Tra i punti sui quali da decenni insiste l’estrema destra che oggi guadagna posizioni in molti paesi c’è la lotta contro l’immigrazione. L’argomento secondo cui l’accoglienza degli stranieri minaccia la società di uno stato nazionale, in particolare la sua parte più fragile, è diventato talmente egemone che anche una parte del centrosinistra l’ha rivendicato e lo rivendica. Mentre si moltiplicano ricerche che sfatano la maggior parte dei luoghi comuni sull’immigrazione (presentate per esempio da Hein de Hass, Migrazioni. La verità oltre le ideologie, Einaudi), esce questo pamphlet che attacca chi si oppone ai movimenti delle persone con una tesi semplice e forte: insistere sulla differenza tra nativi e migranti serve a nascondere le differenze di classe. Lo ha scritto, raccogliendo tre articoli incisivi, Lea Ypi, politologa albanese che insegna alla London school of economics. Secondo lei, nel contesto del capitalismo di oggi, gli stati concedono i diritti di cittadinanza solo ai più ricchi, ampliando i divari di classe, cancellando secoli di politiche tese a favorire l’uguaglianza e facendo regredire il mondo a una situazione simile a quella dell’ancièn régime in cui la cittadinanza non era un diritto garantito, ma si ereditava e si poteva comperare. Solo prendendo in considerazione le differenze di classe la sinistra può sperare di minare il discorso egemone e riguadagnare posizioni. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati