Artisti, critici sociali e custodi della tradizione: in Etiopia gli azmari hanno sempre avuto un ruolo centrale. Il loro nome deriva da mazammar, “cantare” in amarico. Questi poeti e musicisti itineranti sono legati alle tradizioni rurali. I loro testi, spesso improvvisati, riflettono l’attualità politica e sociale. Prima dei mezzi di comunicazione di massa erano la voce del potere, ma anche del popolo. Durante la battaglia di Adua del 1896 accompagnarono le truppe etiopi contro l’invasione italiana.Nel novecento, la loro posizione cambiò. Con l’imperatore Hailé Sélassié subirono la censura. Oggi i mezzi d’informazione statali hanno preso il loro posto come voce ufficiale. Eppure, grazie ad artisti come Baheru Kegne e Yirga Dubale, il suono azmari è stato registrato e diffuso. E così sono nati gli Azmari Bet, locali notturni ancora attivi ad Addis Abeba. Oggi il produttore Endeguena Mulu, in arte Ethiopian Records, porta avanti lo spirito azmari con l’ethiopiyawi, un genere che fonde suoni tradizionali e musica elettronica. Il suo obiettivo? Creare nuovi spazi espressivi, rispettando le radici culturali etiopi. Come dice lui: “L’ethiopiyawi è resistenza contro le logiche di mercato”. Il suo ep Ye feqer edaye, uscito per l’etichetta Warp, mescola sintetizzatori e ritmi poliritmici. Con una scena crescente ad Addis Abeba, Ethiopian Records guida una nuova generazione di artisti indipendenti che rispondono con la musica alle sfide culturali del presente.Kalanzi Kajubi, Pam
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Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati