Donald Trump li ha chiamati nemici degli Stati Uniti e terroristi. Il 18 ottobre gli abitanti di Chicago, la grande città del midwest che il presidente ha definito “un inferno sulla Terra” per giustificare la decisione di mandare la guardia nazionale e scatenare una caccia ai migranti, gli hanno risposto in modo inequivocabile. Almeno 250mila persone sono scese in piazza per una manifestazione pacifica e gioiosa, nonostante la gravità della situazione in città e nel paese. Ancora una volta, hanno chiesto a Trump di tenere “giù le mani” (hands off).
Cynthia Cortez, 27 anni, ha partecipato al corteo con i genitori. La madre era vestita da unicorno. La moda di indossare costumi, in alcuni casi gonfiabili, è partita da Portland, altra città governata dai democratici che si trova in Oregon, sulla costa ovest, presa di mira da Trump per gli stessi motivi. L’obiettivo era ironizzare sulle dichiarazioni del presidente secondo cui la città sarebbe una zona di guerra. Su Amazon i costumi sono ormai esauriti, un po’ perché si avvicina la festa di halloween, ma sicuramente anche l’attivismo politico ha avuto un impatto. Il 18 ottobre nel corteo spuntavano creature di ogni tipo, dai dragoni ai dinosauri fino all’immancabile orco verde Shrek, senza dimenticare i polli e le rane, con cui tutto è cominciato a Portland.
I cartelli e gli striscioni – alcuni molto ingegnosi – attaccavano il presidente ma anche alcuni dei suoi collaboratori più stretti, come Stephen Miller, il consigliere per la sicurezza interna, e Kristi Noem, segretaria per la sicurezza nazionale che gestisce la contestata Immigration and customs enforcement (Ice), la polizia dell’immigrazione.
A Chicago gli agenti dell’Ice, che circolano per le strade con il volto coperto e a bordo di veicoli non identificati, sono temuti e detestati da gran parte della popolazione a causa dei metodi brutali, dei raid nei quartieri più poveri e degli arresti arbitrari d’immigrati (spesso appartenenti alla comunità ispanica) in corso da un mese, nell’ambito di un’operazione che Trump ha chiamato “Midway blitz”.
Ufficialmente l’obiettivo è arrestare ed espellere criminali pericolosi, ma in realtà sono colpiti soprattutto lavoratori e lavoratrici che vivono negli Stati Uniti da anni e si ritrovano all’improvviso separati dalle famiglie. A settembre vicino a Chicago gli agenti dell’Ice hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco Silverio Villegas Gonzalez, un uomo che aveva appena accompagnato i figli a scuola. Le autorità sostengono che avesse provato a investire alcuni agenti con la sua auto, ma questa versione è stata messa in discussione dalle inchieste dei giornali.
Politici in prima linea
Cynthia è molto preoccupata. Con i genitori è arrivata dalla periferia ovest di Chicago molto prima dell’inizio della manifestazione, nel grande parco sulle rive del lago Michigan, vicino al centro. Il padre sventolava una grande bandiera messicana, mentre la madre, in costume, si è lasciata fotografare con un cartello su cui era scritto: “Abbiamo bisogno di arcobaleni, non di retate”. Sul cartello di Cynthia invece si leggeva: “Manifesto per quelli che fuggono terrorizzati”.
“Sono un’immigrata di seconda generazione”, ha spiegato la giovane imprenditrice. “Quello che sta succedendo mi agita profondamente. Potrebbe capitare a chiunque. Molti di noi hanno una storia di immigrazione alle spalle. Siamo tutti qui per proteggere qualcuno. Potrebbe toccare a nostro cugino, a nostra sorella o a nostro padre mentre tornano a casa dal lavoro. Devono sapere che noi siamo qui per proteggerli. Quello che il governo sta facendo a questa gente è ingiusto”.
Jackie Birov, una donna di origine ucraina, era vestita da statua della libertà
Cynthia è andata alla manifestazione anche in rappresentanza di tutti quelli che non escono di casa per paura di essere arrestati dall’Ice. Due settimane fa ha organizzato un evento per raccogliere cibo, che ha poi distribuito nella comunità. Questa rete di solidarietà è fondamentale in un periodo così difficile. “So che tante persone sono spaventate: non escono per fare la spesa e non mandano i figli a scuola. Ho deciso di fare qualcosa perché anche il singolo può cambiare molte cose”. Cynthia vorrebbe che Trump lasciasse in pace Chicago: “Qui va tutto bene. Lasciate stare le persone, lasciatele lavorare”.
È lo stesso messaggio lanciato dai due politici democratici di Chicago più esposti in questo momento: il sindaco Brandon Johnson e il governatore dell’Illinois J. B. Pritzker. Durante la manifestazione del 18 ottobre entrambi sono stati accolti con entusiasmo dalla folla , che ha apprezzato la loro resistenza ai tentativi di Trump d’imporre la sua legge sulla città.
“Non ci arrenderemo mai”, ha promesso il governatore, sostenendo che “persone nere e ispaniche vengono prese di mira solo a causa del colore della pelle”. “Oggi siamo qui per dire con una sola voce che una minaccia esistenziale aleggia sulla nostra repubblica”, ha proseguito Pritzker. “Non è una scelta politica, ma un imperativo morale. Trump non si aspettava che Chicago si mobilitasse per difendere la libertà, i diritti individuali e i valori americani. Lo facciamo perché amiamo gli Stati Uniti”. Mentre il governatore pronunciava queste parole, la folla ha cominciato a urlare: “Usa! Usa!”.
Nell’ultima settimana i vertici del Partito repubblicano, a cominciare dal presidente della camera Mike Johnson, hanno detto che manifestazioni come quella di Chicago sono dimostrazioni di odio nei confronti degli Stati Uniti. Pritzker ha risposto che “la resistenza pacifica e democratica fa sempre paura ai poteri autoritari. Trump è nel panico vedendo che la crescita della contestazione pubblica nei confronti del suo programma sta aumentando”.
Il governatore ha ricordato che nel 1850 l’amministrazione di Chicago si rifiutò di applicare la legge che prevedeva di espellere verso gli stati del sud gli schiavi fuggiti, prima di concludere con un avvertimento: “Donald Trump, stai lontano da Chicago!”
Sussulto repubblicano
Il sindaco afroamericano della città, Brandon Johnson, ha galvanizzato i presenti denunciando i tentativi della Casa Bianca di cancellare una serie di conquiste in materia di diritti civili. “Vogliono vendicarsi per la guerra civile”, ha detto Johnson. “Ma noi siamo qui per mostrare fermezza e impegno. Non ci arrenderemo. Non ci lasceremo intimidire. Il tentativo di dividere e conquistare questa nazione è destinato a fallire, perché quando il popolo è unito la giustizia prevale”.
◆ In alcune città statunitensi sono nate iniziative per difendere gli immigrati dalle retate dell’Immigration and customs enforcement (Ice), la polizia dell’immigrazione. Il New Yorker ha parlato degli attivisti del gruppo Harbor area peace patrol, che monitorano ogni giorno il carcere federale di Terminal Island, da cui partono i mezzi dell’Ice. “Alle prime ore del mattino i volontari si posizionano lungo la strada, indossano gilet riflettenti e contano i veicoli in entrata e uscita, fotografandoli e registrando le targhe. Le immagini vengono poi confrontate con quelle dei raid contro migranti in altre città e pubblicate online. Gli agenti federali, consapevoli di queste attività, talvolta cercano di nascondere le targhe o reagiscono in modo aggressivo. In agosto una volontaria, Amanda Trebach, è stata arrestata e trattenuta per ore”.
Per ricordare l’importanza della battaglia a sostegno della democrazia statunitense, che l’anno prossimo festeggerà 250 anni, in un angolo del parco è stata installata una replica gigante del preambolo della costituzione con il suo celebre incipit “We the people” (Noi, il popolo), su cui i manifestanti potevano mettere la loro firma. Per Duna, attivista del collettivo che ha avuto l’idea, era un modo per difendere le proprie convinzioni e dire: “Dovete rispettare la costituzione di questo paese”.
Un ingegnere informatico di 39 anni che si è trasferito a Chicago dal Texas (e non ha voluto rivelare il suo nome) si è detto preoccupato perché il “fascismo” è arrivato ai vertici del potere degli Stati Uniti, e per gli attacchi contro “gli stranieri, gli immigrati e le persone queer e transgender”. Vorrebbe vedere un sussulto nel Partito repubblicano, che tuttavia sembra ormai controllato da Trump e dal movimento Make America great again. “Spero ancora che alla fine i repubblicani mostrino un po’ di coraggio e difendano i valori a cui dicono di credere quando parlano di stato di diritto. Vorrei che destituissero il condannato che hanno portato alla Casa Bianca”.
È la stessa speranza delle tante persone che hanno partecipato alle 2.500 manifestazioni organizzate in tutto il paese il 18 ottobre, intorno allo slogan “no kings” (no ai re). C’erano stati eventi simili il 14 giugno, quando il presidente aveva organizzato una parata militare a Washington in occasione del suo compleanno.
Contro la sete di potere
A Chicago molte persone hanno continuato a sfilare nelle strade del Loop, il centro della città, anche dopo la fine del corteo, scandendo frasi come “è il momento di cacciare Trump” e “la strada è nostra!”.
Jackie Birov, una donna di trent’anni di origine ucraina, si è arrampicata su una ringhiera vestita da statua della libertà, e insieme ad alcuni amici ha invitato i presenti a dirigersi verso il centro di detenzione dell’Ice a Broadview, alla periferia di Chicago.
Per Birov quel posto rappresenta “tutto il terrore che l’Ice può infliggere”. “Più saremo e meglio potremo ostacolare le loro operazioni. Non dobbiamo accontentarci di un gesto simbolico”, ha aggiunto la donna sottolineando che la polizia dello stato dell’Illinois, su ordine di J. B. Pritzker, ha represso le manifestazioni davanti alla struttura per proteggere gli agenti dell’Ice.
Birov era stata fermata dagli agenti all’inizio della manifestazione. “L’America esiste grazie agli immigrati”, ha detto. “Ma ho l’impressione che la statua della libertà non rappresenta più la realtà degli Stati Uniti. Voglio esprimere questo paradosso. Il fatto di essere stata arrestata con indosso questo costume è ancora più simbolico”.
A Chicago e in altre città le proteste hanno dato vita a una delle più importanti mobilitazioni del secondo mandato di Trump, cominciato appena nove mesi fa. Quando manca un anno alle elezioni di metà mandato, i cittadini statunitensi hanno dimostrato che la paura che il presidente vuole infondere tra la popolazione è meno forte della determinazione di chi si oppone alla sua sete di potere. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1637 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati