Intervenendo la scorsa settimana al Salone del libro di Torino per presentare il suo nuovo libro, pubblicato da Feltrinelli, Lea Ypi ha raccontato la sua esperienza di immigrata. Nata e cresciuta in Albania, ha studiato in Italia, dove si è laureata all’inizio degli anni duemila alla Sapienza di Roma. Oggi vive a Londra e insegna filosofia politica alla London school of economics. Prima della fine della guerra fredda, racconta Ypi, in Albania non si poteva viaggiare perché lo stato non lo permetteva. Non si poteva uscire dal paese e i cittadini non avevano il passaporto. Con la caduta del regime comunista, tutto è cambiato: si poteva viaggiare. Ma solo sulla carta, perché “la gente scoprì che avere il passaporto non era sufficiente”. Serviva anche un visto, che veniva concesso dal paese che si voleva visitare. L’occidente aveva passato decenni a criticare l’Europa orientale per le sue frontiere chiuse. Aveva condannato l’immoralità dei paesi che limitavano il diritto dei cittadini di andarsene. Gli esiliati e tutti quelli che riuscivano a scappare, spesso rischiando la vita, erano accolti come eroi. Di colpo, però, il discorso cambiò: quelli che prima erano eroi diventarono criminali, descritti come pericolosi sovversivi che minacciavano lo stile di vita europeo. Ma se la libertà è un valore, se la libertà di movimento è importante, dice Ypi, è importante sempre: sia nel caso dell’emigrazione sia in quello dell’immigrazione, sia quando si cerca di uscire dal proprio paese sia quando si vuole entrare in un altro. Non può valere in modo ipocrita solo quando ci fa comodo, solo per noi e non per tutti gli altri. “Quando gli ex paesi socialisti smisero di sparare ai loro cittadini alle frontiere, i paesi capitalisti cominciarono a mandare le navi per pattugliare i loro mari. In un senso o nell’altro, i migranti continuavano a morire. Era cambiato solo il colore delle uniformi, le bandiere sotto cui venivano compiuti i crimini”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati