Intanto in Italia. Il ministro dell’interno Matteo Piantedosi nomina Filippo Ferri questore di Monza. Dovrebbe entrare in carica il 1 giugno.
L’agenzia Ansa informa che centinaia di “esponenti della società civile brianzola” hanno chiesto al ministro “di riconsiderare la scelta”. Ilaria Cucchi ha presentato un’interrogazione parlamentare: “Affidare la responsabilità della sicurezza pubblica a chi ha disonorato la divisa significa legittimare una cultura della menzogna inaccettabile”.
Nel luglio del 2001 Ferri era a capo della squadra mobile della Spezia. Lui e i suoi agenti, insieme ad altri, fecero irruzione nella scuola Diaz, messa a disposizione dal comune di Genova per accogliere ragazze e ragazzi arrivati per le manifestazioni del movimento no global.
Nella notte del 21 gli agenti picchiarono selvaggiamente i manifestanti che dormivano. Almeno 82 ragazzi furono feriti, con fratture a testa, gambe, braccia; tre in modo grave; uno finì in coma. Chiunque abbia ascoltato il podcast Limoni non può dimenticare le urla.
È nel processo che si svolse anni dopo che il funzionario di polizia Michelangelo Fournier usò l’espressione “macelleria messicana”. Amnesty international la definì “la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale”.
Per quei fatti furono condannate 25 persone, tra agenti e funzionari. Uno di loro era Ferri, condannato a tre anni e otto mesi, e con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Insieme ad altri colleghi quella notte era incaricato di scrivere il verbale.
Nelle motivazioni della sentenza la corte di cassazione evidenziò “l’odiosità del comportamento” dei vertici della polizia, che dopo “l’ingiustificabile massacro” invece di denunciare gli agenti violenti crearono “una serie di false circostanze, funzionali a sostenere così gravi accuse da giustificare un arresto di massa”.
Parlando di cos’era successo a Genova, il sostituto procuratore Enrico Zucca ha scritto: “È accaduto, può accadere ancora. Non si volta pagina su Genova senza questa consapevolezza”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1616 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati