Richard Mosse ha cominciato a fare il fotogiornalista quando aveva vent’anni, documentando le conseguenze delle guerre nei Balcani. Durante quell’esperienza si è reso conto che la fotografia non gli bastava per raccontare la complessità di un evento. Nei suoi lavori successivi infatti – tra cui Heat maps e Infra, avviati nei primi anni duemila e dedicati rispettivamente alla crisi dei migranti e al conflitto nella Repubblica Democratica del Congo – ha rinunciato alle macchine fotografiche convenzionali, e ha usato invece tecnologie sviluppate per la sorveglianza e le attività di perlustrazione in campo militare.

Nel 2018 Mosse ha cominciato un nuovo lavoro, intitolato Tristes tropiques, in cui ha spostato l’attenzione verso l’ambiente, in particolare la deforestazione che da anni sta distruggendo la foresta amazzonica in Brasile. “Mi sono chiesto come raccontare un fenomeno così ampio con una normale macchina fotografica”, racconta Mosse. Così ha montato una telecamera multispettrale su un drone e l’ha poi pilotato sulla foresta pluviale, riuscendo a evidenziare le minacce a cui è sottoposta: disboscamenti, allevamenti intensivi, piantagioni di palme da olio, miniere illegali per l’estrazione di oro e altri minerali. Questa tecnologia è usata dagli scienziati ambientali per studiare gli effetti della crisi climatica sulla foresta, ma anche dalle aziende agroalimentari per individuare i terreni da sfruttare.

Grazie a questo mezzo, “Mosse realizza fotografie immersive, dai colori accesi, impressionanti, che ci pongono di fronte a situazioni critiche e ci obbligano a prendere una posizione”, scrive Urs Stahel nel testo che accompagna la grande mostra dedicata a tutti i lavori del fotografo alla fondazione Mast di Bologna. ◆

Il titolo della serie Tristes tropiques è tratto da un libro omonimo dell’antropologo francese Claude Lévi-Strauss del 1955, dedicato ai suoi viaggi in Brasile . “Le sue osservazioni mi hanno commosso e, con mia grande sorpresa, ho scoperto che i suoi viaggi erano abbastanza simili ad alcuni dei miei, quasi un secolo dopo”, ha detto Richard Mosse.

Alberi di noce abbattuti nella foresta amazzonica. Secondo l’istituto di ricerca brasiliano Igarapé, dopo quasi un decennio di rallentamento della deforestazione il tasso di abbattimento e di degrado della foresta è aumentato di nuovo nel 2005 e poi a partire dal 2010. L’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (Inpe) ha registrato un aumento dell’85 per cento della deforestazione in Amazzonia dal 2018 al 2019. Dalla metà del 2020 la pratica è aumentata del 34 per cento rispetto ai livelli del 2019. Le autorità governative di paesi come Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela spesso attribuiscono il fenomeno all’iniziativa di individui e piccoli gruppi che cercano di guadagnarsi da vivere. Ma secondo le ricerche condotte dagli ambientalisti, i danni nella regione sono più spesso riconducibili ad attività organizzate, legali o illegali. (Tutte le foto ©  Richard Mosse. per gentile concessione dell’artista, della Jack Shainman Gallery e carlier | gebauer)
Aldeia Enawene-nawe, stato del Mato Grosso. “Mosse crede nella potenza intrinseca dell’immagine, ma rinuncia a scattare foto legate a un evento. Preferisce rendere conto delle circostanze, del contesto, mettere ciò che precede e ciò che segue al centro della sua riflessione”, scrive Urs Stahel.
Submerged forest, stato di Rondônia.
Mineral ship. Fiume Crepori, stato di Pará.
Burnt Pantanal I.
Da sapere
La mostra

◆ Richard Mosse è un fotografo irlandese nato a Kilkenny nel 1980. Vive tra New York e Berlino. La mostra Displaced, ospitata dalla fondazione Mast di Bologna, raccoglie 77 immagini tratte dalle maggiori serie del fotografo, tra cui Tristes tropiques. L’esposizione è curata da Urs Stahel e durerà fino al 19 settembre. Oltre alle immagini, il percorso propone due grandi videoinstallazioni, The enclave (2013) e Incoming (2017).


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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati