In tempi di bilanci pubblici messi sotto pressione dall’alto livello d’indebitamento e società corrose dalle crescenti disparità di reddito, il fatto che i ricchi paghino in media meno tasse dei cittadini comuni è diventato ormai un tema molto sentito. È una battaglia di cui si sono fatti carico alcuni economisti, come quelli dell’istituto francese della Paris school of economics, tra cui spiccano Thomas Piketty e Gabriel Zucman, scrive il Financial Times. “La maggior parte dei ricchi ha abbastanza liquidità da lasciare i profitti nelle proprie aziende ed evitare così di distribuire dividendi soggetti a tassazione. Amazon, per esempio, non ha mai pagato dividendi in contanti, mentre la Alphabet, la casa madre di Google, lo ha fatto per la prima volta solo l’anno scorso. Così le persone ricche vedono crescere il loro denaro al riparo dalle tasse”.

Dal 2018 Piketty, Zucman e il loro collaboratore Emmanuel Saez guidano un progetto internazionale, il World inequality database (Wid), che ha lo scopo di misurare la ricchezza in più di duecento paesi e la sua distribuzione. Le loro ricerche dimostrano che “chi è già ricco è sempre più ricco e che i miliardari sono molti di più di quanto si prevedeva. Il picco della disuguaglianza è stato registrato in Sudafrica, dove il Wid stima che l’1 per cento più ricco della popolazione possieda il 55 per cento della ricchezza nazionale”. Tra il 2018 e il 2020 il livello medio di tassazione nel mondo è stato del 30,7 per cento, ma per i cento statunitensi più ricchi è stato pari a poco più del 20 per cento.

Sulla base di queste ricerche, continua il quotidiano economico britannico, Zucman ha lanciato una proposta: ogni miliardario dovrebbe pagare un ammontare totale di tasse annuali pari almeno al 2 per cento del suo patrimonio. Questo, secondo l’economista francese, è il livello che ogni miliardario dovrebbe sostenere se gli fosse applicata un’imposizione fiscale uguale a quella di tutti gli altri. “Se qualcuno paga meno, allora i paesi dove fa affari potrebbero imporgli tasse aggiuntive per arrivare alla soglia del 2 per cento”.

Nel 2024 la proposta di Zucman ha riscosso successo perfino al vertice dei paesi del G20, ospitato dal Brasile. Qualche effetto comincia a vedersi anche in Europa. Il governo britannico ha eliminato una norma che assicurava ai ricchi residenti nel Regno Unito ma con attività all’estero, i cosiddetti non-dom, di non pagare tasse sui redditi e le rendite ottenuti oltreconfine. Intanto in Francia, scrive Le Monde, la camera bassa del parlamento di Parigi a febbraio ha approvato un’imposta minima del 2 per cento su chi ha un patrimonio netto di almeno cento milioni di euro. Il 12 giugno, però, la proposta è stata bocciata dal senato, anche se ora “lo stato vuole introdurre un’imposta più morbida dello 0,5 per cento”.

L’esito del voto sulla cosiddetta taxe Zucman, sottolinea Le Monde, arriva sotto un governo pieno di milionari, sottolinea Le Monde. È una tendenza che si accentua dal 2017: “Sotto la presidenza di Emmanuel Macron si sono avvicendati ministri sempre più ricchi. Nel 2022 i milionari del governo guidato da Élisabeth Borne erano 19”.

Secondo i calcoli del quotidiano francese, oggi in quello guidato dal centrista François Bayrou i ministri milionari sono 22 su 26 e hanno un patrimonio medio di 2,9 milioni di euro, che scende a 2,5 milioni al netto dei debiti. La cifra è il doppio di quella registrata dal governo Borne. Il più ricco è Marc Ferracci, titolare del dicastero dell’industria e dell’energia, che ha un patrimonio di 23 milioni di euro, costituito principalmente dalle quote nel capitale della Icare Finance, un’azienda di revisione contabile guidata dal padre. In seconda posizione si trova il ministro dell’economia Éric Lombard, con 21,7 milioni di euro, di cui otto in proprietà immobiliari.

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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati