Entrambi si sono rifiutati di rispettare il distanziamento, si sono schierati contro il lockdown e hanno paragonato il covid-19 a una semplice influenza. Entrambi hanno attaccato gli scienziati, hanno partecipato a grandi eventi senza indossare la mascherina e hanno esaltato i benefici (tutti da dimostrare) dell’idrossiclorochina. Entrambi sono stati contagiati: è successo al presidente brasiliano Jair Bolsonaro mesi fa, ora al presidente statunitense Donald Trump. Viene da chiedersi se anche Trump, come Bolsonaro, uscirà dalla malattia politicamente rafforzato.
Già prima che scoppiasse la pandemia molti commentatori avevano fatto paragoni tra i due presidenti. Condividono una visione del mondo nazionalista, hanno le stesse tendenze autoritarie, si presentano come leader forti e sono in buoni rapporti tra loro.
Le somiglianze si sono consolidate con la pandemia. Al momento ci sono ancora molte incognite sulle condizioni di salute di Trump, e i due paesi sono naturalmente molto diversi. Ma le analogie sono sorprendenti. La risposta di Bolsonaro al virus, come quella di Trump, è stata giudicata fallimentare quasi da tutti. Il Brasile è il paese latinoamericano con più contagi (circa 5 milioni) e il secondo paese al mondo per numero di morti (più di 145mila) dietro gli Stati Uniti (211mila). Come quello di Washington, anche il governo di Brasília non ha mai ordinato un lockdown nazionale. Inoltre Bolsonaro ha minimizzato i rischi della malattia anche dopo che più di venti suoi collaboratori erano risultati positivi (tra l’altro dopo una visita al resort di Trump in Florida).
In estate, quando ha rivelato di essersi ammalato, Bolsonaro è uscito camminando dal palazzo presidenziale e si è rivolto ai giornalisti che erano a pochi centimetri da lui, sostenendo di aver avuto sintomi lievi grazie all’idrossiclorochina. Poi si è tolto la mascherina, ha sorriso e ha dichiarato: “Dalla mia faccia potete capire che sto bene e sono tranquillo”.
A marzo, quando ancora non era stato infettato, il presidente si era rivolto al paese e aveva definito il covid-19 “un’influenzetta”, sostenendo che grazie al suo “passato da atleta” in caso di contagio non aveva di che preoccuparsi. Invece il virus lo ha fatto sembrare vulnerabile, e inizialmente la sua popolarità è precipitata. Bolsonaro ha continuato a farsi vedere durante la malattia, sottolineando più volte che i suoi sintomi non erano gravi, partecipando alle riunioni in videoconferenza e postando messaggi sui social network.
Giorni prima che fosse annunciata la sua guarigione, il presidente ha partecipato a una cerimonia davanti alla sua residenza ufficiale. Quando è arrivato il primo tampone negativo, ha annunciato i risultati del test su Twitter con una foto in cui si vedeva una confezione di pillole di idrossiclorochina. Poi ha fatto un giro in moto. “Ha subito cercato di approfittare della situazione, sostenendo che la sua guarigione dimostrava che le politiche del governo sulla pandemia erano giuste”, spiega Michael Shifter, presidente del centro studi American dialogue. “Inoltre ha cercato di rafforzare l’immagine da duro”. Un aspetto fondamentale per un leader che è ammirato per la retorica autoritaria e contro il sistema.
◆ Nella settimana in cui Donald Trump ha annunciato di essere positivo al sars-cov-2, negli Stati Uniti almeno 250mila persone sono state contagiate e più di tremila sono morte di covid-19. “E la situazione potrebbe peggiorare nelle prossime settimane”, scrive Vox. I contagi giornalieri, che erano aumentati a luglio e avevano cominciato a diminuire ad agosto, stanno di nuovo crescendo. Al momento la media giornaliera è di circa 40mila casi. I contagi stanno aumentando velocemente negli stati del midwest e in quelli che si trovano nella regione delle montagne Rocciose, in particolare Wisconsin, Iowa, North Dakota, South Dakota e Utah. Secondo i dati aggiornati al 7 ottobre, i casi totali nel paese sono più di 7,5 milioni e i morti 211mila. Secondo un sondaggio Ipsos/Abc, il 64 per cento degli statunitensi non approva il modo in cui Trump ha gestito la pandemia.
Secondo i sondaggi, la popolarità di Bolsonaro è al 40 per cento, in crescita rispetto al 32 per cento di giugno. La maggioranza dei brasiliani non lo considera responsabile delle morti causate dal covid, e i sondaggi condotti in vista delle presidenziali del 2022 lo danno in vantaggio sui potenziali avversari.
La lezione da imparare
Inoltre Bolsonaro non ha mai smesso di ripetere che la ripresa dell’economia doveva avere la priorità sul controllo del virus. All’inizio di luglio ha scritto su Twitter un messaggio identico a quello pubblicato da Trump qualche settimana prima: “La soluzione non può essere peggiore del problema”. In un certo senso questa strategia ha funzionato. Rispetto ai paesi vicini, il Brasile ha registrato una contrazione economica meno drammatica. Questo anche perché il governo ha stanziato un contributo a favore delle fasce più povere della popolazione. La manovra ha fatto crescere la popolarità del presidente, almeno temporaneamente.
Bolsonaro è aiutato anche dal fatto che il paese è spaccato dal punto di vista politico e c’è un odio diffuso contro le élite, proprio come negli Stati Uniti.
Detto questo, tra i due presidenti ci sono delle differenze. Innanzitutto, Bolsonaro non deve fronteggiare una vera opposizione politica, dato che la sinistra brasiliana è estremamente frammentata (Lula, il suo principale avversario, non potrà candidarsi a causa di due condanne per corruzione). Inoltre, Bolsonaro ha avuto il tempo di riabilitare la sua immagine dopo la malattia. Trump questo tempo non ce l’ha, visto che manca meno di un mese alle elezioni e i sondaggi lo danno in svantaggio rispetto al suo avversario, Joe Biden.
Ma la parabola di Bolsonaro mostra quale potrebbe essere la strategia di Trump nelle prossime settimane. Ho chiesto ad Anya Prusa, analista del centro studi brasiliano Wilson, quale lezione possiamo ricavarne. Mi ha risposto: “Che Bolsonaro non è stato danneggiato politicamente. Era sotto assedio in parlamento e nei tribunali. Ora la sua popolarità è cresciuta e la sua presidenza si è stabilizzata. Sei mesi fa si diceva che rischiava l’impeachment. Ora quelle voci si sono zittite”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1379 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati