Siamo una famiglia allargata e io sono mamma e “stepmamma”: ci sono i figli che ho partorito e che sto crescendo e ci sono i figli che non ho partorito e che sto crescendo. Sento che il mio ruolo genitoriale verso i figli acquisiti che porto avanti da più di un decennio non è riconosciuto né dalla società né dalla lingua italiana. Come mi devo chiamare perché il mio ruolo sia comprensibile? –Barbara
“La lingua italiana non ha ancora parole per le realtà familiari che descrivi perché anche la società e la cultura italiana fanno fatica a riconoscerne l’esistenza e la bellezza, purtroppo. O forse temono di dare dei nomi belli a tutto questo, perché si sa, ciò che si nomina si vede meglio”. Questa è la risposta della sociolinguista Vera Gheno, a cui ho chiesto un parere sulla tua domanda, perché in effetti è incredibile che la nostra lingua ancora non offra definizioni chiare e accettabili per relazioni familiari così diffuse. “Non esiste una soluzione facile al quesito”, prosegue. “Conosco una famiglia in cui la madre acquisita è chiamata ‘mammigna’ e il padre di un’altra famiglia ‘papigno’ o ‘babbigno’. Ma chiaramente sono esperimenti familiari. L’invito è a inventarti qualcosa per la tua, di famiglia. Magari un giorno potrebbe diventare definizione comune”. Gheno mi ha detto che comunque “madre acquisita” le sembra l’espressione adatta con cui presentarti. Ma, accogliendo il suo invito a essere creativi, devo dirti che il tuo “stepmamma” mi piace molto e secondo me potresti provare a usarlo con disinvoltura nella quotidianità, e vedere che succede.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1641 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati




