Dice bene Gianni Brunoro nella prefazione a questo volume: fin dalla prima immagine, che occupa una tavola intera facendone una splash page, oltre ad annunciarsi il tema di una contrapposizione coloniale, collocando il guerriero Papua della Nuova Guinea di fine ottocento sopra all’ufficiale coloniale protagonista della vicenda, si rovescia l’assioma del dominato e del dominatore. Dopo Dino Battaglia con gli adattamenti da classici del fantastico (Storie nere), ecco Sergio Toppi, l’altro grande maestro del fumetto d’autore realista degli anni settanta. Toppi, al contrario di Battaglia, è sempre stato autore dei suoi racconti, ma, come lui, ha lavorato su un’impostazione illustrativa della tavola a fumetti pur riconducendola a una perfezione narrativa che resta sempre lineare, con una visione moderna di sperimentazione, dove la sottrazione grafica gioca un ruolo chiave nell’apparente monumentalità della composizione. Un bel contrasto giocato anche in questa farsa-dramma dove il segno di Toppi è sempre sottile nell’evidenziare con scarti minimi delle espressioni l’ironia di certe situazioni drammatiche coniugata a idee brillanti come la scelta di far indossare una maschera tribale al trafficante d’armi con le tribù. Un rimando alla Dumas ma qui la maschera di ferro è una maschera di legno tribale e la struttura dell’insieme grafico-narrativo è un po’ di un teatrale ai limiti dell’assurdo. Magistrale.

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Questo articolo è uscito sul numero 1636 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati