Il mio corpo è una ferita
una breccia che hai generato nel mondo
non, come credono, lì per accogliere
ma marchio di crudeltà

Io, taglio aperto, al debutto
mi credevo integra e invincibile
lame pronte in tasca
organi da sfoderare in battaglia

Ci rende aliene questa cosa
per noi così familiare
perdita e raccolto
in contenitori o affari usa e getta
mentre sentiamo la ferocia della vita

Rosso
rosso che dà forma al dolore
sul lavabo, sul lenzuolo, sui pantaloni, su di te
a rivoli, a ondate
del fiume, dell’oceano

Non è la luna a controllare le maree
ma io
non è la luna a controllare me
detto io i tempi

Il tuo ciclo segue il mio
mi ha creata
perché il mio creasse universi.

Chang Shih-chin è una poeta taiwanese nata nel 1988. Autrice di tre raccolte di poesie, s’ispira ai temi del mistero, del soprannaturale e dell’orrore. Questo testo è tratto dalla raccolta Chu mei de jiawu (“La casa senza spettri”, Aquarius Publishing 2018). Traduzione dal cinese di Alessandra Pezza nell’ambito dell’Officina di traduzione permanente dell’Università di Milano-Bicocca.

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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati