potesse dedicarsi a tempo pieno alla preparazione degli esami. Ma dopo qualche mese sua sorella si era fidanzata e i versamenti si erano interrotti. I matrimoni in India sono costosi, e la famiglia non poteva permettersi di finanziare il futuro di entrambi i figli.

Kumar doveva valutare le sue possibilità. Aveva sentito dire che il ministero delle ferrovie offriva molti più posti di lavoro della pubblica amministrazione. Forse avrebbe dovuto provare a sostenere gli esami di ammissione. Diventare assistente macchinista non era il suo sogno. Ma era un vero lavoro, e sembrava raggiungibile.

Fece domanda nel 2018, ma combinò un pasticcio perché non riuscì a mettere in ordine i documenti della laurea. Un amico gli suggerì di aspettare la tornata di esami successiva a Musallahpur Haat, un sobborgo di Patna dove si concentravano decine di centri di preparazione e gli affitti erano economici.

Kumar, un incorreggibile ottimista, si sentì rinascere. Convinse il padre a racimolare una piccola somma mensile che gli permettesse di vivere a Musallahpur, molto meno cara di New Delhi.

Era la stagione dei monsoni quando il suo treno arrivò alla stazione di Patna Junc­tion. La pioggia scrosciava attraverso la grata metallica che consentiva la ventilazione del suo lurido scompartimento. Scese, lieto di sfuggire all’odore di fritto e sudore, e percorse la banchina passando accanto alle carrozze più costose, con l’aria condizionata. Questi vagoni, che gli indiani chiamano Ac, hanno finestre sigillate e tendine. Kumar non ci aveva mai messo piede. “I miei figli se la passeranno meglio”, pensò. “Quando lavorerò nelle ferrovie, viaggeranno sempre in Ac”.

Per arrivare a Musallahpur dovette prendere un risciò: i taxi si rifiutavano di andarci dal momento che le strade piene di buche erano affollate di studenti. L’autista suonava furiosamente il clacson perché ondate di ragazzi invadevano la carreggiata. Ai lati della strada si vendevano montagne di manuali e libri di esercizi. Era una strana città studentesca: non c’erano bar né manifesti di concerti o conferenze. A Musallahpur gli unici eventi pubblicizzati erano le simulazioni d’esame. Su altri cartelloni campeggiavano i volti degli istruttori, severi ma benevoli. Dietro la via principale si apriva un labirinto di vicoli brulicanti di aule e biblioteche.

Oggi a Musallahpur circa mezzo milione di studenti si prepara per i concorsi pubblici. L’intensità dell’impegno è la stessa che si potrebbe trovare tra chi sgobba per gli esami della pubblica amministrazione a New Delhi, ma a Musallahpur i giovani appartengono per lo più a famiglie povere e puntano a posizioni di basso livello. Molti vogliono affrontare i test di selezione delle ferrovie, altri studiano per altre istituzioni del settore pubblico, come la polizia o le banche statali (spesso partecipano a più concorsi contemporaneamente).

Per la maggior parte dei dipartimenti statali, i test iniziali sono simili e hanno poca attinenza con il lavoro in gioco. Aspiranti controllori e macchinisti devono superare quiz a risposta multipla di attualità, logica, matematica e scienze. Potrebbero dover sapere chi ha inventato JavaScript, qual è l’elemento più abbondante nella crosta terrestre oppure “qual è il più piccolo numero intero per a se a456 è divisibile per 11”. Gli studenti non sanno quando la loro preparazione sarà messa alla prova, perché gli esami non hanno un calendario fisso.

Kumar raggiunse la stanza spoglia senza finestre che gli aveva trovato un amico e si mise a studiare. Ogni pochi giorni controllava il sito del ministero delle ferrovie per vedere se era stata fissata la data degli esami. I giorni diventarono settimane, poi mesi. Quando esplose la pandemia di covid-19, Kumar ridusse le aspettative: ovviamente ci sarebbero stati ritardi. Il programma sembrava infinito e lui continuava a studiare, facendo la spola tra biblioteche, lezioni di ripasso e simulazioni. A un certo punto si accorse di essere rimasto a Musallahpur quasi sei anni, e con l’avvicinarsi dei trent’anni, cominciava a temere di non avere più tempo. Per i concorsi ferroviari c’è un limite d’età, e per quelli che stava preparando è appunto di trent’anni. Come candidato di casta bassa poteva estendere questo termine di tre anni. I genitori lo spingevano a prendere in considerazione carriere alternative, ma lui li convinse a pazientare. Il padre, che faticava a mandargli una somma mensile, vendette controvoglia una parte delle terre di famiglia per aiutarlo, e Kumar sprofondò ancora di più nello studio.

Verso la fine del 2024 seppe da un amico che era stata annunciata la data dell’esame. Controllò il sito del ministero: 27 novembre 2024. Nel giro di poche settimane sarebbe arrivato il momento per cui si preparava da anni.

Folle oceaniche

Da quando l’India ha cominciato a liberalizzare l’economia, negli anni novanta, il pil pro capite è cresciuto di otto volte. Oggi il paese ha l’economia in più rapida crescita al mondo. Eppure molti laureati non riescono a trovare un impiego. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), quasi un terzo è disoccupato. I colloqui aperti attirano folle oceaniche. All’inizio di quest’anno è diventato virale un video che mostrava migliaia di ingegneri in fila per presentare la propria candidatura a un’azienda di Pune, nell’India occidentale (i mezzi d’informazione hanno riferito che le posizioni disponibili erano solo cento). Della disoccupazione in parte si può accusare il sistema educativo, con i suoi programmi obsoleti e la tendenza a privilegiare l’apprendimento mnemonico rispetto al pensiero critico. Ciò non toglie che il settore privato non crea abbastanza posti di lavoro per il numero sempre maggiore di laureati, mentre il settore pubblico continua a ridurre il personale.

Nonostante la retorica sul nuovo spirito imprenditoriale indiano, i lavori statali restano ostinatamente popolari. Promettono un contratto a vita, indipendentemente dalla competenza, in netto contrasto con la precarietà del settore privato. Prevedono pensioni e altri benefit. A volte offrono l’opportunità di arrotondare i guadagni con le bustarelle. La società indiana ha un particolare rispetto per i posti di lavoro nel settore pubblico. Gli sposi che li occupano possono chiedere doti più alte alle famiglie delle spose. “Se a una festa di nozze dici che hai un lavoro statale, la gente ti guarda in modo diverso”, dice Abhishek Singh, un tutor di Musallahpur.

Malgrado la retorica sul nuovo spirito imprenditoriale indiano, i lavori statali restano ostinatamente popolari

Quelli nelle ferrovie, in particolare, conservano un certo prestigio. L’area davanti alla stazione di Patna Junction è dominata da una locomotiva a vapore dismessa, con corrimano e ringhiere giallo acceso. Ribattezzata “santo di Sabarmati” (dall’appellativo del mahatma Gandhi), resta esposta come testimonianza della complicata storia d’amore dell’India con i treni.

La fermata di Patna si trovava su una delle prime grandi linee costruite dai britannici nel 1862 e collegava le miniere di carbone del Bengala con la capitale di allora, Calcutta. All’inizio i treni furono accolti con sospetto. La gente del posto non riusciva a capire come potessero attraversare il paese a quella velocità. Circolava la voce che fossero in qualche modo alimentati da vittime di rapimenti, catturate di notte e sepolte sotto le traversine. Le ferrovie erano gestite soprattutto da aziende britanniche e il loro scopo principale era agevolare il commercio con la metropoli coloniale. Ma aprirono anche nuove possibilità per gli affari e gli scambi culturali all’interno dell’India, promuovendo la prosperità dei distretti collegati alla rete. Nel 1947, dopo l’indipendenza, le ferrovie furono nazionalizzate, e il ministero delle ferrovie diventò un importante dicastero statale, che offriva ai dipendenti una gamma straordinaria di vantaggi. Oltre alla pensione, potevano aspettarsi bonus, alloggi o affitti ridotti, un’assicurazione sanitaria, viaggi gratuiti e la possibilità di giocare a cricket (Mahendra Singh Dhoni, l’ex capitano della nazionale indiana, cominciò la sua carriera come controllore dei biglietti giocando per una squadra ferroviaria regionale).

Neha Bharti, 26 anni, studia per i concorsi ferroviari e ricorda i privilegi concessi a suo nonno, capostazione ad Amritsar. Quand’era piccola, al momento di salire su un treno le bastava nominare il nonno e le permettevano di viaggiare senza biglietto. Uno dei suoi primi ricordi è di quando da bambina entrava nel bungalow con due stanze da letto che avevano assegnato al nonno accanto alla stazione: le sembrava un palazzo. “Aveva perfino dei domestici che pulivano la casa e servivano a tavola”, racconta. “Ogni volta che entravo nel suo ufficio, tutti mi trattavano con rispetto”.

Ai tempi del nonno, un lavoro nelle ferrovie probabilmente si otteneva con il clientelismo. Negli anni ottanta il ministero standardizzò le procedure di assunzione e introdusse gradualmente i concorsi nazionali. Oggi impiega 1,2 milioni di persone. Molte hanno posizioni di basso livello: posatori di binari, addetti alla ristorazione, controllori e impiegati che tengono in funzione i 70mila chilometri della rete.

I salari per questi lavori sono modesti, anche se tuttora significativamente superiori alla media nazionale. Lo stipendio mensile di un ispettore è di 60mila rupie, circa seicento euro. Le pensioni non sono più quelle di un tempo. Ma tutto questo non sembra scoraggiare chi aspira a ottenere il posto. Nell’ultimo concorso ne erano disponibili circa 90mila e si sono presentati quasi trenta milioni di candidati. Per alcuni impieghi, come quello di vicecontrollore, le probabilità di vincere sono meno di una su 1.800.

Il ministero delle ferrovie sostiene che i suoi test d’ingresso sono preparati da una commissione di esperti “sulla base del titolo di studio, dei criteri di idoneità e del profilo lavorativo richiesto”, ma in pratica funzionano come un meccanismo di scrematura piuttosto arbitrario per un volume di candidature altrimenti ingestibile.

A Musallahpur, la concentrazione di tante speranze in un imbuto così stretto crea un’atmosfera particolare. Le vite sono allo stesso tempo sospese e accelerate. Gli studenti che hanno chiesto sacrifici alle famiglie si sentono in colpa se sprecano tempo in attività diverse dallo studio.

La socialità è minima: dopo le lezioni la gente si ferma un minuto o due a chiacchierare davanti a una bancarella di tè, poi corre verso le biblioteche. Queste sono poco più che stanze con una connessione internet e una scrivania dove, per poche centinaia di rupie, si può studiare con l’aria condizionata per sei ore. Sono aperte tutto il giorno, con tariffe scontate di notte. Molti restano a guardare tutorial online fino alle ore piccole, i volti tremolanti alla luce blu dei cellulari.

Anche i pasti si svolgono nel modo più rapido e funzionale possibile. Gli studenti comprano un puri alle bancarelle e se lo infilano in bocca tra una sessione e l’altra in biblioteca, annaffiando il cibo con succo di canna da zucchero preparato ai bordi della strada. Quando ci sono sbalzi di tensione e piovono scintille dai trasformatori sopra il selciato, nessuno si ferma a guardare. In giro i bambini sono rari. Anche se molti vivono a Musallahpur per anni, non è un posto dove costruirsi una famiglia.

La Khan academy a Musallahpur, Patna. India, 24 marzo 2025  (Ruhani Kaur, The Economist)

La star dei tutor

Una mattina del 2024 circa tremila studenti gremivano un’aula simile a un piccolo hangar per ascoltare l’istruttore più popolare di Musallahpur. Si fa chiamare Khan Sir. Le prime file erano occupate da giovani donne, tre o quattro per banco; dietro sedevano migliaia di colleghi maschi. Chi non aveva trovato posto si allineava nei corridoi o si appoggiava alle pareti. La lezione era trasmessa in diretta sull’app di Khan Sir e proiettata in altre due aule del centro Khan global studies. Chi era seduto in fondo poteva seguirla anche su quattro enormi schermi appesi al soffitto.

Khan Sir, un uomo bassetto e poco più che trentenne, con barba curata e guance tonde, stava preparando gli studenti alle domande di attualità. Sulla lavagna bianca dietro di lui aveva proiettato una mappa del mondo e ora indicava il Medio Oriente con un puntatore laser. “Quando arriva la primavera, tutti sentiamo che è ora di mettere via scialli e coperte”, ha attaccato parlando in hindi. “Così, quando nei paesi arabi è accaduto qualcosa di grosso, l’hanno chiamato primavera araba. E ha portato al caos assoluto. È partita dalla Tunisia. Dove è cominciata la primavera araba?”.

“In Tunisia”, risponde la classe all’unisono.

Sui cartelloni pubblicitari di Musallahpur, Khan Sir appare più spesso di ogni altro tutor. Il suo canale YouTube ha 25 milioni di iscritti e gli studenti arrivano da tutto il paese per ascoltarlo dal vivo. Quando Kumar ha visto per la prima volta un video di Khan Sir sul cellulare, ne è stato entusiasta. Non riusciva a credere che un uomo con le sue stesse inflessioni da ragazzo di campagna potesse essere così brillante e sicuro di sé. È questa la chiave della popolarità di Khan Sir. Gli esami, stampati in inglese e in hindi, sono scritti nello stile formale di un vecchio esame di ammissione a Oxford o Cambridge. Ma molti candidati sono usciti dall’analfabetismo da una sola generazione e s’informano su YouTube. Khan Sir colma il divario, spiegando argomenti come il moto di Newton o la politica commerciale di Trump con metafore casalinghe e battute paterne (quando espone un modulo di scienze dice che la scala dei decibel va dalla soglia dell’udito umano a “tua moglie!”). Pur essendo uno dei volti più celebri dell’India, Khan Sir è estremamente cauto nel condividere informazioni personali. Il suo vero nome è stato divulgato dai mezzi d’informazione indiani, ma lui si rifiuta di confermarlo. Date le tensioni politiche e religiose nel paese preferisce che nessuno sappia da dove viene e cosa pensa.

È preoccupato per gli studenti che trascorrono anni a ripassare invece di fare esperienze e stabilire contatti nel mondo del lavoro

Domande oscure

Come molti altri tutor di Musallahpur, Khan Sir è entrato in questo settore dopo un tentativo fallito di ottenere un posto pubblico: alcuni anni fa aveva superato l’esame di ammissione all’esercito, ma non le prove fisiche. Demoralizzato, aveva trovato lavoro come saldatore a Patna. Quando si accorse di tutti gli studenti pieni di speranze che volevano affrontare i concorsi pubblici, pensò che valeva la pena di provare con l’insegnamento. Pian piano si è creato un seguito. Durante la pandemia si è spostato online e ha aperto un canale YouTube. Oltre all’app, il suo impero ora comprende manuali firmati e sei centri di preparazione sparsi in varie zone dell’India.

Non insegna una materia in particolare, perché ai concorsi le domande spaziano su varie discipline. A seconda del lavoro scelto, il candidato potrebbe dover affrontare anche un test tecnico più specialistico o una prova fisica. Molti impieghi, inoltre, prevedono un colloquio finale.

La difficoltà delle domande è variabile: alcune sembrano un ragionevole test di preparazione scolastica, altre sono quasi comicamente oscure. In questo seguono la lunga tradizione degli esami pubblici introdotti dai britannici. Durante l’impero, i posti amministrativi più appetibili erano riservati ai maschi bianchi, e si ottenevano tramite conoscenze o clientelismo. Alla metà dell’ottocento il governo adottò un sistema di esami competitivi che teoricamente erano aperti a tutti i sudditi britannici, indiani compresi. Gli esami rendevano più difficile ai raccomandati incompetenti procurarsi un impiego, ma allo stesso tempo escludevano molti indiani, perché le domande sembravano spesso richiedere un’istruzione classica di stampo britannico (e la possibilità di recarsi a Londra, dove fino agli anni venti del secolo scorso si tenevano le prove). Ai candidati si poteva chiedere di tradurre Cicerone o di dissertare sulla poesia scozzese del quindicesimo secolo.

Oggi per entrare nelle ferrovie i candidati devono superare dei quiz a risposta multipla invece di scrivere un tema. Ma gli esami possono comunque essere durissimi. Chi aspira a diventare assistente macchinista potrebbe trovarsi domande del tipo:

Le domande di attualità sono così casuali che a volte sembrano concepite per mantenere i candidati in un purgatorio permanente di ripasso. È difficile capire quando la preparazione è adeguata se possono farti domande come “chi ha enunciato il principio omeopatico similia similibus curantur?” oppure “nel novembre 2020 quanti paesi aderivano all’Organizzazione mondiale del commercio?”.

I centri di preparazione come quello di Khan Sir vendono una gamma di servizi per rendere meno scoraggiante la necessità di queste conoscenze. Per un prezzo ragionevole – un corso online di tre mesi costa circa 750 rupie, poco più di sette euro – l’offerta comprende piccole sessioni di gruppo per chiarire i dubbi (in cui gli studenti possono confessare di non aver capito le domande), lezioni online di sei ore in prossimità degli esami, chiamate “maratone”, e prove simulate. Anche con una preparazione scrupolosa, molti studenti non riescono a raggiungere il punteggio minimo, che cambia ogni volta. E spesso restano a Musallahpur ad aspettare una nuova tornata di esami, cosa che può richiedere anni.

Nel 2022 erano stati indetti i concorsi per dei posti nelle cosiddette “categorie popolari non tecniche”, che comprendono i controllori dei biglietti. Dopo aver raccolto le prove, le autorità annunciarono che i candidati dovevano sostenere un ulteriore esame. Gli studenti erano furiosi. Scoppiarono rivolte in tutto lo stato: i manifestanti occuparono i binari e incendiarono un treno.

Questa disperazione alimenta una sgradevole attività ai margini dell’industria della preparazione agli esami: i brogli. È risaputo che in certi casi le prove sono trapelate in anticipo. Secondo Khan Sir alcuni di questi test si vendono sottobanco per decine di migliaia di dollari. Le conseguenze possono essere catastrofiche. Se si riscontra un’irregolarità gli esami rischiano di essere annullati, costringendo le persone ad attendere un tempo indefinito per avere un’altra possibilità di sostenerli. A quanto pare nel dicembre 2024 è trapelato uno dei test del concorso di ammissione della Bihar public service commission e alcuni esami sono stati cancellati. Poco dopo, uno studente di Musallahpur che voleva sostenere uno degli esami cancellati è stato trovato impiccato al ventilatore da soffitto della sua stanza.

Era uno degli allievi più promettenti di Khan Sir, che ha partecipato al funerale. Nei video dell’evento, il semidio di Patna appare stranamente smarrito e vulnerabile mentre aiuta la famiglia del ragazzo a stendere i teli sul suo corpo. “È stato un momento di profonda impotenza per me”, ricorda.

Neeraj Kumar nell’appartamento che ha preso in affitto vicino a Musallahpur. India, 23 marzo 2025 (Ruhani Kaur, The Economist)

Dopo la morte dello studente Khan Sir ha cominciato una battaglia personale contro il furto dei testi e i brogli. Si è rivolto all’alta corte chiedendo la pubblicazione delle riprese televisive a circuito chiuso di tutte le aule d’esame, in modo da smascherare chi controlla le risposte su documenti trapelati. L’ufficio di Khan Sir è stracolmo di pacchi di cartoline bianche, perché vuole chiedere ai suoi allievi di spedirle all’alta corte a sostegno della petizione. “Se non combatto per loro, Dio non mi perdonerà mai”, dice.

Altri tutor provano a convincere gli studenti a cercare un’alternativa al posto nelle ferrovie. Abhishek Singh lavora in un centro di preparazione, Platform, specializzato nell’aiuto per superare i concorsi ferroviari. È preoccupato per gli studenti che trascorrono anni a ripassare invece di fare esperienze e creare contatti nel mondo del lavoro. Neppure la preparazione più scrupolosa garantisce il successo. “Bisogna trovare un piano per il futuro, perché è un gioco”, ammonisce. “E un gioco si può vincere, ma anche perdere”.

Ma le speranze degli studenti sono tenaci. Per Bharti, la nipote del capostazione, questa è l’unica via di salvezza. Prima di trasferirsi a Musallahpur si sentiva in trappola. Lavorava come infermiera, con grande disappunto della sua famiglia, che voleva vederla sposata. Nel piccolo ospedale privato dov’era impiegata i medici facevano continuamente commenti allusivi e cercavano di sorprenderla da sola. Non sapeva a chi rivolgersi. Poi ha visto uno dei video di Khan Sir su YouTube e ne è rimasta conquistata: con il suo aiuto, era sicura di riuscire a superare gli esami e ottenere un posto statale. Nel 2022 si è trasferita a Patna e ha fatto domanda per diventare controllora. Non ha superato l’esame, ma si è detta che avrebbe studiato ancora di più per la tornata successiva. Tre anni dopo, quando siamo state a Patna, stava ancora aspettando una seconda occasione. Poco prima suo padre le aveva dato un ultimatum: trovare un lavoro nelle ferrovie entro sei mesi o tornare a casa a sposarsi. Ogni volta che torna al suo villaggio percepisce la vita soffocante che l’aspetta, e sente restringersi l’orizzonte. “Quando torno a casa mi piace guardare i video di Khan Sir, per ricordarmi cosa si prova a Patna”, dice. “Ho lottato con mio padre. Ho lottato con i miei fratelli per venire qui. E non chiedo una sola rupia. Guadagnerò tutto da sola. Datemi solo una possibilità”.

Avanti e indietro

Chi riesce a superare il durissimo processo di selezione può scoprire che un lavoro nelle ferrovie è deludente. I controllori sgomitano per ore a farsi largo negli stretti corridoi dei vagoni letto, il pilastro del sistema ferroviario indiano. Tre letti sono impilati l’uno sull’altro da entrambi i lati. Molte delle persone stipate sui sedili tra le cuccette vengono dalla scatola di sardine della seconda classe, un gradino sotto il vagone letto, e sperano di cavarsela senza pagare il biglietto più caro. I venditori sfilano nei corridoi con ceci fritti, tè e caffè istantaneo. Ventilatori rumorosi smuovono l’aria calda senza abbassare granché la temperatura. Quando arrivano i controllori, con le loro nitide uniformi bianche e nere, le persone cominciano a mercanteggiare sugli sconti per le cuccette non occupate o sull’entità della multa che devono pagare per essersi sedute nella carrozza sbagliata. Rakesh, trent’anni, è un controllore su una tratta a lunga distanza. Percorre le carrozze avanti e indietro per otto ore, poi aspetta un treno che lo riporti a casa. A volte resta bloccato in una stazione fino a dodici ore, che non sono calcolate come straordinari. Rakesh ha studiato più di due anni per ottenere un posto nelle ferrovie. Ora se ne pente. Odia passare tanto tempo lontano dalla moglie, a volte non può nemmeno prendersi i giorni delle festività religiose. Pensa solo a come scappare da questo lavoro, ma non può permettersi di lasciarlo.

Dopo una laurea triennale e sei anni di studio potrebbe diventare un addetto alla manutenzione dei binari

Pradeep in teoria ha una posizione più prestigiosa. Ha superato gli esami per diventare macchinista quindici anni fa e ora lavora sui treni merci. I suoi turni dovrebbero essere di otto ore, ma dice che arrivano sistematicamente a dodici e a volte a venti. Tanti treni non hanno l’aria condizionata, e nella cabina di guida il caldo è insopportabile. Spesso non c’è un bagno. Dopo il turno deve aspettare fino a sessanta ore un altro treno merci per avere un passaggio e tornare a casa. “Non è certo un lavoro comodo”, dice Ashok Kumar Raut, macchinista e leader sindacale a Pat­na. “Le ferrovie stanno seguendo i binari della cultura aziendale. Ci sono più treni, il carico di lavoro cresce, ma il personale continua a diminuire”.

Per molto tempo la gestione delle ferrovie indiane è stata notoriamente pessima: un’enorme burocrazia centralizzata rendeva inefficienti molti servizi, mentre le politiche populiste mantenevano artificialmente bassi i prezzi dei biglietti, con la conseguenza che gli investimenti erano insufficienti. Il trasporto merci era costoso e lento. Nel 2015 un comitato governativo ha chiesto grandi riforme, tra cui tagli ai costi e una maggiore compartecipazione del settore privato.

Negli otto anni successivi il ministero delle ferrovie ha cancellato più di settantamila posizioni amministrative e di basso livello, ed è stato accusato di cercare di ridurre ulteriormente i costi lasciando volutamente vacanti i posti da macchinista quando qualcuno se ne va (il ministero non ha risposto alla richiesta di commentare le critiche riportate in questo articolo). Allo stesso tempo sono stati fatti seri tentativi di migliorare il servizio, con investimenti significativi in nuove linee, comprese due dedicate ai treni merci che, una volta ultimate, dovrebbero alleggerire le tratte più trafficate. Ma Raut, il leader sindacale, sostiene che le condizioni di lavoro ora sono così sfavorevoli da non meritare più tanti sforzi. “Sconsiglierei ai giovani di passare cinque, sei o addirittura dieci dei loro anni d’oro a prepararsi per le ferrovie”, dice. “Devono scegliere qualcos’altro”.

La volta buona

La routine di Kumar ormai è la stessa da tempo. Ogni mattina prepara il daal per la giornata, poi attraversa la città per andare in biblioteca. Non frequenta più le lezioni di gruppo, trova più utile esercitarsi da solo con vecchie prove d’esame.

A fine giornata torna nella stanza che divide con un altro studente, dove le pareti azzurre sono illuminate da un unico tubo al neon. Di fronte al letto sono appese una mappa del mondo e una tavola periodica. Mangia, si prepara una bevanda di ceci e poi affronta qualche esercizio di matematica. Quando smette di studiare è già mezzanotte.

La vita a Patna gli è costata cara. Gli è venuto il diabete e ritiene che sia colpa dell’ansia e dello stress. Uno dei motivi per cui voleva un lavoro statale era rendersi più desiderabile come marito; ora si sente terribilmente solo. Gli studenti a volte passeggiano al Gandhi Maidan, un parco pubblico di Patna, dove è risaputo che nascono amori clandestini. Ma Kumar non socializza. Non può permettersi di invitare fuori una ragazza o di interrompere lo studio. Si era preparato per i concorsi da ingegnere junior e assistente macchinista, ma ha deciso di candidarsi anche per i posti di livello più basso, i ruoli del gruppo d, per aumentare le opportunità di ottenere qualcosa. Dopo una laurea triennale e sei anni di studio a Patna potrebbe diventare un addetto alla manutenzione dei binari. “Non avrei mai immaginato che potesse finire così”, commenta malinconicamente.

Eppure non cambierebbe nulla. A pochi minuti dalla sua stanza a Musallahpur è appena stato costruito uno scintillante centro commerciale. Ci sono posti di lavoro disponibili che pagano quasi quanto potrebbe guadagnare in un ruolo di gruppo d. Ma Kumar rifiuta l’idea di diventare barista. “Ho una laurea a indirizzo tecnico”, dice. “La mia famiglia non ha fatto tanti sacrifici perché io vada a sfacchinare in un bar. Ci lavorano solo quelli che non hanno altra scelta”. Nessuno della generazione dei suoi genitori avrebbe rispetto per un barista. Ma un lavoro nelle ferrovie lo ammirano, o almeno lo capiscono.

In Kumar c’è un idealismo ostinato che a volte sfiora l’autosabotaggio. La prima volta che ha cercato di ottenere un lavoro nelle ferrovie, nel 2018, sapeva di dover ripetere uno degli esami universitari per completare la domanda. In quel periodo era coinvolto nelle proteste a New Delhi contro i brogli nei concorsi pubblici. Non stava neppure cercando di partecipare a quegli esami, ma si era lasciato trascinare da quel senso di ingiustizia collettivo. Quando arrivò il momento di ripetere l’esame, sentì di non poter abbandonare i compagni. Avrebbe potuto candidarsi al prossimo concorso delle ferrovie, ragionò, che sicuramente sarebbe stato bandito molto presto. Ora cerca di non pensare troppo a quella decisione. Ci sono molte cose a cui non vuole più pensare.

Nel novembre 2024 Kumar era pronto a sostenere finalmente il concorso. La sede degli esami era nella città di Darbhanga, a diverse ore di treno. Sapeva che per arrivare puntuale e trovare un posto dove dormire doveva partire la sera prima.

Si è presentato alla stazione di Patna solo con una coperta, un lenzuolo e un sacchetto di plastica con del roti per il viaggio. Non aveva portato i libri. Tutto quello che doveva sapere era nella sua testa. I suoi genitori gli hanno telefonato per augurargli buona fortuna, ma lui era in una specie di trance e a malapena riusciva a parlare. Ha trovato un posto per dormire da un amico e la mattina dopo è andato alla sede dell’esame. Era un edificio di tre piani alla fine di un vicoletto, protetto da barriere metalliche. Gli studenti si accalcavano fuori, in attesa di consegnare le borse alle guardie dietro di loro. Una jeep della polizia li controllava a poca distanza.

Appena fuori delle barriere alcuni venditori intraprendenti erano seduti con laptop e stampanti per riprodurre i documenti d’iscrizione che qualcuno poteva aver dimenticato. Le famiglie si agitavano intorno ai candidati che indugiavano ancora. Kumar li ha superati in fretta. Stavolta i suoi documenti erano in ordine.

È stato strano partecipare all’esame vero e proprio. Negli anni aveva sostenuto tante di quelle prove simulate che tutto gli appariva irreale. Le domande gli sono sembrate pericolosamente facili e ha dovuto imporsi un ritmo. Ma anche così ha risposto a tutto con 15 minuti di anticipo. Non poteva fare altro che tornare sulle domande, verificando ogni possibile risposta. Dopo aver ricontrollato tutto, ha lanciato un’occhiata agli altri candidati. Sedevano in silenzio, con gli occhi bassi, e per la prima volta da mesi Kumar si è concesso di sperare. Forse questa volta la sua fortuna sarebbe cambiata (a luglio Kumar ha saputo di aver passato l’esame). ◆ gc

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Questo articolo è uscito sul numero 1636 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati