Editoriali

L’Europa deve andare oltre i dazi

La decisione di introdurre dazi sulle importazioni di veicoli elettrici provenienti dalla Cina, approvata il 4 ottobre 2024, porta l’Unione europea in una nuova era delle relazioni commerciali. Il provvedimento è il punto d’arrivo di un’indagine che ha messo in luce i consistenti aiuti statali grazie a cui i produttori cinesi possono fissare dei prezzi a prova di concorrenza. I dazi potrebbero arrivare fino al 35,3 per cento del prezzo di vendita, che si aggiungono ai diritti doganali del 10 per cento già in vigore. Le nuove misure sono pensate per compensare pratiche giudicate sleali che riguardano tutta la catena di produzione, dall’estrazione mineraria alla costruzione degli stabilimenti passando per lo sviluppo di software.

Spesso criticata per la sua ingenuità in materia di libero scambio, l’Unione ha deciso di prendere provvedimenti per proteggere le sue industrie. Questo cambiamento di rotta ha creato una spaccatura al suo interno: la maggioranza dei governi si è impegnata per sostenere le misure proposte dalla Commissione, ma Germania, Ungheria, Malta, Slovenia e Slovacchia si sono opposte ai dazi.

Sul piano politico i dazi sono un segnale importante alla Cina, perché modificano i rapporti di forza con un paese considerato un rivale. Su quello economico non bisogna illudersi. La differenza di prezzo tra i modelli asiatici e quelli europei è così grande che una parte delle auto cinesi resterà competitiva nonostante le tasse. Inoltre in territorio europeo sono già stati avviati progetti per la costruzione di fabbriche cinesi, che permetteranno di sfuggire alle sanzioni doganali volute dalla Commissione. I dazi possono offrire un sollievo temporaneo ai costruttori europei, ma non basteranno a colmare il ritardo tecnologico e la dipendenza dalla Cina.

L’Unione dovrebbe usare gli stessi metodi adottati da Pechino vent’anni fa per farsi strada in un’industria dominata dalle case occidentali. Per esempio pretendere che una parte dei componenti usati per fabbricare veicoli cinesi in Europa, comprese le batterie elettriche, venga dai paesi europei. Inoltre le fabbriche cinesi non dovranno essere semplici capannoni di assemblaggio, ma dovranno diventare stabilimenti capaci di fornire un alto valore aggiunto.

Nei rapporti con Pechino il protezionismo non deve essere un obiettivo ma uno strumento per fare in modo che l’Europa sia all’altezza della concorrenza cinese e possa accelerare la transizione verde. ◆ as

Un Nobel che spinge a riflettere

Con l’assegnazione a Geoffrey Hinton, il premio Nobel per la fisica va a uno scienziato che aveva già messo in guardia il mondo dalle possibili conseguenze del proprio lavoro. In particolare Hinton, premiato insieme al collega statunitense John Hopfield, ritiene possibile che l’intelligenza artificiale possa significare la fine dell’umanità. Sicuramente l’Accademia reale svedese delle scienze conosceva la sua posizione. Anzi, si può supporre che nel decidere chi tra i molti candidati dovesse ricevere il premio per i lavori alla base dell’intelligenza artificiale abbiano influito proprio i suoi ammonimenti.

Sono pochi i casi simili. Otto Hahn, che contribuì a scoprire la fissione nucleare, aveva espresso le sue preoccupazioni tra i colleghi, ma era rimasto piuttosto discreto in pubblico, nella speranza di continuare a svolgere in tranquillità il suo lavoro scientifico. Nonostante il nazismo e nonostante la guerra. Paul Berg invece, che nel 1980 fu premiato per i suoi lavori pionieristici nell’ingegneria genetica, aveva cominciato a mettere in guardia dalle possibili conseguenze già molto prima di ricevere il Nobel. I suoi avvertimenti sono stati fondamentali perché questo campo di ricerca si desse delle regole. Grazie a Berg, morto nel 2023, oggi le ricerche e le applicazioni di ingegneria genetica seguono regole severe, e nella maggior parte dei paesi l’opinione pubblica le sostiene in modo informato e critico. Nel caso dell’intelligenza artificiale questo treno forse è già passato. Le sue applicazioni sono ormai ovunque e le aziende del settore sono tra le più ricche nelle borse mondiali. Gli sviluppi sono così rapidi che le voci critiche, con la loro intelligenza umana, fanno fatica a tenere il passo. Con il premio a Hinton, però, Stoccolma fa quello che può per ricordare all’opinione pubblica non solo le possibilità ma anche i rischi dell’intelligenza artificiale. ◆ ct

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1584 - 11 ottobre 2024
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