Quando si chiude una porta, la speranza è che se ne apra un’altra. Il 30 giugno, mentre l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid) interrompeva ufficialmente la sua attività, a Siviglia cominciava un’importante conferenza sul finanziamento dello sviluppo organizzata dalle Nazioni Unite. L’evento avrebbe dovuto avvicinare il mondo agli ambiziosi obiettivi per la crescita sostenibile entro il 2030, ma è stato subito evidente che non si sarebbe andati oltre il tentativo di impedire un passo indietro rispetto ai progressi già fatti. Secondo uno studio pubblicato su Lancet, i tagli agli aiuti voluti dal presidente statunitense Donald Trump potrebbero provocare la morte di più di 14 milioni di persone entro il 2030, tra cui quasi cinque milioni di bambini. Ma i danni non si fermano qui: la mossa di Trump ha incoraggiato altri paesi a seguire l’esempio: il Regno Unito, la Germania e la Francia stanno riducendo i fondi per gli aiuti, spostandoli verso la difesa. È una pessima notizia per tutti. Come le guerre, anche l’ingiustizia e la privazione creano instabilità e un mondo più pericoloso. I paesi poveri speravano che la conferenza di Siviglia potesse almeno sancire la volontà di modificare un sistema finanziario che penalizza la maggioranza del paesi. E invece gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Unione europea hanno ostacolato vergognosamente qualsiasi passo avanti. Oggi più del 40 per cento della popolazione mondiale vive in paesi che si trovano in difficoltà a causa del debito o che sono vicini a esserlo. Con tutti i loro difetti, i programmi finanziati dall’Usaid hanno salvato quasi 92 milioni di vite negli ultimi vent’anni. Se in questi tempi di crisi e conflitti ignoreremo le richieste di giustizia, presto ce ne pentiremo amaramente. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1621 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati