Fino a poco tempo fa, quando Peter Düben raccontava ai colleghi del suo progetto di previsioni del tempo basate sull’intelligenza artificiale (ia), otteneva sempre la stessa reazione: incredulità. Perché fidarsi di un modello di cui nessuno ormai riesce a decifrare i meccanismi? Non volevano abbandonare un metodo di previsione sperimentato da decenni e prendere la scorciatoia. Ma ormai lo scetticismo sta svanendo. “Sono in corso profondi cambiamenti”, dice Düben, che dirige il Dipartimento di modellizzazione del sistema Terra presso il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (Ecmwf). “Tutto il settore della meteorologia è in fermento”. Insieme al suo team ha addestrato con una quantità enorme di dati meteorologici un programma chiamato Artificial intelligence forecasting system (Aifs), che è entrato in funzione a febbraio. Düben non sa esattamente cosa succede dentro la scatola nera. Ma sa che il risultato è spesso migliore di quello che fornirebbero i modelli di previsione classici. Lui stesso usa già Aifs, che è accessibile a tutti. “Quando voglio sapere che temperatura ci sarà nei prossimi cinque giorni, preferisco affidarmi a un modello basato sull’intelligenza artificiale”, dice. “Se però voglio avere informazioni sulla forza dei venti o sulle precipitazioni, mi affido al modello fisico”.

Programmatori di tutto il mondo stanno elaborando sistemi di previsione meteorologica basati sull’intelligenza artificiale. A volte capita che un piccolo gruppo di ricerca riesca a mettere in piedi in pochi mesi un modello migliore di quello classico, dice l’esperto di intelligenza artificiale Johannes Brandstetter dell’università di Linz, in Austria.

Chiara Dattola

Dall’inizio degli anni novanta, i meteorologi lavorano a una “tecnica diagnostica di riconoscimento delle tendenze” in grado di setacciare la grande quantità di dati disponibili e usarla per formulare previsioni affidabili.

I modelli di previsione classici risolvono equazioni basate sulle leggi fisiche di conservazione dell’energia, della massa e della quantità di moto, calcolando così le condizioni meteorologiche future. Le reti neurali, invece, ricercano schemi e tendenze negli archivi meteorologici per prevedere lo sviluppo dello stato meteorologico attuale. Nel 2023 Pangu Weather, un modello basato sull’intelligenza artificiale sviluppato dall’azienda cinese Huawei, ha fornito risultati analoghi o addirittura migliori rispetto ai modelli di previsione convenzionali. Poi sono arrivati GraphCast di Google, FourCast del Caltech e Aifs.

Questi sistemi sono stati a loro volta superati da Aurora della Microsoft. A differenza dei programmi di ia specializzati, Aurora ne usa un modello di base del sistema Terra. Gli sviluppatori hanno addestrato una rete neurale con più di un milione di ore di dati geofisici, “per creare una rappresentazione generale della dinamica delle correnti atmosferiche e oceaniche”. In teoria, il funzionamento è analogo a quello di ChatGpt: invece di far esercitare il modello linguistico solo su una lingua, gli sottopongono dati relativi a molte lingue in modo che acquisisca una comprensione generale. Allo stesso modo, Aurora sviluppa una comprensione generale dell’atmosfera.

Dimensioni illimitate

Questo addestramento dura mesi e richiede un supercomputer. Tuttavia, una volta che il modello di base è stato sviluppato, come nel caso di Aurora, con una piccola messa a punto che può richiedere dalle quattro alle otto settimane può essere usato per qualunque compito. Un team guidato da Christian Bodnar di Microsoft Research ad Amsterdam ha testato Aurora in quattro ambiti: inquinamento atmosferico, onde oceaniche, traiettorie delle tempeste tropicali e previsioni meteorologiche a dieci giorni. I modelli di ia ottengono risultati migliori rispetto a quelli convenzionali, impiegando solo una piccola parte della potenza di calcolo. “Il merito è dell’estrema scalabilità di questi sistemi”, spiega Brandstetter, che ha ideato il progetto. “Più dati inseriamo, più migliorano”.

Nelle previsioni a dieci giorni, per esempio, il modello ha raggiunto una risoluzione spaziale più alta, riuscendo a produrre previsioni più precise rispetto ai sistemi classici. Aurora ha dato risultati migliori anche rispetto ad altri modelli basati sull’intelligenza artificiale: è stato l’unico che ha saputo prevedere l’improvviso aumento della velocità dei venti della tempesta Ciarán in Inghilterra, nel 2023.

Finora i supercomputer impiegavano almeno due o tre ore per risolvere le equazioni fisiche. I modelli di intelligenza artificiale invece possono riconoscere gli schemi meteorologici ed estrapolarne informazioni per il futuro in meno di un minuto. Così è possibile ripetere l’operazione più volte, aumentando la precisione.

Aurora è stata testata anche sulle tempeste tropicali, superando i modelli classici nelle previsioni a cinque giorni. Nel caso del tifone Doksuri, che nel 2023 ha provocato gravi danni nel sudest asiatico, è riuscita a prevedere la traiettoria con quattro giorni di anticipo, e a stabilire che il tifone avrebbe colpito prima le Filippine e non il nord di Taiwan. Questa correzione avrebbe potuto salvare delle vite.

Il modello si potrebbe applicare facilmente anche ad altri ambiti, scrive il team di Bodnar, come le previsioni climatiche stagionali, i fenomeni meteorologici locali, gli incendi e le alluvioni. Il limite non è stato ancora raggiunto, e usando più dati Aurora può offrire risultati migliori.

Finora l’unica cosa che le reti neurali non sembravano in grado di prevedere erano gli eventi estremi. Se per gli ultimi quarant’anni c’è un solo set di dati disponibile, come può un modello di ia riuscire a predire ondate di caldo, periodi di siccità o piogge torrenziali che non hanno precedenti? Düben però ha fatto una prova con Aifs ed è rimasto sorpreso: il programma è riuscito a prevedere in modo accurato le precipitazioni estreme in Germania, anche se non si sa come. Forse ha appreso le informazioni da altre regioni, come l’India, e le ha applicate alla Germania. Aifs se l’è cavata bene anche con la traiettoria dei cicloni, ma non con la loro intensità.

I modelli basati sull’intelligenza artificiale raggiungono il limite delle prestazioni quando mancano i dati, per esempio nelle previsioni di terremoti e nelle proiezioni climatiche. Ma forse anche su questo fronte tra un paio d’anni ci sorprenderanno, dice Düben. ◆ ct

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Questo articolo è uscito sul numero 1616 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati