Durante l’estate dei suoi 16 anni, Alexis è salvato dall’annegamento da un altro adolescente, David, più agguerrito di lui in ogni cosa. Per un po’ di giorni diventano inseparabili, improvvisamente e appassionatamente innamorati. Il fatto che siano due ragazzi non è il punto del film (né del libro di Aidan Chambers da cui è tratto). Questa disinvoltura, anche più sensazionale nella Francia di qualche decennio fa, inscrive il racconto in una realtà incerta, dove immaginazioni e fantasmi si presentano senza essere stati invitati. Alexis, il protagonista, è anche quello che racconta la storia, gestendo la suspense come vuole lui. La memoria frammentata del narratore può stimolare riflessioni su come François Ozon ama raccontare le storie. Ma senza esagerare, perché qui i personaggi, nel pieno dell’età delle prime volte, contano più di ogni altra cosa. Estate 85 ripercorre un implacabile percorso di formazione, dove l’eroe impara a sue spese che l’oggetto del suo desiderio è frutto della sua fantasia, e dove la noia, mostro inatteso, colpisce al cuore il romanticismo. “La cosa più importante è sfuggire alla propria storia”, sentiamo dire a un certo punto. Questa frase misteriosa si adatta a perfezione sia al film sia al regista, che non sono mai dove pensiamo che siano. Louis Guichard, Télérama
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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati