La musica per quartetto d’archi di Luciano Berio (1925-2003) copre tutta la sua carriera come compositore ed è sempre affascinante. Lo Studio (1952) è un tipico, impulsivo esempio di avanguardia. Il Quartetto (1956) è già più personale, con il suo uso di tecniche estreme che si fondono in un discorso di potente immediatezza. Sincronie (1964) è un ottimo esempio della fase più radicale dell’autore, esplorando i limiti delle possibilità dei quattro strumenti. Notturno (1993) è etichettato anche come terzo quartetto, un nome che ne sottolinea la linea evolutiva con il pezzo precedente: è musica solida ed evocativa, e rimane tra le sue più importanti. Glosse (1997) è tratto dagli schizzi per un quarto quartetto che Berio non terminò mai: un capriccioso commento su se stesso tipico degli ultimi anni del lavoro del compositore. Questa sequenza di musiche particolarmente contrastanti è unificata dall’ammirevole convinzione del quartetto Molinari, ed è un nuovo punto di riferimento discografico.
Richard Whitehouse, Gramophone
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Questo articolo è uscito sul numero 1632 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati